Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26715 del 01/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – est. Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

K.I., (codice fiscale *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Massimo Rizzato, del Foro di Vicenza, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Vicenza, Via Napoli n. 4;

– ricorrente –

contro

IL MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via del Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 5128/2019, pubblicata il 19/11/2019;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 marzo 2021 dal Presidente, Dott. Giacomo Travaglino.

PREMESSO IN FATTO

– che il signor K., nato in *****, ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4, ed in particolare:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

– che la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

– che, avverso tale provvedimento, egli ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che lo ha rigettato con ordinanza resa in data 19.10.2018;

Che la Corte di appello di Venezia ne ha rigettato l’impugnazione con sentenza del 19 novembre 2019;

– che, a sostegno della domanda di riconoscimento delle cd. “protezioni maggiori”, il ricorrente, comparendo personalmente in udienza dinanzi al giudice di primo grado, aveva dichiarato, nella sostanza, di essere fuggito dal proprio Paese a causa della sua omosessualità, oltre che a seguito di una vicenda di furto che l’aveva ingiustamente coinvolto;

– che, in via subordinata, aveva poi dedotto l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, della protezione umanitaria, in considerazione della propria – oggettiva e grave – condizione di vulnerabilità;

– che (dapprima il Tribunale, poi) la Corte di appello hanno ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, alla luce: 1) della sostanziale inattendibilità del suo racconto, ritenuto generico, contraddittorio, del tutto inverosimile quanto al timore di essere ucciso dal padre per la sua omosessualità, non sufficientemente circostanziato e privo dei necessari elementi di riscontro per contestualizzare, a livello spaziale e temporale, le vicende narrate, attesane, inoltre, l’incongruenza logica; 2) della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento tanto dello status di rifugiato, quanto della protezione sussidiaria in ciascuna delle tre forme di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14, in conseguenza (per quanto ancora rileva in questa sede) dell’inesistenza di un conflitto armato nel Paese di respingimento; 3) dell’impossibilità di riconoscere al richiedente asilo la protezione umanitaria in conseguenza “dell’insuperabile ostacolo costituito dalla non credibilità della narrazione”;

– che il provvedimento è stato impugnato per cassazione dall’odierno ricorrente sulla base di un unico motivo di censura;

– che il Ministero dell’interno non si è costituito in termini mediante controricorso.

OSSERVA IN DIRITTO Col primo ed unico motivo, si censura la sentenza impugnata per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2017, art. 14 in merito al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, specificandosi poi, nell’incipit dell’illustrazione del motivo, che la doglianza si limita alla mancata applicazione della fattispecie normativa di cui al citato art. 14, lett. c.

Il motivo è palesemente inammissibile, poiché si limita, in meno di una pagina:

– a lamentare la condizione di omosessuale del ricorrente (senza spendere una sola parola critica in ordine alla ritenuta non credibilità del medesimo);

– a specificare (ma non s’intende a qual fine, stante il giudizio di non credibilità del sig. K., non censurato) che “in ***** l’omosessualità di per se non è reato, ma lo è il comportamento pubblico indecente, ai sensi dell’art. 360 c.p.”;

– a rammentare “la notorietà del pensiero dell’Islam rispetto all’omossessualità, ritenuta una perversione, una malattia, se non un crimine;

– ad evocare una sentenza di merito (Trib. Di Milano 14337/2017) che aveva riconosciuto la protezione internazionale ad un cittadino della *****.

La palese inconsistenza del contenuto del motivo e dell’intero ricorso – che non spende una sola parola in ordine al mancato accoglimento della domanda di protezione umanitaria, pur ricorrendone astrattamente i presupposti (e fondato su di una motivazione palesemente errata), domanda della quale lo stesso Procuratore Generale aveva chiesto l’accoglimento – lo rende del tutto inammissibile, avendo la Corte veneziana, sulla base di COI attendibili ed aggiornate (ma mai esaminate in senso critico dalla difesa del ricorrente) motivatamente escluso l’esistenza di un conflitto interno armato in *****.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021

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