Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26884 del 05/10/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29539-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ABITCOOP SOCIETA’ COOPERATIVA ARL, R.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2128/2014 della COMM.TRIB.REG.TOSCANA, depositata il 07/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/03/2021 dal Consigliere Dott. RAFFAELE MARTORELLI.

RITENUTO

che:

Con scrittura privata autenticata a rogito Notaio V.F. registrata a Prato il 5/3/2007, la Società Cooperativa a r.l. Recuperare (oggi soc. ABITCOOP soc. Cooperativa a r.l.) assegnava al socio assegnatario, R.N., la piena ed esclusiva proprietà di un appartamento per civile abitazione e autorimessa. In particolare le parti dichiaravano espressamente nell’atto, che l’assegnazione era soggetta ad IVA, con conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura fissa ed applicazione dei benefici previsti dalla L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 131.

A seguito di verifica di carattere generale, per l’anno d’imposta 2005, l’Ufficio di Prato dell’Agenzia delle Entrate rilevava che l’assegnazione delle unità immobiliari indicate, risultava essere stata effettuata decorsi oltre quattro anni dalla ultimazione dei lavori, essendo stata rinvenuta nel corso della verifica una scrittura privata di pre-assegnazione dell’alloggio, redatta il 5/12/2002.

L’Ufficio di Prato della Agenzia delle Entrate, pertanto, ritenendo tale atto riconducibile al regime di esenzione IVA, sul presupposto dell’avvenuto decorso del termine di quattro anni alla data di assegnazione della unità immobiliare, nei termini sopra indicati, rispetto alla data di ultimazione dei lavori, procedeva alla liquidazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8 bis così come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 8, lett. a), convertito dalla L. n. 248 del 2006, nonché D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 40 e 42 ed art. 1 della Tariffa Allegata al D.P.R. citato ed emetteva avviso di liquidazione di imposta.

Con la sentenza n. 13/7/10 la Commissione Tributaria Provinciale di Prato, accoglieva il ricorso del contribuente.

L’Ufficio di Prato dell’Agenzia delle Entrate proponeva appello deducendo due motivi di fatto e di diritto esaminati dalla CTP, ossia l’abrogazione del D.L. n. 311 del 1993, art. 66 comma 6 bis conv. in L. n. 223 del 2006, con la conseguenza che alle assegnazioni di alloggi effettuate dalle cooperative non era applicabile l’agevolazione sopra riferita e l’individuazione del dies a quo ai fini del decorso dei quattro anni della data di immissione del socio nel possesso dell’immobile.

La CTR Toscana, con sentenza n. 2128/31/14, respingeva l’appello con riferimento ad entrambi i profili dedotti.

Proponeva ricorso l’Agenzia delle Entrate. Gli intimati non si costituivano.

CONSIDERATO

che:

L’Ufficio ha impugnato l’avviso deducendo:

1-Violazione e/o falsa applicazione del D.L. n. 311 del 1993, art. 66, comma 6 bis conv. in L. n. 427 del 1993, nonché dell’art. 15 preleggi, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2-Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con riferimento al primo motivo, l’Agenzia censurava la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto prevalente, nella fattispecie, la norma di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 6 bis, conv. in L. n. 427 del 1993 che avrebbe derogato al principio generale di cui al T.U. n. 131 del 1986, art. 40 in forza del quale, in caso di cessioni esenti da IVA, l’imposta si applicava in misura proporzionale.

In particolare, con riferimento alle società cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi disciplinati dai principi della mutualità, il citato art. 66, comma 6 bis, prevedeva che “gli atti, documenti e registri relativi alle operazioni previste dai rispettivi statuti, per i quali sia prevista la registrazione, sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa, assolta una sola volta per ciascun atto registrato, compresi i relativi allegati”, prescindendo dal numero delle assegnazioni contenute nell’atto.

Questo regime di favore, tuttavia, era stato previsto in costanza della sottoposizione ad IVA delle assegnazioni di alloggi da parte di cooperative edilizie ai soci, e conseguente pagamento dell’imposta di registro in misura fissa per ciascuna assegnazione.

Tuttavia, il D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 35, comma 8, aveva modificato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 8 bis prevedendo l’esenzione dall’IVA per le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diverse da quella di cui al numero 8 ter, cioè diverse da quelle che avevano ad oggetto la cessione di immobili strumentali, effettuati entro 4 anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento.

Pertanto, secondo l’A.F., per le cessioni di immobili di tipo residenziale l’imposta di registro (nonché le imposte ipotecarie e catastali) continuavano ad applicarsi secondo te regole previgenti, in misura fissa in caso di cessioni soggette ad Iva ed in misura proporzionale in caso di cessioni esenti da IVA, tenendo, altresì, conto dei benefici accordati con la prima casa. Era di tutta evidenza, quindi, come le modifiche legislative introdotte nel 2006 avessero delineato un nuovo impianto normativo che aveva determinato il venir meno della ragione giustificativa dell’applicabilità, nei confronti delle società cooperative in discorso, dell’imposta di registro in misura fissa anziché in misura proporzionale, ai sensi dell’art. 66 bis citato. La norma in esame era da ritenersi, pertanto, abrogata. Richiamava la Circolare n. 27 del 2006 e la Risoluzione n. 163/E del 2007 a conforto dei propri assunti.

Con il secondo motivo, relativo al tema della ultimazione dei lavori per i fabbricati ultimati o ristrutturati da non più di quattro anni, ceduti dalle imprese di costruzione o di ristrutturazione, secondo la ricorrente, la sentenza aveva errato nell’attribuire rilevanza e validità solamente all’attestato di ultimazione dei lavori rilasciato dal Comune di Prato del 30.4.2003 ai fini della determinazione del termine di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8 bis. Infatti, nell’individuazione del dies a quo, l’giudici di merito avevano dato rilievo solo all’attestazione meramente formale, non tenendo conto che, dalla scrittura privata di preassegnazione del 5.12.2002, risultava il completamento dei lavori e l’idoneità dell’immobile a svolgere la funzione sua propria. Pertanto, se si accoglieva ragionevolmente il principio in base al quale deve ritenersi prevalente l’effettiva conclusione dei lavori rispetto alla formale attestazione di fine degli stessi, era possibile concludere che, nel caso concreto, tra la data di effettiva ultimazione delle unità immobiliari (scrittura privata di pre-assegnazione degli alloggi del 5/12/2002) e la data del rogito notarile di formale assegnazione della proprietà degli immobili ai soci il 23/02/2007), erano trascorsi più di quattro anni.

Ciò considerato, dunque, non poteva trovare piena applicazione il disposto di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 1, n. 8 bis, nella parte in cui prevedeva l’assoggettabilità ad IVA delle cessioni di fabbricati o porzioni di essi effettuati entro i quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione, sottraendole, in tal modo, ad un generale regime di esenzione previsto dalla norma stessa.

L’intimata non si costituiva.

Il ricorso non è fondato.

Con riferimento al primo motivo, la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 16557/17) con orientamento del tutto condivisibile, che va qui richiamato, ha avuto modo di precisare che “il D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 6-bis, lett. c), nel perseguire una finalità di agevolazione delle cooperative, aveva previsto che “gli atti, documenti e registri relativi alle operazioni previste dai rispettivi statuti, per i quali sia prevista la registrazione, sono soggetti all’imposta di registro in misura fissa, assolta una sola volta per ciascun atto registrato”. La disposizione si armonizzava pienamente con il principio di alternatività tra l’IVA, cui erano soggetti gli atti di assegnazione di alloggi ai soci di cooperative edilizie, e l’imposta di registro.

Tale assetto ha subito una evidente alterazione a seguito delle modifiche apportate in materia di IVA dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 8, che, modificando il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 10, comma 8-bis ha introdotto l’esenzione dall’IVA per i trasferimenti di immobili effettuati dalle imprese costruttrici.

La norma è pacificamente applicabile anche ai rapporti tra cooperative edilizie e soci (Cass., n. 13941/2011), con la conseguenza che gli atti di assegnazione, nel vigore della previgente disposizione soggetti ad IVA, attualmente ne vanno esenti, ove ricorrano i presupposti indicati al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 35, comma 8-bis.

Nel mutato contesto normativo, l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 163/E/2007, riteneva che, per effetto della introdotta esenzione a fini IVA, il D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 6-bis per il principio di alternatività tra Iva ed imposta di registro, quest’ultima andasse applicata nei soli casi in cui l’assegnazione dell’immobile non era esente da IVA.

L’interpretazione prospettata dall’Agenzia delle Entrate non appare applicabile al caso di specie, risolvendosi in una interpretazione parzialmente abrogativa dell’art. 66, comma 6-bis citato. L’assunto della ricorrente, infatti, non considera il tenore della norma che, nell’introdurre una disciplina di favore per le cooperative edilizie, non opera alcuna distinzione tra atti di trasferimento soggetti ad IVA od esenti e prescinde dall’applicazione del richiamato principio di alternatività (in via più generale, per l’esclusione dell’assoggettamento all’imposta proporzionale di registro degli atti in astratto soggetti all’IVA, ma di fatto esentati, cfr. Cass. n. 24268/2015).

E’ pur vero che, nell’originario contesto normativo in cui è stata introdotta la suddetta disposizione di favore, la stessa si conformava alla generale disciplina dell’alternatività dell’imposizione tra IVA e registro, ma a seguito delle modifiche apportate al regime delle esenzioni IVA, in assenza di un esplicito intervento di modifica dell’art. 66, comma 6-bis cit., la disciplina agevolativa continua ad avere piena attuazione, a prescindere dal nuovo regime IVA cui è soggetto l’atto di trasferimento dalle cooperative edilizie ai soci.

Ne’ può prospettarsi una interpretazione della norma che, risolvendosi nell’applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40 implicherebbe una abrogazione implicita del D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 6-bis. Una simile soluzione ermeneutica non appare percorribile, atteso che non sussiste alcuna radicale incompatibilità tra l’originario assetto normativo e quello scaturente dalla modifica del regime delle esenzioni IVA, essendosi semplicemente determinato un regime fiscale ancor più favorevole per gli atti compiuti dalle cooperative edilizie, senza da ciò derivarne una incompatibilità assoluta tra le norme, con implicito effetto abrogativo della disciplina anteriore. Trattandosi di norme di legge primaria, aventi analogo valore, non può affermarsi una pretesa maggior valenza del principio di alternatività affermato dal D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40 ritenuto insuscettibile di diversa modulazione, ed introdurre in via interpretativa un regime speciale differenziato per gli atti delle cooperative esenti da IVA, in via derogatoria rispetto alla previsione generale del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 66, comma 6-bis”.

Quanto al secondo motivo relativo alla data di ultimazione dei lavori, non vi è dubbio che occorra ancorare detto requisito ad un dato certo ed inoppugnabile e questo non può che trarsi dalla dichiarazione fatta ad un organo pubblico (nel caso in esame, il Comune di Prato) da parte di un soggetto all’uopo qualificato (un progettista o un tecnico abilitato), che rilascia un certificato di collaudo finale, con cui si attesta la conformità dell’opera al progetto presentato.

II dato valorizzato dal ricorrente, secondo cui per ultimazione della costruzione o degli interventi di recupero del fabbricato, deve intendersi quello in cui l’immobile risulta idoneo ad espletare la sua funzione ovvero ad essere destinato al consumo, si collega, nella sostanza, ad un dato meramente presuntivo, che non può come tale, desumersi dall’atto di preassegnazione dell’immobile. L’atto di preassegnazione, che consente al socio assegnatario di entrare nel possesso dell’immobile, non può essere assimilato alla effettiva alla ultimazione dei lavori che richiede, necessariamente, non solo la piena attitudine dell’immobile alla concreta giuridica abitabilità da parte di persone, ma anche il funzionamento dei servizi comuni. In tal senso, risulta corretto collegare l’assegnazione del singolo alloggio al completamento dell’intera costruzione e identificare la data di ultimazione dei lavori in quella dichiarata dal tecnico abilitato al Comune di appartenenza. Il ricorso va pertanto respinto. Non vi è pronuncia sulla spese in assenza di attività difensiva dell’intimata.

P.Q.M.

Respinge il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio da remoto, il 18 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472