LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 5862/2021 proposto da:
R.F., elettivamente domiciliato in Roma, Via Virginio Jacoucci n. 8, presso lo studio dell’avvocato Miraglia Michele, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Aldinio Michele, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Comune di Casalbuono, in persona del sindaco pro tempo, domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difesa dall’avvocato De Bonis Michele, giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
contro
M.M., Ri.Nu., S.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 28/2021 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 29/01/2021;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/09/2021 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.
RILEVATO
che:
R.F., eletto alla carica di consigliere comunale di Casalbuono, ha proposto ricorso al fine di contestare la mancata convalida della sua elezione per incompatibilità ai sensi del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 63, comma 1, n. 6;
ha dedotto l’insussistenza delle ragioni spese dal comune, non essendo liquidi ed esigibili i suoi debiti fiscali nei confronti dell’ente;
nel contraddittorio col solo comune, il Tribunale di Lagonegro ha respinto il ricorso;
la decisione è stata impugnata dal R. dinanzi alla corte d’appello di Potenza, la quale ha dichiarato il gravame inammissibile per difetto di specificità, peraltro aggiungendo che la contestazione dell’esigibilità dei crediti non era comprensibile, visto che l’appellante non aveva negato di aver ricevuto gli avvisi di accertamento e l’ingiunzione afferente, e visto che la perdita di efficacia di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, non avrebbe fatto venir meno la valenza di titolo esecutivo dell’ingiunzione fiscale o dell’iscrizione a ruolo non tempestivamente impugnata;
avverso la sentenza, depositata il 29 gennaio 2021, è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi;
il comune di Casalbuono ha resistito con controricorso.
CONSIDERATO
che:
I. – col primo mezzo il ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., per avere la corte d’appello erroneamente ritenuto aspecifico il gravame;
col secondo mezzo censura poi la decisione per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 63, nn. 4 e 6, per esser stata ritenuta la fattispecie di incompatibilità nonostante che non vi fosse prova della “preventiva notifica della cartella di pagamento e/o della sua mancata impugnazione”;
II. – il ricorso è inammissibile;
in effetti l’impugnata sentenza ha erroneamente affermato l’aspecificità dell’appello;
nella motivazione della stessa risulta in vero testualmente riportato il contenuto dell’atto, e ben si evince quel che era stato dedotto a sostegno del gravame;
è appena il caso di ricordare che ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 c.p.c., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, non essendo necessaria l’allegazione di profili aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e (appunto) specifica della decisione impugnata;
ciò accade quando, come nel caso di specie, l’atto consente al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice (v. tra le molte Cass. n. 2814-16, Cass. n. 23781-20);
III. – ciò nondimeno va aggiunto che l’impugnata sentenza, dopo l’erroneo riferimento al difetto di specificità, contiene anche l’esplicita affermazione di irrilevanza delle ragioni di censura a suo tempo spese dall’impugnante avverso la sentenza di primo grado; e l’attuale secondo motivo di ricorso non è aderente alla ratio costì espressa dalla sentenza, poiché si incentra su una questione del tutto nuova;
tale è quella della mancata dimostrazione della “preventiva notifica della cartella di pagamento e/o della sua mancata impugnazione”, che, in prospettiva di autosufficienza, non risulta dedotta né a sostegno del ricorso originario, né a sostegno dell’appello;
invero l’impugnata sentenza riferisce e dimostra, trascrivendo l’integrale contenuto dell’appello, che codesto era stato affidato al ben differente assunto che l’ingiunzione fiscale o l’iscrizione a ruolo “perdono la loro efficacia (..) ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 50, comma 2”, se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica al debitore;
ciò implica doversi ritenere che la ragione di doglianza era stata formulata in termini opposti a quanto oggi dedotto;
essa era stata implicitamente incentrata sull’ammissione dell’avvenuta notifica dell’atto, visto che tale notifica avrebbe dovuto costituire, secondo la stessa prospettazione dell’interessato, il dies a quo della decorrenza del termine annuale di cui al ripetuto art. 50;
IV. – le spese processuali seguono la soccombenza;
non deve farsi applicazione dell’art. 13, comma 1-quater, del D.Lgs. n. 115 del 2002, essendo il processo esente dall’obbligo di pagamento del contributo unificato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali, che liquida in 7.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro, per esborsi, oltre accessori e rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2021