Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.26716 del 01/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – est. Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

E.H., (codice fiscale *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Roberto Maiorana, del Foro di Roma, presso il cui studio è

elettivamente domiciliato in Roma, Via Viale Angelico n. 38;

– ricorrente –

contro

IL MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via del Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 6140/2019, pubblicata il 15/10/2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 marzo 2021 dal Presidente, Dott. Giacomo Travaglino;

PREMESSO IN FATTO

– che il signor E., nato in *****, ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento della protezione internazionale di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4, ed in particolare:

(a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, (nel testo applicabile ratione temporis);

– che la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;

– che, avverso tale provvedimento, egli ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Venezia, che lo ha rigettato con ordinanza n. 113;

Che la Corte di appello di Venezia ne ha rigettato l’impugnazione con sentenza del;

– che, a sostegno della domanda di riconoscimento delle cd. “protezioni maggiori”, il ricorrente, comparendo personalmente in udienza dinanzi al giudice di primo grado, aveva dichiarato (come si apprende esclusivamente dalla lettura della sentenza oggi impugnata) di essere fuggito dal proprio Paese dopo aver avuto un rapporto omosessuale con un amico, che poi era stato ucciso, temendo di subire la stessa sorte;

– che, in via subordinata, aveva poi dedotto l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento, in suo favore, della protezione umanitaria, in considerazione della propria – oggettiva e grave – condizione di vulnerabilità;

– che (il Tribunale prima, e poi) la Corte di appello hanno ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, alla luce: 1) della sostanziale inattendibilità del suo racconto, ritenuto contraddittorio anche alla luce della diversità di versioni rese dapprima dinanzi alla commissione territoriale, e successivamente dinanzi al Tribunale; 2) della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento tanto dello status di rifugiato, quanto della protezione sussidiaria in ciascuna delle tre forme di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 14, in conseguenza tanto del giudizio di non credibilità del ricorrente (lettere a e b), quanto dell’inesistenza di un conflitto armato nel Paese di respingimento (lett. c); 3) dell’impredicabilità di un’effettiva situazione di vulnerabilità del richiedente asilo idonea a giustificare il riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria;

– che il provvedimento è stato impugnato per cassazione dall’odierno ricorrente sulla base di motivi 4 di censura;

– che il Ministero dell’interno non si è costituito in termini mediante controricorso.

OSSERVA IN DIRITTO Preliminare alla valutazione del contenuto delle censure contenute nel ricorso e della correttezza della motivazione adottata dal giudice di appello – appare la rilevazione della sua inammissibilità, ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 3 per mancata esposizione del fatto.

Osserva il Collegio che il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, – e considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma dell’atto di gravame – deve consentire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione tanto del fatto sostanziale che ha originato la controversia, quanto del fatto processuale di cui si chiede una nuova e più corretta valutazione in diritto da parte del giudice di legittimità, senza che questi sia tenuto a ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006). La prescrizione del requisito di ammissibilità del ricorso, pertanto, risponde non già ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003).

Alla luce di tale funzione, al fine di soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3 è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, la chiara esposizione della vicenda processuale di cui si chiede la rivalutazione alla luce dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che sorreggono l’impugnazione.

Esposizione che, nella specie, manca del tutto, senza che i fatti rilevanti possano essere comunque ricostruiti aliunde, alla luce del contenuto dei motivi di censura.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sì dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021

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