LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 17918/2017 promosso da:
Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Paolo Emilio 57, presso lo studio dell’avv. Stefano Magnani, rappresentato e difeso dall’avv. Modestino D’Aquino in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Agenzia del Demanio, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 9656/11/16 della CTR del Lazio, depositata il 29/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 05/05/2021 dal Consigliere ELEONORA REGGIANI;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso presentato davanti alla CTP di Latina, l’Agenzia del Demanio ha impugnato l’avviso di pagamento della somma di Euro 2.033,00, riguardante il contributo consortile per lo scarico di acque nei canali del Consorzio di Bonifica dell’Agro Pontino (di seguito, Consorzio), dovuto per gli anni 2004-2012.
Il ricorso è stato accolto solo in parte, ritenendo la CTP l’assenza dei presupposti impositivi con riferimento ad alcuni fondi, siti in ***** – in particolare, il foglio *****, particella ***** (area pertinenziale di un bene ceduto a terzi) e il foglio *****, particella ***** (area di rispetto stradale ceduta alla Regione) – e l’intervenuta prescrizione dei contributi relativi agli anni 2004, 2005 e 2006.
Avverso la decisione di primo grado ha proposto appello principale il Consorzio e appello incidentale l’Agenzia del Demanio, entrambi accolti solo in parte dalla CTR, la quale ha ritenuto dovuto il contributo consortile per il fondo di cui al foglio *****, particella *****, fino a maggio 2011 (quando il terreno è stato accorpato a un bene ceduto a terzi), e ha anche ritenuto non automaticamente soggetti a contribuzione i beni appartenenti al demanio e al patrimonio indisponibile dello Stato destinati a servizio pubblico (in particolare, il fondo al foglio 47, particella 126, del Comune di ***** e i fondi al foglio *****, particella *****, e al foglio *****, particella *****, del Comune di Sabaudia), in assenza della prova di un vantaggio specifico, ricavato dalle opere consortili.
Avverso la sentenza della CTR, il Consorzio ha proposto ricorso per cassazione, formulando tre motivi di impugnazione, illustrati anche con memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c. L’Agenzia del Demanio ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotto l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, discussi tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la CTR: 1) ritenuto impugnabile l’avviso di pagamento in questione per insufficiente e contraddittoria motivazione, nonostante non fosse compreso nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19; 2) ritenuto assenti i presupposti impositivi in riferimento al fondo di cui al foglio 67, particella *****, che invece, dalla visura catastale, risultava ancora intestato al demanio dello Stato.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR ritenuto applicabile ai contributi consortili la prescrizione quinquennale e non quella ordinaria decennale.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione delle disposizioni normative che attengono all’onere della prova (art. 2697 c.c., comma 2, e artt. 2727-2729 c.c.), oltre che la violazione e la falsa applicazione del R.D. n. 215 del 1933, art. 10, comma 1, artt. 21 e 59, artt. 860 e 864 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per avere la CTR ritenuto gravante sul Consorzio l’onere di provare il beneficio derivante al fondo incluso nel parametro di contribuenza, solo perché appartenente al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, spettando invece anche in questo caso al contribuente dimostrare l’inesistenza di concreti benefici derivanti dalle opere consortili.
2. Il primo motivo contiene due distinte censure.
Con la prima è dedotta l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta impugnabilità dell’avviso di pagamento di contributi consortili, sebbene non fosse compreso nell’elenco di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19.
Con la seconda è prospettata la mancata considerazione delle risultanze delle visure catastali, dalle quali si evinceva che il fondo, sito in *****, di cui al foglio *****, particella *****, risultava ancora appartenente al demanio dello Stato (e non a terzi cessionari).
2.1. La prima censura contenuta nel primo motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata è stata, infatti, pubblicata il 29/12/2016 e ad essa deve applicarsi la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), in forza del quale non è più consentita l’impugnazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 “per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”, ma soltanto “per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”.
Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, n. 8053 del 07/04/2014) hanno precisato che la modifica normativa appena richiamata ha avuto l’effetto di limitare il vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge. E ciò accade solo quando il vizio sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la nullità della sentenza per mancanza della motivazione.
In particolare, secondo le Sezioni Unite, la riformulazione normativa deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale, che si tramuti in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali.
In altre parole, a seguito della riforma del 2012 scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta), ossia il controllo riferito a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.
A tale principio si è uniformata la giurisprudenza di legittimità, la quale, in alcuni casi, ha anche evidenziato che la violazione di legge, come sopra indicata – ove riconducibile alla violazione dell’art. 111 Cost. e art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, – determina la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (così Cass., Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. Sez. 6-3, n. 22598 del 25/09/2018; Cass., Sez. L, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; Cass., Sez. 6-L, Ordinanza n. 16611 del 25/06/2018; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017).
Nel caso di specie, come già evidenziato, parte ricorrente ha dedotto l’insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta impugnabilità dell’avviso di pagamento di contributi consortili (in conformità, peraltro, a un orientamento oramai consolidato: v. da ultimo Cass., Sez. 6-5, n. 22222 del 12/09/2018).
La motivazione, come sopra anticipato, è prospettata come esistente, ma insufficiente e contraddittoria (p. 12 del ricorso in cassazione).
E’, dunque, evidente che, per i motivi appena evidenziati, tale censura, così come formulata, non è consentita.
2.2. La seconda censura è infondata.
Come appena evidenziato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, integra un vizio denunciabile in cassazione, qualora abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che il ricorrente non può limitarsi a denunciare l’omesso esame di elementi istruttori, ma deve indicare: 1) l’esistenza di uno o più fatti specifici, desumibili dagli atti di causa, il cui esame sia stato omesso; 2) il dato, testuale o extratestuale, da cui essi risultino; 3) il “come” ed il “quando” tali fatti siano stati oggetto di discussione processuale tra le parti; 4) la loro decisività (Cass., Sez. 1, n. 7472 del 23/03/2017).
L’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante per il giudizio, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., Sez. 2, n. 27415 del 29/10/2018).
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha statuito come segue: “…l’appello afferma sì le caratteristiche oggettive che ammettono al contributo, ma ignora l’assunto della sentenza di primo grado secondo cui il soggetto passivo del tributo non è più l’Agenzia del Demanio, ma la Regione Lazio quale ente gestore della strada e della relativa fascia di rispetto”.
La CTR ha dunque preso in considerazione il fatto, relativo alla permanenza o meno della titolarità della proprietà del fondo in capo all’Agenzia del Demanio, ma ha ritenuto decisivi gli argomenti sopra descritti piuttosto che altri, con valutazione in questa sede insindacabile.
D’altronde, parte ricorrente ha lamentato la mancata considerazione delle risultanze catastali, ma non ha neppure dedotto per quale motivo queste ultime, che hanno valore meramente indiziario in ordine al titolo di proprietà (cfr. Cass., Sez. 5, n. 22972 del 12/11/2010), nella specie avrebbero avuto carattere decisivo e tale da determinare, ove fossero state valutate, una decisione diversa da quella in concreto assunta.
3. Il secondo motivo è infondato.
Questa Corte, con orientamento condiviso, ha più volte affermato che i contributi consortili di bonifica sono tributi locali che si strutturano come prestazioni periodiche, con connotati di autonomia, nell’ambito di una causa debendi di tipo continuativo, in quanto l’utente è tenuto al pagamento di essi in relazione al prolungarsi, sul piano temporale, della prestazione erogata dall’ente impositore o del beneficio da esso concesso, senza che sia necessario, per ogni singolo periodo contributivo, un riesame dell’esistenza dei presupposti impositivi. E’ per questo motivo che ha ritenuto trattarsi di obbligazioni sottoposte alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4), (Cass., Sez. 5, n. 26013 del 10/12/2014; Cass., Sez. 5, n. 4283 del 23/02/2010).
In assenza della allegazione e della prova di atti interruttivi, correttamente, dunque, il giudice di merito ha ritenuto prescritti i tributi relativi alle annualità 2004, 2005 e 2006, risultando l’avviso di pagamento ricevuto nell’anno 2012.
4. Il terzo motivo è invece fondato.
4.1. E’ incontestato tra le parti che i fondi in questione ricadano tutti all’interno del perimetro del comprensorio del Consorzio, il quale risulta avere anche adottato il piano di classifica (v. in particolare p. 1 e 3 della sentenza impugnata e p. 2 e 4 del ricorso in cassazione).
Secondo la CTR, i beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, anche se inclusi nel perimetro consortile, sono assoggettati al pagamento del contributo consortile solo se il Consorzio prova che traggono un vantaggio diretto e specifico derivante dalle opere di bonifica. E’ per questo che ha escluso dall’obbligo di contribuzione i beni della controricorrente, ritenuti destinati ad esclusivo servizio pubblico, in assenza della prova di un vantaggio specifico offerto dal Consorzio (v. p. 5 della sentenza impugnata).
Anche secondo la controricorrente l’approvazione del piano di classifica non esime il Consorzio dall’onere di provare il vantaggio derivante dalle opere di bonifica che giustifica l’esazione del contributo.
Il Consorzio ritiene invece che ai beni demaniali dello Stato debbano applicarsi gli stessi criteri di valutazione che si adottano per ogni altro bene.
4.2. Com’e’ noto, il dato normativo generale in materia di contributi dovuti ai consorzi di bonifica è dettato dall’art. 860 c.c., ove è stabilito che i proprietari dei beni situati entro il perimetro del comprensorio sono obbligati a contribuire nella spesa necessaria per l’esecuzione, la manutenzione e l’esercizio delle opere in ragione del beneficio che traggono dalla bonifica.
Anche del R.D. n. 215 del 1933, l’art. 10 (recante norme per la bonifica integrale) stabilisce che “Nella spesa delle opere di competenza statale che non siano a totale carico dello Stato sono tenuti a contribuire i proprietari degli immobili del comprensorio che traggono beneficio dalla bonifica, compresi lo Stato, le provincie ed i comuni per i beni di loro pertinenza”, disciplinando negli articoli successivi le modalità con cui vengono stabiliti i criteri di ripartizione tra i proprietari compresi nel perimetro di contribuenza.
La L.R. Lazio n. 4 del 1986, art. 11 prevede, poi, che i proprietari dei beni immobili che beneficiano dei servizi resi dalle opere di bonifica contribuiscono alle spese di esercizio e manutenzione delle opere di competenza regionale a norma del R.D. n. 215 del 1933 e della L. n. 991 del 1952 e successive modifiche ed integrazioni.
4.3. Questa Corte ha più volte affermato che il riferimento onnicomprensivo ai beni di “pertinenza” degli enti pubblici, contenuto nel R.D. n. 215 del 1933, art. 10 consente di ritenere anche i beni demaniali, assoggettabili, in linea di principio, al potere impositivo di un consorzio di bonifica, non ostandovi il loro regime giuridico rinvenibile nelle disposizioni del sopravvenuto codice civile – il cui art. 823 ne stabilisce semplicemente l’impossibilità di essere oggetto di negozi giuridici privatistici e la loro incommerciabilità – occorrendo, dunque, accertarsi, in concreto, se gli stessi, qualora inclusi nel perimetro consortile, traggano un vantaggio diretto e specifico dalle opere di bonifica, che sia funzionale ad un loro incremento di valore (v. Cass., Sez. 6-5, n. 22222 del 12/09/2018 e Cass., Sez. 5, 23 maggio 2014, n. 11466).
Non vi e’, infatti, alcuna ragione per ritenere che i beni demaniali o quelli appartenenti al patrimonio indisponile dello stato debbano avere un trattamento diversificato, che è espressamente escluso dal R.D. n. 215 del 1933, art. 10 non essendovi una norma di pari rango che preveda una qualche esenzione.
Sempre con specifico riferimento a beni demaniali compresi in un piano di classifica regolarmente approvato, questa Corte ha altresì chiarito – riguardo al riparto dell’onere della prova della sussistenza del beneficio che si traduca in una qualità del fondo – che spetta allo Stato, come ogni contribuente, contestare specificamente la legittimità del provvedimento ovvero il suo contenuto, fornendo gli elementi che dimostrino l’inesistenza di concreti benefici derivanti dalle opere consortili eseguite, nessun altro onere probatorio gravando altrimenti sul consorzio (cfr. Cass., Sez. 6-5, n. 22222 del 12/09/2018).
In via generale, infatti, il contribuente, anche se non ha impugnato innanzi al giudice amministrativo gli atti generali presupposti (cioè il perimetro di contribuenza, il piano di contribuzione ed il bilancio annuale di previsione del consorzio), riguardanti l’individuazione dei potenziali contribuenti e la misura dei relativi obblighi, può contestare, nel giudizio avente ad oggetto la cartella esattoriale dinanzi al giudice tributario, la legittimità della pretesa impositiva dell’ente, assumendo che gli immobili di sua proprietà non traggono alcun beneficio diretto e specifico dall’opera del consorzio. In tal caso, però, quando vi sia un piano di classifica, approvato dalla competente autorità, l’ente impositore è esonerato dalla prova del predetto beneficio, che si presume in ragione della comprensione dei fondi nel perimetro d’intervento consortile e dell’avvenuta approvazione del piano di classifica, salva la prova contraria da parte del contribuente (Cass., Sez. 5, n. 8079 del 23/04/2020).
4.4. Nel caso di specie, invece, la CTR, nonostante i beni fossero compresi nel perimetro di contribuenza e fosse stato approvato il piano di classifica, senza che il Demanio avesse operato alcuna specifica contestazione di ciò, ha posto a carico del Consorzio l’onere di provare l’esistenza di un vantaggio specifico, derivante dalle opere di bonifica, così invertendo l’onere probatorio come sopra descritto.
5. In conclusione, dichiarata inammissibile la prima censura e infondata la seconda censura del primo motivo, respinto il secondo motivo e accolto il terzo, la sentenza deve essere cassata nei limiti del motivo accolto, con rinvio della causa alla CTR del Lazio, in diversa composizione, perché operi gli accertamenti in fatto nel rispetto del riparto dell’onere della prova come sopra delineato.
6. La CTR provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte:
accoglie il terzo motivo di ricorso e, dichiarata inammissibile la prima censura e infondata la seconda censura del primo motivo, respinto il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto, con rinvio della causa, anche per la statuizione sulle spese del presente grado di giudizio, alla CTR del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 5 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021
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