LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIA Lucia – Presidente –
Dott. LORITO Matilde – Consigliere –
Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –
Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3417-2020 proposto da:
Z.E., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NICOLETTA MARIA MAURO;
– ricorrente –
MINISTERO DELL’INTERNO, – Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Lecce, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– resistente con mandato –
avverso il decreto n. cronologico 4614/2019 del TRIBUNALE di LECCE, depositato il 30/12/2019 R.G.N. 186/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/04/2021 dal Consigliere Dott. VALERIA PICCONE.
RILEVATO
CHE:
– Z.E. propone ricorso per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Lecce depositato il 30 dicembre 2019, di reiezione della impugnazione del provvedimento emesso dalla locale Commissione territoriale che aveva respinto la sua domanda per il riconoscimento della protezione internazionale e della protezione umanitaria;
– dall’esame della decisione impugnata emerge che a sostegno della domanda il richiedente aveva allegato che era originario della ***** e di aver lasciato il Paese d’origine per motivi personali legati alla relazione sentimentale con una ragazza, osteggiata dai familiari di lei;
– confermando la decisione della Commissione, ha escluso la sussistenza dei presupposti normativi per il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria, nonché di quella umanitaria;
– il ricorso è affidato ad un unico motivo;
– il Ministero dell’Interno ha presentato memoria al fine della eventuale partecipazione all’udienza ex art. 370 c.p.c., comma 1.
CONSIDERATO
CHE:
– con l’unico motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis assumendo esser fondata la decisione su informazioni tratte da fonti non aggiornate;
– il motivo è inammissibile;
– la piana lettura del decreto induce ad affermare che il Tribunale ha utilizzato, come C.O.I., le informazioni sui Paesi d’origine raccolte dall’Agenzia UE European Asylum Support Office (E.A.S.O.) del giugno 2017, nonché le più aggiornate informazioni contenute nel report di Amnesty International del 22 febbraio 2018, recanti indicazioni circa sporadici attacchi armati ma soltanto in una ristretta zona settentrionale del Paese;
– orbene, sul punto è consolidata la giurisprudenza di questa Corte (fra le più recenti, Cass. n. 4557 del 2021) secondo cui il riferimento, operato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione;
– a tal fine, il giudice di merito è tenuto a indicare l’autorità o l’ente da cui la fonte consultata proviene e la data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato art. 8, comma 3 predetto D.Lgs., nonché dell’idoneità delle C.O.I. in concreto consultate a quanto prescritto dalla norma da ultimo richiamata (sul punto, ex plurimis, Cass. n. 29147 del 2020);
– il riferimento, operato dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, alle fonti informative privilegiate deve essere interpretato nel senso che è onere del giudice specificare la fonte in concreto utilizzata e il contenuto dell’informazione da essa tratta e ritenuta rilevante ai fini della decisione, così da consentire alle parti la verifica della pertinenza e della specificità di tale informazione rispetto alla situazione concreta del Paese di provenienza del richiedente la protezione. A tal fine, il giudice di merito è tenuto a indicare l’autorità o l’ente da cui la fonte consultata proviene e a data o l’anno di pubblicazione, in modo da assicurare la verifica del rispetto dei requisiti di precisione e aggiornamento previsti dal richiamato art. 8, comma 3 predetto D.Lgs., nonché dell’idoneità delle C.O.I. in concreto consultate a quanto prescritto dalla norma da ultimo richiamata (Cass. n. 4557 del 19/02/2021);
– nel caso di specie, a fronte della indicazione come aggiornate delle informazioni raccolte dal Tribunale, risalenti all’anno 2018, antecedente rispetto al giudizio, non risulta diversa indicazione da parte ricorrente, in violazione del principio di specificità del ricorso di cui all’art. 366 c.p.c. (V. Cass. n. 4557 del 2021);
– alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile;
– nulla va disposto in ordine al governo delle spese del giudizio, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa;
– sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 bis se dovuto.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021