LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI IASI Camilla – Presidente –
Dott. STALLA Giacomo – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –
Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso n. 28676/2017 promosso da:
Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via Banco di Santo Spirito 42, presso Gnosis Forense s.r.l., rappresentato e difeso dall’avv. Michele Di Fiore, in virtù di procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Lungotevere dei Mellini 17, presso lo studio dell’avv. Oreste Cantillo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avv. Guglielmo Cantillo, in virtù di procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 4899/10/17 della CTR della Campania, depositata l’01/06/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/05/2021 dal Consigliere REGGIANI ELEONORA;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale ALBERTO CARDINO;
letti gli atti del procedimento in epigrafe.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso presentato davanti alla CTP di Caserta, il Consorzio per l’Area di Sviluppo Industriale di Caserta (di seguito, Consorzio ASI) ha impugnato l’avviso di pagamento della somma di Euro 362.362,19 riguardante il contributo consortile per lo scarico di acque nei canali del Consorzio Generale di Bonifica del Bacino Inferiore del Volturno (di seguito, Consorzio Generale Bonifica) negli anni 2009-2014.
Il ricorso è stato rigettato dalla CTP e il giudice di appello ha confermato la decisione.
In particolare, il giudice del gravame ha ritenuto che le difese dell’ente impositore non aveva violato in divieto di mutatio libelli, avendo il Consorzio Generale di Bonifica semplicemente precisato che il Consorzio ASI era tenuto a corrispondere i contributi, perché era proprietario del collettore che convogliava le acque provenienti da fondi sopra menzionati negli scarichi consortili.
Avverso la sentenza della CTR, il Consorzio ASI ha proposto ricorso per cassazione, formulando quattro motivi di impugnazione.
Il Consorzio ASI ha resistito con controricorso.
Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, in data 14/04/2021, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il controricorrente ha depositato memoria difensiva in data 30/04/2021.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non avere la CTR rilevato che, nelle controdeduzioni di primo grado, l’ente impositore aveva inammissibilmente posto a fondamento della pretesa ragioni diverse da quelle indicate nell’atto impugnato.
In particolare, parte ricorrente ha rilevato che nell’avviso di pagamento si leggeva che il Consorzio ASI era tenuto a corrispondere i contributi consortili, in qualità di proprietario di fondi che convogliavano le acque negli scarichi consortili, mentre, nel corso del giudizio, veniva spiegato che l’obbligo di pagamento derivava dal fatto che il Consorzio ASI traeva vantaggio dalle opere idrauliche consortili, in qualità di proprietario della conduttura che convogliava le acque provenienti dai menzionati fondi nello scarico consortile.
Con il secondo motivo di ricorso, formulato in via subordinata per il caso di mancato accoglimento del primo, è dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere la CTR affermato che l’immissione degli scarichi nei canali di bonifica avveniva per il tramite di un manufatto riconducibile alla disponibilità del Consorzio ASI, ritenendo che non fosse contestato, se non in maniera generica e priva di riscontri, il presupposto del concreto beneficio degli immobili, mentre invece il ricorrente aveva sempre negato di trarre alcuna utilità dalle condutture consortili, rilevando anche che di ciò l’ente impositore non aveva fornito prova.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere la CTR ritenuto che lo scarico dei reflui avvenisse nei canali di bonifica denominati ***** e *****, travisando gli atti processuali, mentre invece la materia del contendere, delimitata dall’avviso di pagamento, riguardava il canale *****.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per avere la CTR ritenuto sussistente la legittimazione passiva del Consorzio ASI, pur non essendo proprietario dei fondi che, secondo l’ente impositore, scaricavano nel canale consortile, adottando una motivazione obiettivamente incomprensibile.
2. Occorre preliminarmente dichiarare l’inammissibilità per tardività della memoria difensiva del controricorrente, depositata telematicamente in data 30/04/2021, quando era già decorso il termine di dieci giorni prima dell’adunanza in Camera di consiglio, stabilito dall’art. 380 bis.1 c.p.c. (cfr., con riferimento alla memoria ex art. 378 c.p.c., Cass., Sez. 2, n. 19530 del 07/10/2005).
3. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
E’ infatti evidente che, con la censura sopra descritta, non è dedotta nessuna violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 7, pure menzionati nell’enunciazione del motivo.
La questione, come prospettata, non attiene alla motivazione dell’avviso impugnato, ma ai limiti dei poteri processuali dell’ente impositore, convenuto nel giudizio di impugnazione, e agli effetti della violazione di tali limiti sulla decisione adottata.
Tale vizio avrebbe dovuto essere fatto valere, non come violazione delle disposizioni sostanziali, che attengono all’obbligo di motivazione, ma come violazione di quelle processuali che regolano il processo tributario.
Il motivo, così come prospettato, pone il giudice di legittimità nella condizione di dovere ricercare la norma processuale che si assume violata, svolgendo un’attività esplorativa, che trascende le funzioni sue proprie, sostituendosi alla parte ricorrente (a ciò onerata) nel compito di formulare motivi specifici di censura.
Non si tratta solo di un errore nell’indicazione della disposizione che individua il motivo di ricorso per cassazione – e cioè il riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), invece che all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) – il quale è facilmente ravvisabile e può essere superato già in sede di lettura del ricorso, ma di una evidente incongruenza tra le norme asseritamente violate e l’illustrazione delle censure formulate.
Tale discordanza, impone un intervento additivo del giudice di legittimità, che non è consentito dalla legge (cfr. Sez. 3, n. 21099 del 16/09/2013).
4. Il primo motivo è comunque infondato.
Com’e’ noto, è regola fondamentale del diritto tributario quella secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che (anche se con sue specifiche caratteristiche) e’, pur sempre, giudizio d’impugnazione di un atto, sicché l’Ufficio finanziario, restandone le contestazioni adducibili in sede contenziosa circoscritte dalla motivazione dell’avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse da quelle definite dalla motivazione suddetta (cfr. Sez. 5, n. 6103 del 30/03/2016).
In altre parole, la motivazione dell’atto impugnato, ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’an ed il quantum della pretesa tributaria, al fine di approntare una idonea difesa.
Nel caso di specie, l’ente impositore, nel corso del giudizio, non ha posto a fondamento della pretesa, ragioni diverse da quelle che hanno giustificato l’avviso di pagamento, ma le ha solo precisate.
Dalla lettura della sentenza impugnata e dalle allegazioni contenute negli atti di entrambe le parti del presente giudizio di legittimità, che riportano il contenuto dell’atto, si evince con chiarezza che al ricorrente, non proprietario di fondi appartenenti al comprensorio di bonifica, è stato richiesto il pagamento dei contributi, in qualità di utilizzatore degli scarichi consortili.
In particolare, il Consorzio ASI è stato indicato come proprietario di fondi le cui condutture scaricano nel canale *****.
Nel proporre l’originaria impugnazione, il Consorzio ASI ha contestato la propria legittimazione passiva, deducendo di non essere tenuto al pagamento dei contributi, perché non era proprietario di nessuno dei fondi indicati nell’avviso, avendoli ceduti a vari imprenditori, nel conseguimento delle proprie finalità istituzionali.
L’ente impositore, costituitosi in giudizio, ha dedotto che il Consorzio ASI era comunque tenuto al pagamento dei contributi perché, pur non essendo proprietario dei fondi da cui provenivano le acque convogliate nelle condutture consortili, era comunque proprietario di un canale recettore delle acque che, poi, conduceva tali acque negli scarichi consortili.
Per tale fatto, il Consorzio Generale di Bonifica ha ritenuto il ricorrente tenuto ugualmente al pagamento dei contributi richiesti, perché traeva comunque vantaggio dagli scarichi consortili, dato che il suo collettore convogliava le acque provenienti dai fondi sopra menzionati.
E’ evidente che, nell’effettuare tali allegazioni, l’ente impositore non ha posto a fondamento un titolo costitutivo diverso della pretesa avanzata – trattandosi sempre di utilizzazione degli indicati scarichi consortili per riversare acqua proveniente dagli stessi fondi menzionati nell’avviso – operando solo la precisazione che il ricorrente non era proprietario di tali fondi, da cui proveniva l’acqua, bensì solo dello scarico in cui confluiva quest’acqua, per essere portata nelle condutture consortili.
Non è stato, dunque, prospettato un titolo costitutivo della pretesa diverso da quello rappresentato nell’avviso di pagamento (come può accedere, ad esempio, nel caso in cui sia dedotta la presenza dei fondi di proprietà dell’obbligato nel perimetro del consorzio, e non più la mera utilizzazione degli scarichi consortili), essendo intervenuta solo una precisazione, che non amplia la materia del contendere introdotta con l’impugnazione dell’atto impositivo ma, anzi, la restringe.
5. Il secondo motivo di impugnazione è fondato.
5.1. Com’e’ noto, ove il giudice affermi che un fatto è esistente o provato, perché incontroverso o pacifico (e, quindi, non discusso), tale punto della decisione non può essere censurato in termini di vizio della motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, potendosi piuttosto configurare una violazione (tra l’altro) dell’art. 115 c.p.c., come nella specie formulata (cfr. Sez. 2, n. 2674 del 18/10/2018).
5.2. La questione prospettata con la censura formulata attiene alla correttezza della decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto incontestato che il collettore del Consorzio ASI conduca l’acqua proveniente dai fondi in questione nello scarico *****.
Si deve subito rilevare che, tra i motivi dell’originario ricorso, il Consorzio ASI risulta avere dedotto il proprio difetto di legittimazione passiva in ordine alla richiesta di pagamento dei contributi, in ragione del fatto che non traeva alcun vantaggio dagli scarichi consortili, in particolare perché non era più proprietario dei beni dai quali l’ente impositore, nell’avviso impugnato, aveva indicato che provenisse l’acqua raccolta negli scarichi consortili (v. p. 5 del ricorso per cassazione e p. 3 del controricorso).
Il giudice di primo grado, aderendo alle difese dell’ente impositore, ha ritenuto che, per essere tenuto al pagamento dei contributi, non era necessaria la proprietà dei fondi dai quali originavano le acque che confluivano negli scarichi consortili, essendo sufficiente che il Consorzio ASI fosse proprietario del collettore, che riversava tali acque nei menzionati scarichi consortili dopo averle raccolte (v. p. 2 della sentenza impugnata).
Il Consorzio ASI ha, quindi, proposto appello, ribadendo di non essere il proprietario né l’utilizzatore dei fondi sopra menzionati e di non trarre alcun vantaggio dagli scarichi consortili, aggiungendo che l’ente impositore non aveva fornito la prova del presupposto dell’imposizione, e cioè che lo stesso Consorzio ASI utilizzasse tali scarichi, circostanza che veniva espressamente negata (p. 7 del ricorso introduttivo e p. 3-4 del controricorso).
La CTR ha, invece, ritenuto incontestato che l’immissione degli scarichi consortili avvenisse per il tramite di un manufatto riconducibile alla disponibilità del Consorzio ASI (p. 5 della sentenza impugnata).
Dalla lettura delle allegazioni del ricorrente, contenute nell’atto di appello (suscettibili di essere esaminate dal giudice di legittimità, in ragione della censura formulata), e riportate anche dal controricorrente, si evince che il Consorzio ASI ha dedotto che le imprese proprietarie dei fondi in questione non fruivano della rete di raccolta delle acque piovane che convogliava nei canali del Consorzio Generale di Bonifica, ma scaricavano nel collettore del Consorzio ASI (p. 12 del controricorso, che rinvia alla p. 14 dell’atto di appello).
Tale affermazione, ovviamente, non comporta anche l’ammissione che il collettore del Consorzio ASI convogliasse acqua negli scarichi del consorzio (e non altrove).
Anzi, nell’atto di appello del ricorrente, risulta allegato il contrario, tenuto conto che quest’ultimo ha dedotto che le acque meteoriche provenienti dai fondi menzionati non utilizzavano il collettore ***** di proprietà dell’ente impositore e che quest’ultimo non ne aveva provato l’utilizzazione da parte del Consorzio ASI o dei proprietari dei fondi in questione (v. ancora p. 14 dell’atto di appello).
5.3. Non può darsi rilievo a quando dedotto dalla controricorrente, in ordine alla tardività dell’eccezione, formulata in appello, sull’assenza di prova dell’utilizzazione degli scarichi consortili da parte del Consorzio ASI.
La questione oggetto del motivo d’impugnazione è diversa e attiene alla sussistenza o meno della non contestazione in ordine al convogliamento delle acque provenienti dai fondi sopra descritti negli scarichi consortili per il tramite del collettore del Consorzio ASI. E, come sopra evidenziato, se è incontestato che in questo collettore giungano le acque dei fondi in questione, è invece contestato che poi questo collettore convogli l’acqua nel canale *****.
6. L’esame degli ulteriori motivi di impugnazione si rivela superfluo a seguito dell’accoglimento del secondo motivo di ricorso, dovendo pertanto ritenersi assorbiti.
7. All’accoglimento del secondo motivo di ricorso segue la cassazione della sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio della causa alla CTR della Campania, in diversa composizione, perché operi l’accertamento in fatto in ordine all’effettiva utilizzazione da parte del Consorzio ASI del canale di *****.
8. La CTR provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
PQM
La Corte:
accoglie il secondo motivo di ricorso e, rigettato il primo, assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata, nei limiti del motivo accolto, con rinvio della causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, mediante collegamento “da remoto”, il 5 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021
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