Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.26895 del 05/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALSAMO Milena – Presidente –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. MELE Maria Elena – rel. Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2766/2018 R.G. proposto da:

COMUNE DI VAREDO, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Anna Maria Scrascia, con domicilio eletto in Roma, via Montesanto, n. 10/A, presso lo studio dell’Avv. Silvana Durante;

– ricorrente –

contro

M.D.M.C., M.D.M.F. E M.D.M.M., rappresentate e difese dall’Avv. Andrea Manzi, Marco Luigi di Tolle, Adriano Pilia, con domicilio eletto in Roma, via Confalonieri, n. 5, presso lo studio dell’Avv. Andrea Manzi;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 4317/2017 depositata il 27 ottobre 2017.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 19 maggio 2021 dal Consigliere Maria Elena Mele.

RITENUTO

che:

M.d.M.C., M.d.M.F. e M.d.M.M. proponevano ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano avverso il dinego di rimborso, opposto dal Comune di Varedo, delle somme da esse versate per ICI/IMU in relazione ad alcuni terreni di loro proprietà per gli anni 2012- 2013. Le contribuenti sostenevano che a tali terreni erano riconosciuti solo diritti edificatori perequativi che non potevano essere sfruttati in loco e che, comunque, per effetto della programmazione territoriale regionale, era venuta meno ogni possibilità di edificazione in quanto le aree erano state vincolate alla realizzazione dell’invaso del fiume *****.

Il Comune contestava tale prospettazione deducendo che solo uno dei terreni (quello di cui al Foglio n. *****, mappale *****) era stato interessato da esproprio per la realizzazione di detta opera, mentre le altre aree erano destinate dal PGT “a verde” o ad “area di riqualificazione ambientale” cui lo strumento urbanistico aveva riconosciuto un indice perequativo di 0,1 mq/mq.

La CTP accoglieva il ricorso ritenendo che le aree delle contribuenti fossero state espropriate e che pertanto non esisteva alcuna possibilità edificatoria.

Avverso tale pronuncia il Comune proponeva appello avanti alla Commissione tributaria regionale della Lombardia che lo rigettava, affermando che le aree delle contribuenti erano qualificate come aree “a verde ambientale” le quali, ai sensi del Piano delle regole del Comune, art. 34, comma 4, potevano essere acquisite dall’amministrazione comunale, ovvero espropriate o oggetto di convenzione con il proprietario per garantirne la fruizione pubblica. Ad esse, pertanto, si applicava l’istituto della compensazione urbanistica di cui alla L.R. Lombardia n. 12 del 2005, art. 11, comma 3, dovendosene escludere l’edificabilità e dunque l’assoggettabilità a ICI.

Il Comune di Varedo ha proposto ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione di tale sentenza.

Le contribuenti hanno resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del Piano delle regole del Comune di Varedo, art. 34, comma 4, nonché violazione e falsa applicazione della L.R. della Lombardia n. 11 del 2005, art. 11.

Il Comune rileva, innanzitutto, che i terreni delle contribuenti erano destinati ad “area a verde” o ad “area di riqualificazione ambientale” alle quali, in sede di pianificazione, era stato riconosciuto l’indice perequativo di 0,1 mq/mq. Un solo terreno era stato interessato dalla realizzazione di un’opera pubblica, dell’invaso di laminazione del *****.

Ciò posto, secondo il ricorrente la motivazione della sentenza impugnata sarebbe errata perché basata su norme regolamentari in realtà non vigenti nel Comune, avendo il giudice d’appello erroneamente richiamato le disposizioni del Comune di Fermo. Nel PGT del Comune di Varedo le aree destinate a “verde” non sarebbero sottoposte a vincolo espropriativo, ma godrebbero di un indice perequativo. Per tale motivo, la CTR avrebbe fatto applicazione di una disposizione regionale inconferente, in quanto relativa all’istituto della compensazione urbanistica di cui alla L.R. n. 11 del 2005, art. 11, comma 3, mentre nella specie rileverebbe il diverso istituto della perequazione urbanistica disciplinato dal citato art. 11, comma 2.

La perequazione, a differenza della compensazione, non prevede l’apposizione di un vincolo pre-espropriativo sulle aree destinate a servizi pubblici, ma prevede che i proprietari dei tali aree possano cedere gratuitamente tali aree al Comune e che l’indice di edificabilità di tale terreno possa essere sfruttato su aree diverse del territorio. In sostanza, secondo il ricorrente, il terreno oggetto di trasferimento all’Amministrazione sviluppa una volumetria propria che però può essere realizzata solo sulle aree su cui deve concentrarsi l’edificabilità. Pertanto, le aree delle contribuenti, rientrando in tale previsione, non sarebbero private della potenzialità edificatoria, in quanto verrebbe loro attribuito un indice edificatorio da “investire” in altro luogo e perciò avrebbero potenzialità economica, sicché sarebbero soggette ad ICI/IMU.

Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa valutazione della sussistenza del vincolo pre-espropriativo con esclusivo riferimento al terreno di cui al mappale *****, foglio *****, e non a tutte le aree oggetto dell’istanza di rimborso proposta dalle ricorrenti.

Il giudice d’appello avrebbe ritenuto che tutti i terreni oggetto dell’atto impugnato sarebbero soggetti a vincolo espropriativo senza considerare che il Comune aveva dedotto in appello che detto vincolo concerneva esclusivamente il terreno di cui al mappale *****, foglio *****, e che comunque esso non precludeva la possibilità di cessione gratuita al Comune di tale area con acquisizione dei diritti edificatori.

Il primo motivo è fondato.

La questione prospettata dal ricorrente attiene alla qualificabilità delle aree delle contribuenti come edificabili o meno ai fini della applicazione dell’ICI.

In proposito questa Corte ha affermato che, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 203 del 2005, art. 11 quaterdecies, comma 16, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2005, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, dev’essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. Si ritiene, infatti, che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica sia sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. f). Nella determinazione della base imponibile, è tuttavia necessario tener conto della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio (Cass., Sez. 5, n. 6702 del 10/03/2020; Sez. un., n. 25506 del 2006).

Si è altresì precisato che deve escludersi la natura edificabile di un’area che tale sia in base al PRG, ma per la quale il piano paesaggistico regionale preveda vincoli di inedificabilità assoluti (Cass., Sez. 5, n. 34242 del 20/12/2019; n. 33012 del 14/12/2019).

Nella specie, il giudice d’appello ha escluso l’assoggettabilità ad IMU delle aree delle contribuenti sulla considerazione che, trattandosi di aree destinate a “verde ambientale”, in forza del Piano delle regole, art. 34, comma 4, ad esse si applicherebbe la L.R. Regione Lombardia, art. 11, comma 3, che stabilisce che possano essere acquisite dall’Amministrazione comunale o espropriate, trovando applicazione in tal caso l’istituto della compensazione urbanistica.

Il Comune, tuttavia, ha dedotto che solo una delle aree interessate è (rectius era) soggetta a vincolo espropriativo (successivamente, peraltro, venuto meno). Tale circostanza non è stata smentita dalle contribuenti.

Le aree restanti risultano destinate ad “area verde” o ad “area di riqualificazione ambientale” e per queste il PGT del Comune ha riconosciuto l’indice perequativo dei 0,1 mq/mq.

Erra, pertanto, la CTR nel fondare la propria decisione sulla L.R. n. 12 del 2005, art. 11, comma 3, in quanto esso disciplina il diverso istituto della compensazione urbanistica, laddove invece, nella specie, viene in rilievo un’ipotesi di perequazione urbanistica.

Le Sezioni unite di questa Corte, nella sentenza n. 23902 del 29/10/2020, hanno chiarito che compensazione e perequazione urbanistica costituiscono istituti tra loro diversi. Si è infatti affermato che “mentre il diritto edificatorio di origine perequativa viene riconosciuto al proprietario del fondo come una qualità intrinseca del suolo (che partecipa fin dall’inizio di un indice di edificabilità suo proprio, così come prestabilito e ‘spalmatò all’interno di un determinato ambito territoriale di trasformazione), il diritto edificatorio di origine compensativa deriva dall’adempimento di un rapporto sinallagmatico in senso lato, avente ad oggetto un terreno urbanisticamente non edificabile, ristorato con l’assegnazione al proprietario di un quid volumetrico da spendere su altra area. Nel caso del diritto edificatorio di origine compensativa, particolarmente evidente è la progressività dell’iter perfezionativo della fattispecie, dal momento che quest’ultima si articola – seguendo la metafora aviatoria utilizzata in materia dagli urbanisti – in una fase (o area) di ‘decollò, costituita dall’assegnazione del titolo volumetrico indennitario al proprietario che ha subito il vincolo; di una fase (o area) di ‘atterraggiò, data dalla individuazione ed assegnazione del terreno sul quale il diritto edificatorio può essere concretamente esercitato; di una fase di ‘volò rappresentata dall’arco temporale intermedio durante il quale l’area di atterraggio ancora non è stata individuata, e pur tuttavia il diritto edificatorio è suscettibile di circolare da sé”.

La Corte ha, altresì, precisato che “Nel caso dell’urbanistica perequativa, si ha distribuzione paritetica e proporzionale – tra tutti i proprietari di un determinato ambito territoriale o lotto – tanto del vantaggio costituito dalla edificabilità, quanto dell’onere di contribuzione ai costi di riqualificazione, urbanizzazione e realizzazione di aree a servizi di pubblica utilità o verde. In questo modo, a tutti i suoli dell’ambito territoriale di intervento viene riconosciuto un valore edificatorio costante, indipendentemente dalla effettiva e specifica collocazione, all’interno di esso, dei fabbricati assentiti; collocazione che, stante appunto l’effetto distributivo-perequativo, risulta in definitiva indifferente per i singoli proprietari, i cui terreni saranno comunque destinatari di una quota uguale di edificabilità”.

Nel caso invece della compensazione urbanistica viene attribuito al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area di proprietà pubblica o privata che può essere individuata anche successivamente, a fronte della cessione gratuita dell’area oggetto di trasformazione urbanistica, ovvero della imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta, o preordinato all’esproprio. In tal caso, il diritto edificatorio viene assegnato solo all’esito della cessione dell’area o dell’imposizione del vincolo.

Proprio per tali caratteristiche, le Sezioni unite hanno affermato che solo l’urbanistica perequativa “e’ avulsa da qualsiasi obiettivo restitutorio di una originaria edificabilità, si produce direttamente e preventivamente dal piano urbanistico (e non in contropartita della specifica assegnazione o cessione volontaria dell’area al Comune come nel caso di compensazione) e comporta la generalizzata, preordinata e diffusa attribuzione di un indice perequativo con effetto diretto sul terreno interessato in quanto facente parte del comparto di intervento”. Inoltre, “solo nella perequazione l’indice di edificabilità viene attribuito ‘al fondò divenendo una qualità intrinseca di questo, e solo nella perequazione la fattispecie di edificabilità può dirsi perfetta fin dall’origine, non necessitando di successiva individuazione ed effettiva assegnazione di aree surrogatorie di atterraggio”.

E’ su questi presupposti, che la giurisprudenza di legittimità ha affermato la tassabilità dei terreni oggetto di perequazione urbanistica ai fini ICI, stante la rilevanza, dal punto di vista tributario, della mera potenzialità edificatoria. Potenzialità che è da ravvisarsi nella attribuzione di un indice perequativo costante di edificabilità ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque nell’area interessata dal piano di intervento (Sez. un. cit.; n. 27575 del 2018; 15693 del 2017. Adde Sez. 6-5 n. 15312 del 2021).

Diversamente, nel caso della compensazione urbanistica, ove “si assiste alla massima volatilità dello ius aedificandi rispetto alla proprietà del suolo”, si è esclusa l’imponibilità ai fini ICI, come area edificabile, del terreno dal quale origina il diritto edificatorio compensativo. Questo, infatti, “non ha natura reale, non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso”.

Pertanto, il giudice di appello ha fatto malgoverno dei principi enunciati non avendo accertato quali delle aree di proprietà delle contribuenti fossero state oggetto di esproprio, quali fossero sottoposte dal PGT del Comune a vincolo preordinato all’esproprio e dunque oggetto di compensazione urbanistica, come tali non imponibili ai fini ICI, e quali, invece, fossero oggetto di perequazione urbanistica.

Il secondo motivo è assorbito.

In conclusione, il primo motivo di ricorso può essere accolto, con assorbimento del secondo, e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla CTR la quale dovrà verificare quali aree siano state oggetto di esproprio o sottoposte a tale vincolo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa e rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale effettuata da remoto, il 19 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

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