LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1276-2020 proposto da:
INTRUM ITALY SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI N. 47, presso lo studio dell’avvocato PIER LUIGI BOSCIA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato ELENA ALLOCCA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ROBERTO ORFEO, BARBARA FARDIN;
F.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO SINOPOLI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RUGGERO AGOSTINI;
– controricorrenti –
contro
CREDIT AGRICOLE FRIULADRIA SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4588/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 24/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIECCONI FRANCESCA.
RILEVATO
che:
1. La Intrum Italy s.p.a., quale mandataria di Azzurro Holding s.r.l. a sua volta cessionaria del credito di Banca Popolare FriulAdria s.p.a., propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi e notificato il 23/12/2019, avverso la sentenza n. 4588/2019 della Corte d’Appello di Venezia pubblicata il 24 ottobre 2019 e notificata il 25 ottobre 2019. Con separati controricorsi resistono B.F. e F.D..
2. Per quanto ancora rileva, la Banca Popolare FriulAdria s.p.a., creditrice del sig. F.D., conveniva in giudizio quest’ultimo nonché la moglie separata B.F. chiedendo che venisse revocato ex art. 2901 c.c. l’atto di cessione a titolo gratuito della metà della casa coniugale intervenuto tra il marito (cedente) e la moglie (cessionaria), in adempimento di accordi di separazione. Il Tribunale di Padova accoglieva la domanda attorea e, per l’effetto, dichiarava l’inefficacia dell’atto di trasferimento immobiliare.
3. La sig.ra B. ha proposto gravame; la Corte d’Appello di Venezia, in accoglimento dell’appello, ha riformato la pronuncia di prime cure e rigettato la domanda della Banca ex art. 2901 c.c. In particolare, il giudice di secondo grado ha rilevato che l’atto di cessione, seppure privo di corrispettivo in denaro, aveva natura solutorio-compensativa dei rapporti patrimoniali tra i coniugi e, dunque, non poteva essere considerato a titolo gratuito, nonostante la dicitura contenuta nella nota di trascrizione, da cui la rilevanza della consapevolezza del pregiudizio ai creditori da parte del coniuge cessionario. Sotto questo profilo, ancorché il credito vantato dalla Banca nei confronti del F. fosse anteriore alla cessione, l’istituto di credito non aveva provato la consapevolezza della cessionaria di arrecare pregiudizio alle ragioni creditorie della Banca.
CONSIDERATO
che:
Il ricorso è procedibile nonostante la mancata produzione in giudizio della copia della sentenza notificata, posto che i resistenti hanno depositato controricorso nel termine di 60 giorni dal deposito della sentenza.
1. Con il primo motivo si denuncia “art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione e falsa applicazione di norme di legge con riferimento all’art. 2901 c.c.” La sentenza sarebbe viziata in quanto non avrebbe considerato che, per giurisprudenza consolidata, il trasferimento di immobili o di diritti reali sugli stessi posto in essere nell’ambito di una complessiva regolamentazione dei rapporti tra coniugi, contenuto nell’accordo di separazione, rientrerebbe tra gli atti suscettibili di revocatoria, tanto più che nella nota di trascrizione l’atto di trasferimento era indicato come atto a titolo gratuito; talché non ne sarebbe stata possibile una diversa qualificazione, né sarebbe stata necessaria la consapevolezza in capo alla cessionaria del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni creditorie della Banca.
1.1. Il primo motivo è inammissibile perché induce a sindacare valutazioni di merito.
1.1. La censura non coglie nel segno là dove lamenta che la Corte territoriale abbia escluso – sic et simpliciter – che l’atto in questione non potesse essere oggetto di revocatoria, nonché l’insita gratuità dell’atto in virtù della nota di trascrizione, concludendo che il trasferimento della quota immobiliare tra i coniugi non potesse essere in concreto qualificato quale atto a titolo gratuito con apprezzamento in fatto insindacabile in sede di legittimità.
1.2. La Corte d’Appello, al contrario, ha rilevato che il notaio rogante, in sede di accordo di separazione depositato presso il Tribunale di Padova, ha chiarito che “il trasferimento della quota immobiliare è avvenuto senza corrispettivo in danaro, ma senza spirito di liberalità, trovando la propria causa e ragione nella complessiva regolamentazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in dipendenza della separazione e dello scioglimento della comunione di quanto in comproprietà tra loro”. Pertanto, ha ritenuto che occorresse valutare il contenuto della nota di trascrizione e non il nomen iuris – “cessione di diritti reali a titolo gratuito” utilizzato ai meri fini della Conservatoria dei Registri Immobiliari. Di conseguenza, ha considerato che l’atto in questione aveva assunto natura solutorio-compensativa dei rapporti patrimoniali tra i coniugi.
1.3. La censura, pertanto, intende mettere in questione una valutazione di merito operata in base a un attento esame degli atti di causa, incensurabile in questa sede.
La motivazione, oltretutto, si pone in linea con la giurisprudenza che, ai fini dell’applicazione della differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., indica che la qualificazione dell’atto come oneroso o gratuito discende dalla verifica, in concreto, se lo stesso si inserisca, o meno, nell’ambito di una più ampia sistemazione “solutorio-compensativa” di tutti i rapporti aventi riflessi patrimoniali, maturati nel corso della quotidiana convivenza matrimoniale” (Cass., Sez. 3 -, Ordinanza n. 10443 del 15/4/2019; Sez. 1, Sentenza n. 8516 del 12/4/2006). E ancora si veda Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 17908 del 04/07/2019 secondo cui “per stabilire se il trasferimento immobiliare posto in essere da un coniuge in favore dell’altro in esecuzione degli accordi intervenuti in sede di separazione consensuale costituisca atto solutorio dell’obbligo di mantenimento, assume rilevanza la disparità economica tra i coniugi, la quale deve essere dedotta non solo dalla valutazione dei redditi, ma da ogni altro elemento di carattere economico, o suscettibile di apprezzamento economico, idoneo ad incidere sulle condizioni delle parti”.
2. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione e falsa applicazione di norme di legge con riferimento all’art. 2901 c.c. sotto diverso profilo” per avere la Corte d’Appello, dopo avere ritenuto onerosa la cessione operata, ritenuto altresì non provata la consapevolezza dell’appellante del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni creditorie della Banca, non tenendo conto elementi chiaramente emersi nel giudizio di primo grado e indicativi dell’esistenza, in capo all’appellante, della predetta consapevolezza.
2.1. Il motivo è inammissibile in quanto anch’esso induce a svolgere valutazioni di merito che non competono a questa Corte. Il giudice di secondo grado, dopo aver escluso la gratuità dell’atto di cessione, ha ritenuto che non fosse stata provata la sussistenza dell’elemento soggettivo dell’actio pauliana in capo al terzo acquirente, rilevando che non fosse emersa, nel corso dell’istruttoria, alcuna prova concreta circa la consapevolezza dell’appellante della situazione finanziaria o dell’attività del marito, nonché del pregiudizio che l’atto di cessione arrecava alle ragioni creditorie della Banca. Ciò era quanto emergeva dalla copiosa documentazione dell’iter di separazione iniziato stragiudizialmente due anni prima rispetto al deposito del ricorso in Tribunale e alla stipulazione dell’atto oggetto di revocatoria.
2.2. Inoltre, la Corte territoriale ha evidenziato che in sede di prova testimoniale il legale che aveva assistito la cessionaria durante l’iter di separazione aveva descritto l’appellante una casalinga, ignara delle vicende del marito (nonché della corrispondenza della società che non arrivava alla loro residenza, ma a quella dell’impresa), e che la medesima aveva accettato la cessione della metà della casa coniugale per assicurarsi l’abitazione anche in previsione del divorzio. Alle stesse conclusioni, era giunta valutando due ulteriori testimonianze dalle quali emergeva che l’appellante aveva rinunciato all’assegno di mantenimento, cui aveva diritto e aspirava in quanto priva di occupazione e reddito, in cambio della quota di spettanza del marito della casa coniugale che, peraltro, era stata acquistata con proventi dei genitori della cessionaria per quanto riguarda la somma impiegata al momento dell’acquisto; i testi, inoltre, avevano dichiarato che l’appellante non conviveva con il marito dal momento della separazione e che quest’ultimo aveva mantenuto la residenza presso la casa coniugale solo per poter usufruire degli sgravi fiscali del mutuo, tuttavia, abitando presso i suoi genitori.
2.3 Ora, per giurisprudenza costante il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, è un compito che spetta, in via esclusiva, al giudice di merito (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 331 del 13/1/2020; Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011; Sez. L, Sentenza n. 2357 del 7/2/2004), talché le censure svolte con il secondo motivo di ricorso non possono avere accesso in sede di legittimità in quanto – in buona sostanza – censurano la sentenza per avere privilegiato alcune a discapito di altre risultanze processuali.
2.4. Vieppiù, gli elementi probatori dai quali il giudice di merito avrebbe dovuto desumere la consapevolezza in capo all’appellante di arrecare un pregiudizio all’istituto bancario – quali, l’attività imprenditoriale svolta dal marito, l’attività di bancaria svolta prima del matrimonio dalla moglie, la cessione avvenuta prima della separazione, il mantenimento della residenza anagrafica del marito presso la casa coniugale, lo stretto vincolo di parentela tra le parti – vengono semplicemente elencati, senza alcun utile riferimento circa la loro decisività e deduzione nelle precedenti fasi di merito in ossequio al principio di indicazione specifica degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.
2.5. Conseguentemente il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente alle spese, liquidate secondo le tariffe attualmente vigenti, oltre al contributo unificato, se dovuto.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna Intrum Italy s.p.a alle spese liquidate in Euro 2400,00, di cui Euro 200,00 rispettivamente a favore di B.F. e F.D., con distrazione a favore dell’avvocato antistatario Ruggero Agostini di F.D..
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della sezione terza civile, il 20 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2021