Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.26999 del 05/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6038-2019 proposto da:

I.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato RENATO CLARIZIA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONIO MUSIO;

– ricorrente –

LOTTERIE NAZIONALI SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 133, presso lo studio dell’avvocato ANDREA GIUSSANI, che la rappresenta e difende, unitamente all’avvocato ARTURO LEONE;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente al ricorso incidentale –

– ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 913/2018 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE, depositata il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2015 I.S. convenne dinanzi al Giudice di pace di Mercato San Severino la società Lotterie Nazionali s.r.l. e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (la circostanza che quest’ultima amministrazione sia stata convenuta risulta dagli atti, sebbene la sentenza impugnata non ne dia conto), esponendo:

-) di avere acquistato vari tagliandi per la partecipazione alle lotterie istantanee (c.d. “gratta e vinci”) denominate “*****” e “*****”, per l’importo complessivo di Euro 2.490;

-) che i tagliandi di partecipazione alle suddette lotterie istantanee erano privi dell’avvertimento relativo alle probabilità di vincita del gioco, previsto dal D.L. n. 158 del 2012, art. 7, comma 5;

-) che in mancanza di quell’avvertimento, l’acquisto del tagliando doveva ritenersi nullo, o quanto meno annullabile per dolo determinante ai sensi dell’art. 1439 c.c..

Chiese pertanto che fosse dichiarata la nullità del contratto di acquisto dei suddetti tagliandi o in subordine fosse annullato, con condanna degli enti convenuti alla restituzione del prezzo.

In ulteriore subordine, l’attore chiese il risarcimento del danno per violazione della buona fede precontrattuale, ai sensi dell’art. 1337 c.c..

2. Ambedue gli enti convenuti si costituirono chiedendo il rigetto della domanda.

Con sentenza 24 marzo 2016 n. 246 il Giudice di pace di Mercato San Severino accolse la domanda.

La sentenza venne appellata dalla Lotterie Nazionali s.r.l. e dall’Agenzia delle Dogane.

Con sentenza 20 luglio 2018 n. 913 il Tribunale di Nocera inferiore accolse il gravame e rigettò la domanda, compensando le spese di lite. Il Tribunale ritenne che:

-) l’obbligo di informativa introdotto dal D.L. n. 158 del 2012, art. 7, non è previsto a pena di nullità del contratto di acquisto del tagliando di partecipazione alle lotterie istantanee;

-) in ogni caso l’attore non aveva affatto dimostrato che, se sul tagliando fosse stato stampato il suddetto avviso, egli non avrebbe concluso il contratto; doveva invece supporsi il contrario, dal momento che questi aveva acquistato più di 400 tagliandi.

3. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da I.S. con ricorso fondato su tre motivi.

Hanno resistito con controricorso sia la Lotterie Nazionali, sia l’Agenzia delle Dogane, ambedue proponendo ricorso incidentale condizionato.

La Lotterie Nazionali ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.L. n. 158 del 2012, art. 7, comma 5.

Nell’illustrazione del motivo si sostiene che la sola mancanza, sui tagliandi di lotterie istantanee, dell’avviso concernente le probabilità di vincita, comporta di per se la nullità del contratto; che il suddetto avviso non ammette surrogati, quali ad esempio il rinvio alle informazioni disponibili sul sito Web del gestore; che dinanzi alla mancanza del suddetto avviso è del tutto irrilevante chiedersi cosa avrebbe fatto il giocatore, se fosse stato avvisato delle reali probabilità di vincita.

2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione del D.L. n. 158 del 2012, art. 7, comma 5.

Anche nella illustrazione di tale motivo il ricorrente torna a sostenere che i tagliandi privi dell’avviso sulla probabilità di vincita sono nulli; che il Tribunale ritenendo il contrario avrebbe applicato una regola inesistente si sarebbe anzi addirittura sostituito al legislatore; che le norme di contrasto alla ludopatia sono dettate a tutela della salute, e quindi sono di stretta interpretazione; che la giurisprudenza di legittimità aveva già ritenuto nulli i contratti di compravendita di alimenti sulla cui confezioni non comparivano le informazioni imposte dalla legge (il ricorrente richiama, al riguardo, la decisione di questa Corte n. 11256/03).

1.3. I due motivi possono essere esaminati congiuntamente perché pongono questioni strettamente connesse, quando non addirittura sovrapponibili.

Il ricorrente, in sostanza, sostiene la tesi giuridica secondo cui un tagliando di lotteria istantanea privo dell’avviso sulla probabilità di vincita comporta ipso iure la nullità del contratto di scommessa, senza necessità di alcuna ulteriore indagine o valutazione.

1.4. Ambedue i suddetti motivi sono infondati.

Il D.L. 13 settembre 2012, n. 158, art. 7, comma 5 (convertito nella L. 8 novembre 2012, n. 189), recita:

“formule di avvertimento sul rischio di dipendenza dalla pratica di giochi con vincite in denaro, nonché le relative probabilità di vincita devono altresì figurare sulle schedine ovvero sui tagliandi di tali giochi”.

Il D.L. n. 158 del 2012, medesimo art. 7, successivo comma 6, prevede:

“inosservanza delle disposizioni di cui al comma 5, è punita con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a cinquantamila Euro irrogata nei confronti del concessionario (…). Per le attività di contestazione degli illeciti, nonché di irrogazione delle sanzioni è competente (…) l’Agenda delle dogane (…)”.

1.5. L’obbligo di informazione imposto dalle norme sopra ricordate costituisce dunque una regola di condotta per il concessionario, punita con una sanzione amministrativa, non una regola conformativa del contenuto del contratto.

E’ indubbio che quell’obbligo sia stato introdotto al fine di contrastare la dipendenza patologica dal gioco, ma questo ovviamente non è sufficiente per poter affermare che la mancanza della stampigliatura sui tagliandi comporti la nullità del contratto di scommessa.

Così, ad esempio, anche l’ente gestore di un’autostrada ha l’obbligo di informare gli utenti, con apposita segnaletica, delle condizioni stradali, ma la mancanza di segnaletica potrebbe comportare al massimo una responsabilità aquiliana del gestore, non certo la nullità del contratto di utenza dell’autostrada.

Il ricorrente, in definitiva, erra in ciò: mostrando di ritenere che qualsiasi misura precauzionale o di sicurezza imposta per legge comporti per ciò solo la nullità dei contratti stipulati da chi, essendo obbligato ad adottare quelle misure di sicurezza, non l’abbia fatto.

Confonde, in definitiva, regole contrattuali e regole di condotta, pretendendo che la violazione delle seconde costituisca per ciò solo causa di invalidità del contratto.

1.6. I principi appena riassunti sono stati ripetutamente affermati da questa Corte, ed in particolare dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 26724 del 19/12/2007.

Ivi si è stabilito che la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, in difetto di espressa previsione in tal senso (cosiddetta “nullità virtuale”), può affermarsi solo in un caso: quando siano state violate norme inderogabili concernenti la validità del contratto.

Per contro, la violazione di norme, per quanto inderigabili, riguardanti il comportamento dei contraenti può essere soltanto fonte di responsabilità, ma non causa di nullità negoziale.

1.7. Non pertinente, infine, è il precedente invocato dal ricorrente (Sez. 2, Sentenza n. 11256 del 18/07/2003, Rv. 565264 – 01).

In primo luogo, infatti, quella vicenda non aveva ad oggetto una lite fra consumatore e professionista, ma una controversia tra due imprenditori: l’acquirente di una partita di caffe’ ne aveva rifiutato il pagamento, sul presupposto che le confezioni acquistate non recavano la data di scadenza, in violazione dell’obbligo imposto dal D.P.R. n. 322 del 1982, art. 3.

Il giudice di merito dichiarò la nullità del contratto, rigettando la domanda di condanna al pagamento del prezzo formulata dal venditore.

La corte di cassazione confermò tale decisione sulla base di due rilievi:

a) a livello di principi, stabili che non ogni contrasto del contratto con norme di diritto ne determina la nullità, ma solo il contrasto con norme imperative dettate nell’interesse generale;

b) a livello di regola, con riferimento al caso particolare, ritenne corretto il giudizio di nullità del contratto formulato dal giudice di merito, sul presupposto che la legge (D.P.R. n. 322 del 1982, art. 3, comma 2), vietava il commercio di prodotti alimentari privi delle indicazioni prescritte. Correttamente, pertanto, in quel caso, la corte ritenne nullo il contratto di vendita di un prodotto che non poteva essere commercializzato: ed infatti nessuno dubiterebbe della nullità della vendita d’una res extra commercium.

1.8. Ben diversa è la fattispecie oggi in esame: la legge, infatti, non solo non prevede alcun divieto di vendita di tagliandi privi delle informazioni prescritte dal D.L. n. 158 del 2012, art. 7, comma 5; ma al contrario, comminando espressamente una sanzione amministrativa per i gestori di scommesse che non si attengano alle prescrizioni ivi previste, per ciò solo ha mostrato di ritenere che la violazione del suddetto obbligo informativo non deve riverberare effetti sulla validità del contratto.

3. Col terzo motivo il ricorrente sostiene una tesi che può essere così riassunta:

-) in primo grado l’attore aveva formulato, in via subordinata rispetto alla domanda di nullità, una domanda di condanna dei convenuti al risarcimento del danno, per violazione della buona fede precontrattuale ex art. 1337 c.c.;

-) il Tribunale, pur accertando in punto di fatto la violazione, da parte della Lotterie Nazionali, dell’obbligo informativo imposto dal D.L. n. 158 del 2012, aveva tuttavia rigettato la domanda di risarcimento, sul presupposto che mancasse la prova del fatto che il giocatore, se fosse stato informato sulla probabilità di vittoria, avrebbe rinunciato all’acquisto dei tagliandi;

-) tale decisione sarebbe erronea perché “dall’accertamento dell’avvenuta violazione dell’obbligo di informazione il Tribunale avrebbe dovuto senz’altro far discendere l’affermazione della responsabilità precontrattuale con conseguente obbligo risarcitorio”.

3.1. Il motivo e’, in primo luogo, inammissibile perché lo stabilire quale sarebbe stata la condotta alternativa del danneggiato se fosse stato informato sulla probabilità di vincita è un accertamento di fatto insuscettibile di essere sindacato in questa sede.

In secondo luogo il motivo sarebbe comunque infondato, dal momento che l’accertamento della condotta illecita non è di per sé sufficiente all’accoglimento della domanda risarcitoria, occorrendo altresì l’accertamento del nesso di causa fra quella condotta ed il danno: nesso che, per quanto detto, il Tribunale ha escluso con giudizio non sindacabile in questa sede.

4. I ricorsi incidentali condizionati restano assorbiti.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna I.S. alla rifusione in favore di Agenzia delle Dogane e dei Monopoli delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) condanna I.S. alla rifusione in favore di Lotterie Nazionali s.r.l. delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 1.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 6 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021

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