LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 29743-2019 proposto da:
B.N.S., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO DUCA DI GENOVA 15, presso lo studio dell’avvocato PIERLUIGI TIBERIO, rappresentato e difeso dall’avvocato ACHILLE PALERMO;
– ricorrente –
contro
COMUNE di VICENZA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. COLOMBO 440, presso lo studio dell’avvocato FRANCO TASSONI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 06/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO ROSSETTI.
FATTI DI CAUSA
1. Nel 2015 B.N.S. convenne dinanzi al Tribunale di Vicenza il Comune della medesima città, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patiti a causa delle lesioni sofferte nel cadere a terra dopo essere inciampato “a causa delle condizioni del marciapiede parzialmente ostruito da neve accumulata”.
2. Con sentenza 11 febbraio 2019 n. 326 il Tribunale di Vicenza rigettò la domanda.
La Corte d’appello di Venezia, con ordinanza 2 luglio 2019 dichiarò inammissibile il gravame, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c..
3. Sia l’ordinanza d’appello, sia la sentenza di primo grado, sono state impugnate per cassazione da B.N.S., con ricorso fondato su due motivi.
Ha resistito con controricorso il Comune di Vicenza.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo il ricorrente impugna l’ordinanza conclusiva del giudizio di appello, sostenendo che questa avrebbe violato l’art. 2051 c.c., ed erroneamente escluso il nesso di causa tra lo stato dei luoghi e la caduta.
1.1. Il motivo è manifestamente inammissibile in quanto proposto avverso un provvedimento non impugnabile.
Ne’ ricorre nel caso di specie alcuna delle ipotesi in cui le sezioni unite di questa Corte hanno ammesso la ricorribilità per cassazione dell’ordinanza d’appello pronunciata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., (e cioè la denuncia dell’esistenza di “vizi propri” dell’ordinanza, non mutuati dalla decisione di primo grado: Sez. U, Sentenza n. 1914 del 02/02/2016, Rv. 638370 – 01).
2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione di tre norme del codice di procedura e sei norme del codice civile, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3.
Nella illustrazione del motivo si lamenta che erroneamente il Tribunale avrebbe escluso il nesso di causa; avrebbe ritenuto non dimostrato il punto esatto dove la vittima cadde; avrebbe escluso la pericolosità della cosa; avrebbe ritenuto prevedibile ed evitabile, da parte del pedone, la situazione di pericolo.
In sostanza, l’intero motivo denuncia che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che la situazione dei luoghi non era pericolosa, che il pedone poteva evitare di cadere, che non sussisteva un’ipotesi di dissidio.
2.1. Il motivo è manifestamente inammissibile in quanto in ogni suo aspetto investe la valutazione delle prove e la ricostruzione del fatto.
Ma una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex permultis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612747; Sez. 3, Sentenza n. 13954 del 14/06/2007, Rv. 598004; Sez. L, Sentenza n. 12052 del 23/05/2007, Rv. 597230; Sez. 1, Sentenza n. 7972 del 30/03/2007, Rv. 596019; Sez. 1, Sentenza n. 5274 del 07/03/2007, Rv. 595448; Sez. L, Sentenza n. 2577 del 06/02/2007, Rv. 594677; Sez. L, Sentenza n. 27197 del 20/12/2006, Rv. 594021; Sez. 1, Sentenza n. 14267 del 20/06/2006, Rv. 589557; Sez. L, Sentenza n. 12446 del 25/05/2006, Rv. 589229; Sez. 3, Sentenza n. 9368 del 21/04/2006, Rv. 588706; Sez. L, Sentenza n. 9233 del 20/04/2006, Rv. 588486; Sez. L, Sentenza n. 3881 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant’anni: e cioè che “la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione”).
3. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna B.N.S. alla rifusione in favore di Comune di Vicenza delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 3.600, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;
(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, il 6 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021