Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.26872 del 04/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6684/2017 proposto da:

Il Borro Agricola S.r.l. – Società Agricola, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza di Pietra n. 38/39, presso lo studio dell’avvocato Grippiotti Giovanni Antonio, rappresentata e difesa dagli avvocati Boletto Maria, Lazzeretti Gabriele, Roncaglia Pier Luigi, Rossi Francesco, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

Il Sapito S.r.l. Società Agricola, in persona del legale rappresentante pro tempore, Podere La Casetta di R.S., in persona titolare pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, Via Valadier n. 48, presso lo studio dell’avvocato Di Nicco Juan José, rappresentate e difese dall’avvocato Vichi Enzo, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

e contro

Omnibus S.r.l., già Animar Tognetti s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza G. Randaccio n. 1, presso lo studio dell’avvocato Azzoni Carlo, rappresentata e difesa dall’avvocato Rossi Cristiano, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Il Borro Agricola S.r.l. – Società Agricola, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza di Pietra n. 38/39, presso lo studio dell’avvocato Grippiotti Giovanni Antonio, rappresentata e difesa dagli avvocati Boletto Maria, Lazzeretti Gabriele, Roncaglia Pier Luigi, Rossi Francesco, giusta procura in calce al ricorso principale;

– controricorrente ai ricorsi incidentali –

avverso la sentenza n. 175/2016 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, pubblicata il 08/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/09/2021 dal Cons. Dott. TERRUSI FRANCESCO.

RILEVATO

che:

la corte d’appello di Firenze, con sentenza in data 8 febbraio 2016, non notificata, ha confermato la decisione del tribunale della stessa città che aveva ravvisato il carattere debole del marchio “Il Borro”, registrato dall’attrice Il Borro soc. Agricola s.r.l., in quanto corrispondente a un sostantivo comune e a toponimo diffuso in ambiente toscano, peraltro dotato di una certa capacità distintiva, ed escluso l’illiceità della condotta di contraffazione e concorrenza sleale ascritta alla convenuta Omnibus s.r.l. (incorporante la Animar Tognetti s.r.l.) e alle chiamate in causa R.S. (titolare della ditta Podere La Casetta) e Il Sapito s.r.l. in conseguenza della commercializzazione di vini da parte loro con marchio in parte riproducente il termine “borro”;

la corte d’appello ha ritenuto il marchio debole perché non svincolato dai caratteri dell’azienda e del prodotto, né assurto a chiara fama, essendo corrispondente a un termine che, nell’idioma toscano, indica una particolare conformazione orografica del terreno, non di rado associata al posizionamento di vigne, che si rinviene in molte indicazioni toponomastiche di poderi, tenute e borghi sì da esser divenuta di uso comune nell’ambiente;

ha dunque osservato che legittimamente il termine poteva essere utilizzato da altri imprenditori vinicoli con varianti idonee, come nella specie, a evitare confusione, mediante adozione di accorgimenti distintivi collaterali di tipo estetico/grafico e con indicazione della specifica casa produttrice, che non potevano sfuggire all’attenzione del consumatore del prodotto vinicolo di qualità;

in questa stessa prospettiva la corte territoriale ha escluso che potesse configurarsi una concorrenza sleale cd. dipendente, ai sensi dell’art. 2598 c.c., n. 1, non avendo l’attrice neppure dedotto gli elementi aggiuntivi idonei a integrarla, rispetto al mero utilizzo della parola “borro”;

quanto ai gravami incidentali proposti dalle due parti chiamate in causa, limitatamente al capo della sentenza di primo grado relativo alla compensazione delle spese, la corte d’appello li ha egualmente respinti ritenendo alfine comprensibili le tesi contrapposte a fronte della sottolinea linea di demarcazione giuridica tracciata, con compensazione anche delle spese del grado in ragione, sotto questo profilo, della soccombenza reciproca;

la società Il Borro soc. Agricola ha proposto ricorso contro sentenza, deducendo tre motivi illustrati da memoria;

la società Omnibus, da un lato, e le intimate Il Sapito e R., dall’altro, hanno replicato con controricorsi e proposto, ciascuna, un motivo di ricorso incidentale relativamente al capo sulle spese processuali;

queste parti hanno depositato anche memorie.

CONSIDERATO

che:

I. – i motivi di ricorso principale sono così articolati:

(i) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, artt. 13 e 21 (codice della proprietà industriale, c.p.i.), del R.D. n. 929 del 1942, art. 18, artt. 7 e 12 del Regolamento (CE) n. 207 del 2009, perché palesemente errato sarebbe qualificare “il Borro” come marchio debole, attesa la mancanza di aderenza concettuale con i vini, a fronte invece del principio per cui i marchi aventi a oggetto toponimi sono forti se costituiti da nomi geografici di regioni o di località che, per i consumatori, non abbiano una portata descrittiva o evocativa di qualità o caratteristiche dei prodotti o servizi; donde la circostanza che la parola “borro” indichi la conformazione di un terreno (“fosso scavato dalle acque in un luogo scosceso”) e il fatto che in Toscana esistano località con questo nome, non rileverebbe affatto, non avendo la corte d’appello considerato, peraltro, che la funzione distintiva del marchio si era rafforzata grazie all’uso ininterrotto dal 1999, ed essendosi invece limitata a sottolineare la irrilevante circostanza della non avvenuta assunzione delle caratteristiche del marchio come di chiara fama; requisito che tuttavia non occorre per ritenere un marchio rinomato, essendo sufficiente al riguardo che esso sia semplicemente noto;

(ii) violazione o falsa applicazione dell’art. 20 del codice della proprietà industriale (c.p.i.) e art. 9 Regolamento (CE) n. 207 del 2009 sotto due profili: perché la corretta qualificazione del marchio “il Borro” come marchio forte avrebbe dovuto portare necessariamente a ravvisare nei marchi avversi il rischio di confusione; e perché, al contrario di quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, il rischio confusorio avrebbe dovuto essere accertato in astratto, oltre tutto in rapporto al consumatore medio Europeo (essendo stata lamentata una contraffazione di marchio comunitario), senza rilevanza quindi dell’argomentazione per cui esso poteva in concreto essere evitato con opportuni accorgimenti.

(iii) violazione o falsa applicazione dell’art. 2598 c.c., perché, a onta di quanto affermato in sentenza, la legge non richiede che la confondibilità per l’uso di segni uguali o simili debba essere accompagnata da una confondibilità determinata anche da ulteriori “aspetti di contorno”;

II. – il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato, anche se talune imprecise affermazioni della sentenza d’appello vanno corrette;

per consolidata giurisprudenza i marchi sono “deboli” quando risultano concettualmente legati al prodotto, per non essere andata la fantasia che li ha concepiti oltre il rilievo di un carattere o di un elemento del prodotto stesso; lo sono poi anche per l’uso di parole di comune diffusione, che non sopportano di essere oggetto di un diritto esclusivo;

naturalmente la debolezza del marchio non incide sull’attitudine alla registrazione ma soltanto sull’intensità della tutela che ne deriva, atteso che sono sufficienti ad escluderne la confondibilità anche lievi modificazioni o aggiunte (v. Cass. n. 12368-18; Cass. n. 1267-16 e molte altre);

e’ invece marchio geografico, o toponimo, quel marchio (al quale pure la sentenza allude) che opera il riferimento a una specifica località mediante il nome geografico, che, almeno di regola, non ha una capacità distintiva proprio perché descrive semplicemente la provenienza geografica del prodotto o del servizio di riferimento;

da questo punto di vista quindi va detto, a parziale correzione di quanto sostenuto nella sentenza d’appello, che non è propriamente un marchio geografico quello che indica una semplice caratteristica morfologica di un elemento naturale, come la conformazione del terreno, trattandosi in tal caso di una mera indicazione di comune linguaggio;

III. – tanto precisato, giova dire che nella specie la sentenza impugnata ha infine comunque specificato in qual senso il marchio “il Borro” dovesse esser intendersi come marchio debole, essendo incentrato per l’appunto su un termine (“borro”) indicativo di un elemento morfologico e naturalistico del terreno; e questa Corte, in separate controversie tutte riferibili alla tutela del citato marchio, ne ha confermato la conclusione in base al fatto che l’uso di un vocabolo indicativo di una determinata conformazione del territorio, sovente tipica proprio dei luoghi di produzione del vino, è a tal punto di uso comune da appartenere, in pratica, al linguaggio quotidiano (Cass. n. 4254-19, Cass. n. 10980-21);

ne segue che il primo motivo di ricorso, che tale affermazione intende criticare, si palesa – senza corredo di nuovi argomenti – in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte (art. 360-bis c.p.c.);

IV. – il secondo motivo e’, per la prima parte della censura, egualmente infondato per effetto del rigetto del primo, poiché si basa sull’errato presupposto che il marchio in questione dovesse esser considerato come marchio forte;

e’ invece del tutto inammissibile quanto al rischio confusorio affermato nella seconda parte;

l’apprezzamento della confondibilità fra segni distintivi similari deve essere compiuto non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica (v. Cass. n. 8577-18, Cass. n. 1906-10), e il relativo giudizio è rimesso al giudice del merito (v. Cass. n. 21086-05), potendo esser sindacato in cassazione solo a riguardo della completezza e congruenza della motivazione esibita;

dirimente è quindi constatare che nessun vizio di motivazione sia stato dedotto dalla ricorrente, secondo l’ottica dell’attuale art. 360 c.p.c., n. 5;

V. – il terzo motivo è manifestamente infondato poiché la corte d’appello di Firenze, quanto all’illecito concorrenziale dovuto all’uso del segno distintivo da parte delle convenute, si è limitata a trarre le conseguenze del già svolto accertamento in ordine alla non confondibilità dei prodotti, stante la circostanza dell’avvenuta distinzione degli aspetti di contorno dei prodotti commercializzati rispetto al comune nucleo lessicale “borro”, in esatta aderenza ai sopra riportati principi dettati da questa Corte;

VI. – venendo ai ricorsi incidentali è da rilevare che tutte le controricorrenti hanno prospettato una identica censura a proposito dell’avvenuta compensazione delle spese processuali: in particolare hanno dedotto la violazione (o falsa applicazione) di legge rispetto all’art. 92 c.p.c.;

le impugnazioni vanno tuttavia distinte nel fondamento delle ragioni rispettivamente spese, perché le controricorrenti Il Sapito e R., nel comune controricorso, hanno affermato che non ricorrevano le condizioni di compensazione né per il primo né per il secondo grado, e in quest’ultimo neppure in virtù della reciproca soccombenza, giacché tutte le domande di merito della società Il Borro erano state respinte; mentre la società Omnibus ha evidenziato di non essere stata soccombente in appello, non avendo essa impugnato la decisione di primo grado nel capo relativo alla compensazione;

VII. – i ricorsi incidentali delle controricorrenti Il Sapito e R. sono inammissibili;

la valutazione della corte d’appello confermativa della compensazione delle spese di primo grado è insindacabile, siccome tratta da giustificati motivi puntualmente indicati;

la compensazione delle spese del secondo grado è rettamente sostenuta dalla reciprocità della soccombenza, avendo le citate ricorrenti proposto difatti impugnazione incidentale poi rigettata;

VIII. – il ricorso incidentale della società Omnibus è invece fondato;

non pertiene a questa società la motivazione della corte territoriale, essendo codesta essenzialmente basata, per le spese del grado, sulla reciprocità della soccombenza in appello;

viceversa dalla stessa sentenza risulta che nessun appello era stato proposto dalla società Omnibus;

ne segue che la sentenza va cassata nel capo afferente;

non sono al riguardo necessari ulteriori accertamenti di fatto, sicché la Corte può decidere anche nel merito quanto a codesta parte, regolando le spese secondo soccombenza e liquidandole come da dispositivo;

IX. – le spese del giudizio di cassazione possono essere compensate nel rapporto tra la ricorrente principali e le ricorrenti incidentali parimenti soccombenti;

quelle sostenute dalla società Ominibus seguono la soccombenza della ricorrente principale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale delle controricorrenti Il Sapito e R.; accoglie il ricorso incidentale della società Omnibus; cassa l’impugnata sentenza in relazione a tale ricorso e, decidendo nel merito, condanna Il Borro soc. Agricola s.r.l. a rifondere a questa società le spese processuali relative al grado d’appello, liquidandole in 8.200,00 Euro, di cui 3.000,00 Euro, per diritti e 200,00 Euro per esborsi; compensa le spese del giudizio di cassazione tra la ricorrente principale e le controricorrenti Il Sapito e R. e condanna la ricorre principale alle spese processuali della menzionata società Omnibus anche relative al giudizio di cassazione, liquidandole in 10.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro, per esborsi, con aggiunta in tutti i casi (per il giudizio d’appello e per quello di cassazione) degli accessori di legge e del rimborso forfetario di spese generali nella massima percentuale prevista.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e delle ricorrenti incidentali Il Sapito e R., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo ai rispettivi ricorsi, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 4 ottobre 2021

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