LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3926-2019 proposto da:
B.M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO STORACE, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
MINISTERO ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, *****, in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELLA SALUTE, *****, in persona del Ministro pro tempore, MINISTERO DELL’ECONOMIA e FINANZE, *****, in persona del Ministro pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1808/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 26/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2009 B.M.C., intervenendo in un giudizio già pendente dinanzi al Tribunale di Venezia, chiese la condanna della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica, del Ministero della Salute e del Ministero dell’economia (che in quel giudizio avevano la veste di convenuti) al risarcimento del danno, esponendo che:
-) dopo avere conseguito la laurea in medicina, si era iscritta alla scuola di specializzazione in Geriatria e gerontologia, frequentandola dal 1985 al 1989 e conseguendo il relativo diploma;
-) durante il periodo di specializzazione non aveva percepito alcuna remunerazione o compenso da parte della scuola stessa;
-) le Dir. comunitarie n. 75/362/CEE e Dir. n. 75/363/CEE, così come modificate dalla Dir. n. 82/76/CEE, avevano imposto agli Stati membri di prevedere che ai frequentanti le scuole di specializzazione fosse corrisposta una adeguata retribuzione;
-) l’Italia aveva dato tardiva e parziale attuazione a tali direttive solo con la L. 8 agosto 1991, n. 257.
Concluse pertanto chiedendo la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento del danno sofferto in conseguenza della tardiva attuazione delle suddette direttive.
2. Con sentenza 17.6.2015 n. 2093 il Tribunale di Venezia rigettò la domanda, sul presupposto che quella in “Geriatria” era una specializzazione non inclusa nell’elenco di cui alla Dir. n. 362 del 1975, art. 7, punto 2, e di conseguenza non sussisteva l’obbligo per lo Stato di prevedere la remunerazione di quanti avessero frequentato la relativa scuola.
La sentenza venne appellata dalla soccombente.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 26 giugno 2018 n. 1808 rigettò il gravame.
La Corte d’appello ritenne che:
-) la questione dell’estraneità della specializzazione in geriatria all’ambito applicativo delle direttive comunitarie costituiva un’eccezione in senso lato, come tale rilevabile anche d’ufficio;
-) la specializzazione in geriatria, ai sensi della Dir. n. 362 del 1975, art. 7, punto 2, rientrava per quelle fra le quali il riconoscimento reciproco del relativo titolo da parte degli Stati membri non era automatico. Essa infatti risultava reciprocamente riconosciuta solo per l’Irlanda ed il Regno Unito, ma non per l’Italia. Sicché, concluse la Corte d’appello, avendo l’appellante conseguito una specializzazione non compresa nell’elenco di cui alla Dir. n. 362 del 1975, art. 7, il relativo corso sfuggiva alla previsione dell’obbligo di remunerazione in favore dei frequentanti.
3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da B.M.C. con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Istruzione, il Ministero della Salute ed il Ministero dell’Economia hanno resistito con un controricorso unitario.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di nullità processuale.
La ragione del giudizio, secondo la ricorrente, sarebbe duplice.
1.1. Da un lato la ricorrente invoca il vizio di extrapetizione, sostenendo che il giudice di merito non avrebbe potuto rilevare d’ufficio il difetto di equipollenza tra la specializzazione da lei conseguita e quelle comuni ad almeno due Stati membri.
Deduce, al riguardo, che né in primo grado, né in grado di appello, le amministrazioni convenute avevano mai eccepito la suddetta circostanza nei confronti di B.M.C..
1.2. Dall’altro lato la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 115 c.p.c..
Sostiene che le amministrazioni convenute non avevano mai contestato i presupposti di fatto del diritto da lei vantato, presupposti che pertanto dovevano darsi per ammessi in virtù del principio di non contestazione di cui all’art. 115 c.p.c..
1.3. La prima delle suesposte censure è infondata.
E’ principio generale del nostro ordinamento che siano rilevabili d’ufficio tutte le eccezioni che la legge non riservi espressamente all’iniziativa di parte (così già la fondamentale decisione pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 1099 del 03/02/1998, in motivazione); principio ribadito ancora di recente da Sez. U, Ordinanza interlocutoria n. 10531 del 07/05/2013.
A questo principio non sfugge l’eccezione di estraneità del diploma di specializzazione conseguito in Italia dalla ricorrente all’ambito applicativo della Dir. n. 362 del 1975 (Sez. 3, Ordinanza n. 8376 del 29.4.2020).
1.4. La seconda delle suesposte censure è inammissibile per difetto di rilevanza.
Il diritto alla remunerazione per i frequentanti i corsi di specializzazione in medicina è accordato dall’ordinamento comunitario soltanto a coloro che avessero frequentato i corsi previsti dalla Dir. n. 362 del 1975, e cioè i corsi comuni a tutti gli stati membri, o ad almeno due di questi.
Per stabilire se un corso di specializzazione sia comune ad almeno due Stati membri, tuttavia, soccorrono due diversi criteri: quello nominale e quello sostanziale (o di “equipollenza”).
Il primo criterio è soddisfatto quando la specializzazione conseguita in Italia corrisponda nominalmente a quelle elencate dalla Dir. n. 362 del 1975, agli artt. 5 e 7.
Il secondo criterio è soddisfatto quando, a prescindere dalla denominazione del corso di specializzazione, esso abbia contenuti, durata e caratteristiche equipollenti in almeno due Stati membri.
Ovviamente il primo di tali criteri pone una questione unicamente il diritto, il secondo di tali criteri pone una questione mista di fatto e diritto.
Nel caso di specie la Corte d’appello non ha compiuto alcun accertamento di fatto sulla equipollenza sostanziale tra la specializzazione conseguita dall’odierno ricorrente, e le analoghe specializzazioni previste dagli ordinamenti di almeno un altro Stato membro. Si è limitata, infatti, a rigettare la domanda limitandosi ad un criterio puramente formale, e cioè l’estraneità della specializzazione in geriatria alla previsione di cui alla Dir. n. 362 del 1975, art. 7, punto 2.
Ciò posto in facto, rileva questa Corte che il principio di non contestazione è una regola di delimitazione dei fatti che formeranno oggetto del thema probandum. Esso non concerne invece le questioni di diritto, né potrebbe riguardarle, alla luce del principio jura novit curia.
Nel caso di specie, la Corte d’appello come già detto ha rigettato la domanda proposta da B.M.C. per una ragione esclusivamente in iure, e cioè la non inclusione della specializzazione in Geriatria nell’elenco di cui alla Dir. n. 362 del 1975, art. 7, punto 2. Una statuizione, dunque, rispetto alla quale non era vincolante per il giudice la non contestazione da parte dei convenuti.
2. Col secondo motivo la ricorrente lamenta il rigetto della domanda risarcitoria, nonostante la specializzazione da lei conseguita (geriatria) fosse compresa nell’elenco di cui alla Dir. n. 362 del 1975, art. 7.
Deduce la ricorrente che il diritto alla adeguata rimunerazione a favore dei medici specializzandi (e, di conseguenza, il diritto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato per la mancata tempestiva attuazione delle direttive comunitarie che avevano riconosciuto quel diritto) spetta non soltanto a coloro che abbiano conseguito un diploma nominalmente corrispondente a quelli elencati dalla Dir. n. 362 del 1976, art. 7, ma anche a coloro che abbiano conseguito un diploma di specializzazione in una materia sostanzialmente equivalente a quella prevista dall’ordinamento di almeno due Stati membri.
2.1. Il motivo è fondato.
La Corte d’appello ha ritenuto che il risarcimento non spettasse all’odierna ricorrente sulla base di due argomenti:
a) la specializzazione in “geriatria”, all’epoca in cui la relativa scuola fu frequentata da B.M.C., era comune a Gran Bretagna e Irlanda, “ma non all’Italia”;
b) nemmeno poteva rilevare la circostanza che la scuola frequentata da B.M.C. fosse equivalente di fatto (e cioè per impegno orario, durata, insegnamenti impartiti) a quelle omologhe dagli ordinamenti di altri Stati membri, in quanto tale equivalenza di fatto sarebbe giuridicamente rilevante solo per le specializzazioni previste dal D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257, insuscettibile di applicazione retroattiva.
2.2. Ambedue le suddette affermazioni non possono essere condivise. Quanto alla prima affermazione, occorre innanzitutto ricordare qual sia l’oggetto del presente giudizio: non il riconoscimento d’un titolo, ma il risarcimento del danno subito da persona che, allegando di avere diritto a percepire un compenso per previsione del diritto comunitario, non lo ricevette.
L’oggetto dell’accertamento demandato al giudice di merito non consisteva, quindi, soltanto nello stabilire se la specializzazione conseguita dalla ricorrente fosse o non fosse inclusa negli elenchi di cui alla Dir. n. 362 del 1976, art. 7.
Oggetto dell’accertamento sarebbe dovuto essere l’ipotizzare, con giudizio controfattuale, cosa sarebbe accaduto se, in presenza di una tempestiva attuazione della Dir. n. 76 del 1981 da parte dell’Italia, B.M.C. si fosse iscritta alla scuola di specializzazione in geriatria.
Il successivo passaggio sarebbe dovuto essere l’accertare:
a) se la scuola frequentata da B.M.C., per gli insegnamenti impartiti, la durata, l’impegno orario, le esercitazioni richieste, fosse equipollente alla specializzazione, comunque denominata, prevista dagli ordinamenti accademici di almeno un altro Stato membro dell’Unione;
b) se le caratteristiche della scuola rispondevano ai requisiti minimi dettati dalla Dir. n. 362 del 1976, Allegato 1, punto 1, come introdotto dalla Dir. n. 76 del 1981.
In presenza del positivo accertamento dei due requisiti di cui sopra, la scuola frequentata in Italia da B.M.C. avrebbe soddisfatto i due requisiti richiesti dal diritto comunitario per il riconoscimento e, con esso, per attribuire ai frequentanti il diritto alla remunerazione.
2.3. Tali principi sono stati affermati alle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza n. 29345 del 16/12/2008, Rv. 605944 – 01), e da allora sono rimasti indiscussi.
Giova ricordare che la sentenza da ultimo citata aveva ad oggetto un caso molto simile al nostro: anche in quel caso, infatti, l’attore aveva conseguito una specializzazione in materia (“medicina di comunità”) riconosciuta formalmente solo dall’Irlanda e dal Regno Unito, e come tale elencata nella Dir. n. 362 del 1976, art. 7.
Accolta la domanda risarcitoria da parte del giudice di merito, l’Amministrazione aveva impugnato tale decisione, sostenendo che nessuna norma interna prevedesse, all’epoca dei fatti, l’equivalenza tra la specializzazione suddetta e quelle previste da altri Stati membri.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno tuttavia rigettato tale impugnazione, affermando un principio conforme a logica ed equità, prima ancora che a diritto: e cioè che lo Stato, il quale attese quattordici anni prima di dare parziale attuazione alla Dir. n. 362 del 1976, non potrebbe pretendere di sottrarsi alle proprie responsabilità facendosi scudo addirittura della propria negligenza.
Se, dunque, tra il 1976 ed il 1991 i dicasteri competenti non adottarono alcun provvedimento espresso per stabilire l’equipollenza tra le specializzazioni offerte dalle università italiane e quelle elencate dalla Dir. n. 362 del 1976, art. 7, tale circostanza non può ritorcersi in danno di coloro che incolpevolmente dovettero subire le conseguenze di una così lunga accidia normativa.
Pertanto, conclusero le Sezioni Unite nella sentenza sopra ricordata, non può pretendersi da parte dell’Amministrazione che il diritto alla remunerazione in favore degli iscritti a scuole di specializzazione che soddisfino i requisiti di cui alla Dir. n. 362 del 1976, Allegato 1, possa restare subordinato alla tempestiva adozione di un atto amministrativo, il quale stabilisca quali scuole siano “equipollenti” a quelle previste dalla Dir., art. 7, e quali no. Quel che unicamente rileva, ai fini del risarcimento del danno, è che l’attore deduca e dimostri di avere frequentato con successo una scuola di specializzazione i cui insegnamenti ed il cui impegno orario erano coincidenti di fiato con quelli delle scuole previste dalla Dir., artt. 5 e 7.
2.4. Nessun pregio, infine, può avere la circostanza – ritenuta invece decisiva dalla sentenza d’appello – che i fatti di causa siano anteriori all’emanazione del D.Lgs. 8 agosto 1991, n. 257.
Trattasi, infatti, di questione non pertinente.
Il d.Lgs. n. 257 del 1991 cit. è la norma che:
a) attribuì il diritto alla remunerazione (borsa di studio) agli specializzandi;
b) stabilì l’obbligo del “tempo pieno” per gli specializzandi;
c) delegò al Ministro dell’Università il compito di stilare e tenere aggiornato l’elenco delle scuole di specializzazione, stabilendo quali fossero equipollenti a quelle previste dagli altri Stati membri.
Orbene, pretendere che prima dell’emanazione di tale decreto nessuna remunerazione (e, di conseguenza, nessun risarcimento) spetti a coloro che avevano frequentato scuole di specializzazione equipollenti di fatto a quelle previste in almeno altri due Stati membri è conclusione che trascura la natura comunitaria del diritto alla remunerazione.
La natura incondizionata di quel diritto, infatti, esclude che la sua soddisfazione o, almeno, la risarcibilità della sua lesione, possano restare subordinate sine die a scelte discrezionali dell’amministrazione (così Sez. U, Sentenza n. 2203 del 04/02/2005, Rv. 578981 – 01, con riferimento al problema della giurisdizione, ma lo schema argomentativo è ovviamente applicabile anche al caso di specie).
2.5. Gioverà ricordare, da ultimo, che l’equipollenza della specializzazione in geriatria a quelle previste da almeno due Stati membri è stata già riconosciuta da questa Corte con le decisioni pronunciate da Sez. 3, Ordinanza n. 20094 del 25.7.2019; Sez. 3, Ordinanza n. 28522 del 8.11.2018, e Sez. L, Sentenza n. 17434 del 2.9.2015.
2.6. Il motivo in esame va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio.
Il giudice di rinvio tornerà ad esaminare il gravame proposto da B.M.C. applicando il seguente principio di diritto: “ha diritto ad essere risarcito del danno derivante dalla mancata attuazione della Dir. n. 362 del 1975, chi abbia frequentato, prima del 1991, una scuola di specializzazione istituita da una università italiana la quale, pur non essendo inclusa formalmente nella Dir. n. 362 del 1975, art. 7, punto 2, sia sostanzialmente equipollente alla specializzazione prevista dagli ordinamenti di almeno due Stati membri e contemplata dalla suddetta Dir. n. 362 del 1975, art. 7”.
3. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.Q.M.
(-) rigetta il primo motivo di ricorso;
(-) accoglie il secondo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021