Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27036 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 17160/2015 R.G. proposto da:

R.M.V., (C.F. *****), in proprio, elettivamente domiciliata presso il proprio studio in Roma, Via dei Mille, 41;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, elettivamente domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria Regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, n. 2975/40/14, depositata in data 12 maggio 2014.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 luglio 2021 dal Consigliere Relatore Filippo D’Aquino.

RILEVATO

che:

La contribuente R.M.V., in qualità di erede di R.F., ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2003, con il quale veniva contestata una plusvalenza relativa alla vendita di un terreno edificabile in *****, a seguito di rettifica del valore dichiarato e successivamente rideterminato in sede di adesione ai fini dell’imposta di registro. La contribuente ha allegato di avere acquistato il bene immobile per successione e che il terreno non fosse edificabile in assenza di un piano di lottizzazione.

La CTP di Latina ha accolto il ricorso. La CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, con sentenza in data 12 maggio 2015, ha accolto l’appello dell’Ufficio. Il giudice di appello ha preliminarmente rigettato l’eccezione di improcedibilità dell’impugnazione D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, ex art. 52, comma 2. Ha, poi, ritenuto nel merito la CTR che le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria vanno determinate – in relazione ad aree che risultino edificabili in base allo strumento urbanistico adottato dal Comune – indipendentemente dall’approvazione dello strumento e dall’adozione di strumenti attuativi. Ha, poi, osservato il giudice di appello che la plusvalenza di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), art. 81, comma 1, lett. b), rileva indipendentemente da qualsiasi intento speculativo anche in caso di acquisto del bene per successione.

Propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi; l’Ufficio intimato si è costituito al fine della partecipazione all’eventuale udienza di discussione.

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo del ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza o del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 11, osservando come l’atto impositivo fosse stato sottoscritto da funzionario privo del potere dirigenziale, con conseguente inesistenza degli atti presupposti.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza o del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, nella parte in cui la CTR ha rigettato l’eccezione di inammissibilità dell’appello per assenza dei motivi specifici di impugnazione.

1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell’art. 81 TUIR, comma 1, lett. b), attuale art. 67 TUIR, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto che la plusvalenza relativa all’immobile in oggetto rilevasse fiscalmente anche in assenza di intento speculativo, ancorché l’immobile fosse stato acquistato per successione. Evidenzia la ricorrente come le due ipotesi previste dall’art. 67 TUIR, lett. a) e b) (già art. 81 TUIR), appaiano affatto differenti. In particolare, quanto all’ipotesi prevista dalla lett. a), non sarebbero rilevanti le modalità di acquisto del terreno successivamente compravenduto e, quindi, non rileverebbe l’eventuale acquisto per successione, come anche non rileverebbe né il tempo tra acquisto e rivendita, né lo svolgimento di una attività sul terreno, laddove per l’ipotesi prevista dalla lett. b) della medesima norma tali circostanze (con particolare riferimento a quella di acquisizione del bene) avrebbero, invero, rilievo ai fini fiscali.

1.4. Con il quarto motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto legittimo l’accertamento operato sulla base del valore definito ai fini dell’imposta di registro. Evidenzia la ricorrente come il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, debba basarsi su elementi certi, ancorché dedotti da elementi dotati di pregnanza indiziaria, che nella specie non sussisterebbero.

2. Il primo motivo è inammissibile, in quanto la questione non risulta trattata nella sentenza impugnata. Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).

3. Il secondo motivo è infondato. In disparte dal fatto che non risulta, dalla sentenza impugnata, che la questione dedotta con la censura in oggetto fosse stata sottoposta al giudice di appello, questa Corte è ferma nel principio secondo cui, in forza dell’effetto devolutivo dell’appello, che preclude al giudice del gravame esclusivamente di estendere le sue statuizioni a punti che non siano compresi nel thema decidendum, il giudice di appello può riesaminare l’intera vicenda nel complesso dei suoi aspetti, salvo il giudicato interno (Cass., Sez. III, 13 aprile 2018, n. 9202), anche in caso di mera riproposizione delle questioni a sostegno della legittimità dell’accertamento (Cass., Sez. V, 10 novembre 2020, n. 25106; Cass., Sez. V, 4 novembre 2020, n. 24533; Cass., Sez. V, 9 ottobre 2020, n. 21774; Cass., Sez. V, 20 dicembre 2018, n. 32954; Cass., Sez. V, 19 dicembre 2018, n. 32838; Cass., Sez. VI, 23 novembre 2018, n. 30525; Cass., Sez. VI, 5 ottobre 2018, n. 24641; Cass., Sez. VI, 22 marzo 2017, n. 7369; Cass., Sez. VI, 22 gennaio 2016, n. 1200; Cass., Sez. V, 29 febbraio 2012, n. 3064).

4. Il terzo motivo è infondato. La sentenza impugnata ha riformato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto – come risulta dalla sentenza impugnata – non tassabile la plusvalenza in quanto immobile acquisito per successione (“il giudice di prime cure avrebbe erroneamente dichiarato (…) che la plusvalenza non era assoggettabile a tassazione (…) perché acquisito per successione”), ritenendo che la plusvalenza risulti tassabile in assenza di intento speculativo “a prescindere (…) dalle modalità di acquisizione (e, pertanto, anche per successione”. Così facendo, la sentenza impugnata non si è sottratta ai principi enunciati da questa Corte, secondo cui sussiste, in materia di redditi diversi, una plusvalenza tassabile anche nel caso di vendita di beni pervenuti al contribuente per successione o per divisione ereditaria, purché tra il momento dell’acquisto e quello dell’alienazione siano state compiute attività ed operazioni intese ad aumentarne il valore (Cass., Sez. V, 24 maggio 2017, n. 13071). La plusvalenza assume, difatti, rilievo come maggior valore acquistato da un cespite patrimoniale rispetto al suo preesistente valore di acquisto, avvenuto in qualsiasi forma, che ne ha comportato l’ingresso nel patrimonio del contribuente, maggior valore individuato come differenza tra valore di acquisto (all’atto della acquisizione al patrimonio) e valore di realizzo al momento in cui il bene esce dal patrimonio cui è appartenuto (Cass., Sez. VI, 17 ottobre 2014, n. 21981; Cass., Sez. V, 4 settembre 2013, n. 20277; Cass., Sez. V, 9 settembre 2016, n. 17823). La circostanza che l’acquisto del bene mortis causa non esclude la tassabilità della plusvalenza (salvo, poi, individuare nel quantum la suddetta plusvalenza), e’, poi, indirettamente confermata dalla possibilità di affrancare con imposta sostitutiva le plusvalenze anche ove l’immobile sia acquistato per successione (Cass., Sez. V, 19 aprile 2019, n. 11044; Cass., Sez. V, 20 luglio 2018, n. 19374).

5. Il quarto motivo è fondato. Lo ius superveniens di cui al D.Lgs. 14 settembre 2015, n. 147, art. 5, comma 3 (che ha disposto che “il testo unico delle imposte sui redditi, artt. 58, 68, 85 e 86, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, artt. 5,5-bis, 6 e 7, si interpretano nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro”) ha escluso, con valenza retroattiva, che l’Amministrazione finanziaria possa accertare in via induttiva la plusvalenza patrimoniale realizzata a seguito di cessione di immobili o di aziende solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro (Cass., Sez. VI, 6 giugno 2016, n. 11543; Cass., Sez. V, 17 maggio 2017, n. 12265). Tale accertamento degrada, pertanto, a elemento indiziario, che va corroborato con ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, tali da supportare l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, sul quale grava a sua volta la prova contraria (Cass., Sez. V, 18 aprile 2018, n. 9513; Cass., Sez. V, 8 maggio 2019, n. 12131; Cass., 20 ottobre 2020, n. 22849; Cass., Sez. V, 25 novembre 2020, n. 26810; Cass., Sez. V, 11 dicembre 2020, n. 28275; Cass., Sez. V, 15 dicembre 2020, n. 28590).

6. Nella specie, risulta dalla sentenza impugnata che l’accertamento del maggior valore del terreno compravenduto in oggetto, dichiarato in Euro 12.000,00 e stato accertato, in sede di accertamento con adesione in Euro 16.400,00 ai fini dell’imposta di registro. Sotto questo profilo la sentenza, stante il richiamato ius superveniens, va cassata in relazione al suddetto motivo, non potendosi accertare il maggior corrispettivo sulla base dell’accertamento ai fini dell’imposta di registro, bensì sulla base di un coacervo indiziario dotato di pregnanza indiziaria. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al quarto motivo, con rinvio alla CTR a quo affinché accerti la sussistenza di elementi dotati di pregnanza indiziaria a sostegno della maggiore ripresa impositiva, nonché per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il secondo e il terzo motivo, accoglie il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR del Lazio, Sezione staccata di Latina, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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