LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – est. Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
I.C.K., (codice fiscale *****), rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Giacomo Cainarca, del Foro di Milano, elettivamente domiciliato in Roma, Viale Regina Margherita 239, presso lo studio dell’avvocatessa Valentina Valeri;
– ricorrente –
contro
IL MINISTERO DELL’INTERNO, (cod. fisc. *****), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via del Portoghesi n. 12;
– resistente –
avverso il decreto del Tribunale di Milano n. 3041/2019, pubblicato il 3/9/2019;
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 aprile 2021 dal Presidente, Dott. Giacomo Travaglino.
PREMESSO IN FATTO
– che il signor K., nato in ***** il *****, ha chiesto alla competente commissione territoriale il riconoscimento di ciascuna delle tre forme di protezione internazionale (status di rifugiato, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 7 e ss., protezione sussidiaria, di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, e, in particolare, protezione per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6, nel testo applicabile ratione temporis);
– che la Commissione Territoriale ha rigettato l’istanza;
– che, avverso tale provvedimento, egli ha proposto, ai sensi del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35, ricorso dinanzi al Tribunale di Milano, che lo ha rigettato con decreto reso in data 3 settembre 2019;
– che, a sostegno della domanda, il ricorrente, dinanzi alla commissione territoriale, aveva dichiarato di aver svolto, nel suo Paese, l’attività di autista di taxi, e di essere fuggito insieme con la moglie per sottrarsi alle persecuzioni di un gruppo cultista – gruppo cui apparteneva un ragazzo da lui investito col taxi, il quale pretendeva continuamente da lui dei soldi, dopo l’incidente mentre la figlia, rimasta in *****, era stata affidata alla sua maestra;
– che il Tribunale – fissata udienza di comparizione, e ritenuto non necessario procedere ad una nuova audizione dell’istante – ha giudicato insussistenti i presupposti per il riconoscimento di tutte le forme di protezione internazionale invocate dal ricorrente, alla luce: 1) della sostanziale inattendibilità del suo racconto; 2) della insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, segnatamente nella forma di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), in conseguenza dell’inesistenza di un vero e proprio conflitto armato nel Paese di respingimento; 3) dell’impredicabilità di un’effettiva situazione di vulnerabilità del richiedente asilo idonea a giustificare il riconoscimento dei presupposti per la protezione umanitaria;
– che il provvedimento è stato impugnato per cassazione dall’odierno ricorrente sulla base di 2 motivi di censura;
– che il Ministero dell’interno non si è costituito in termini mediante controricorso.
OSSERVA IN DIRITTO Col primo motivo, si censura il decreto impugnato per violazione dell’art. 10 Cost., comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Il motivo non può essere accolto per la assoluta genericità delle relative doglianze.
Nonostante la evidente illegittimità della valutazione di credibilità, compiuta dal Tribunale secondo il metodo della scomposizione dei singoli fatti, e non anche, come dovuto, attraverso una valutazione complessiva ed unitaria della narrazione del richiedente asilo – in spregio degli insegnamenti di questa Corte regolatrice (per tutte, Cass. 8819/2020) – nessuna censura viene mossa in tal senso dalla difesa del ricorrente, che si limita, senza alcuna efficace contestazione, a riprodurre, peraltro anche impropriamente, parte delle dichiarazioni del signor K. (f. 10 del ricorso: “egli ha lasciato la famiglia per poter sopravvivere”, laddove il richiedente asilo ha dichiarato di essere fuggito in compagnia della moglie, con la quale ha generato un’altra figlia, una volta giunto in Italia), per poi dilungarsi in una defatigante elencazione di principi generali in tema di protezione umanitaria, senza mai sottoporre alla necessaria e specifica critica la decisione del Tribunale, e senza che vengano mai censurate le (pur erronee) affermazioni del giudice di merito a mente delle quali “non sarebbero stati allegati fatti diversi da quelli posti a fondamento della protezione e in precedenza esaminati” (f. 13 del decreto impugnato).
Col secondo motivo, si lamenta la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5;
Il motivo è manifestamente infondato, avendo il Tribunale (ff. 10-12 del decreto impugnato) analiticamente elencato ed approfonditamente esaminato fonti internazionali attendibili e aggiornate (le ultime risalenti al gennaio del 2019) per escludere motivatamente, nella specie, l’esistenza di un conflitto armato nella zona della ***** di provenienza del richiedente asilo, senza che, a tale conclusione, venga mossa alcuna efficace e specifica critica da parte della difesa del ricorrente.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 27 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 ottobre 2021