Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.27044 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. ROSSI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11849/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– ricorrente –

contro

S.F., rappresentato e difeso, giusta procura a margine della copia notificata del ricorso introduttivo, dall’Avv. Renato Paparo, e con questi elettivamente domiciliato in Roma, via Giuseppe Avezzana n. 31, presso lo studio dell’Avv. Alessandra Flauti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 224/36/15 della Commissione tributaria regionale del Piemonte, depositata il 18 febbraio 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13 luglio 2021 dal Consigliere Raffaele Rossi.

RILEVATO

che:

1. S.F., già dipendente dell’Amministrazione della Regione Piemonte, proponeva ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate alla domanda di rimborso degli importi ritenuti a titolo di IRPEF sulle somme erogate dal datore di lavoro per trattamento di fine rapporto.

Assumeva, in particolare, l’applicabilità dell’imposta nella misura del 50% (e non già, come invece praticato, in aliquota intera) in forza della normativa sul c.d. incentivo all’esodo (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 19, comma 4-bis, e D.L. 4 luglio 2006, n. 223, art. 36, comma 23, convertito dalla L. 4 agosto 2006, n. 248), dacché la risoluzione consensuale anticipata del rapporto di lavoro, sebbene con decorrenza dagli inizi dell’anno 2008, era avvenuta in attuazione di protocolli d’intesa stipulati dalle associazioni di categoria con l’Amministrazione della Regione Piemonte nell’anno 2003, cioè a dire di “atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore” del menzionato D.L. n. 223 del 2006.

2. La domanda del contribuente veniva accolta in ambedue i gradi del giudizio di merito.

3. Avverso la sentenza resa in appello, in epigrafe indicata, ricorre per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un motivo; resiste, con controricorso, S.F..

CONSIDERATO

che:

4. L’unico motivo di impugnazione denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4-bis, e del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Sostiene, in sintesi, il ricorrente che i protocolli d’intesa stipulati dalla Regione Piemonte nel 2003 avevano mero valore di indirizzo e funzione programmatica, definendo i requisiti necessari per l’adesione alla risoluzione consensuale anticipata del rapporto di lavoro e rinviando a successivi bandi dell’Amministrazione regionale per la precisazione di modalità, forme e termini di presentazione delle adesioni; in quanto privi di efficacia vincolante e non formalizzanti un incontro di volontà tra lavoratore e datore di lavoro, detti protocolli non erano sussumibili nella categoria degli “atti o accordi” rilevanti ai fini dell’operatività del regime transitorio dettato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 23. Nel caso, “l’unico atto avente data certa, con la previsione di un termine per l’adesione del lavoratore” recante le condizioni per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro era costituito dal bando emanato il *****, oltre la data ex lege fissata per l’applicazione del (più favorevole al contribuente) regime fiscale transitorio.

5. Il motivo è fondato e va accolto.

La questione controversa risiede nell’individuare l’esatta portata precettiva della locuzione “in attuazione di atti o accordi, aventi data certa, anteriori alla data di entrata in vigore del presente decreto” cui il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, subordina l’efficacia ultrattiva della (contestualmente abrogata) agevolazione tributaria prevista dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4-bis, sulle somme corrisposte per trattamento di fine rapporto: nella vicenda, è infatti pacifico che il rapporto di lavoro del contribuente istante in rimborso sia cessato nel gennaio 2008, ben oltre l’entrata in vigore (4 luglio 2006) del citato D.L. n. 223 del 2006.

In specie, è necessario accertare se, al fine del riconoscimento ultrattivo del trattamento agevolativo abrogato, sia sufficiente che prima della vigenza del D.L. n. 223 del 2006: (i) siano stati stipulati accordi sindacali o atti unilaterali del datore di lavoro (variamente denominati: protocolli d’intesa, delibere, piani aziendali o altro) regolanti le condizioni per la cessazione anticipata del rapporto di lavoro con invito o sollecitazione al personale dipendente interessato a presentare la propria adesione entro un dato termine temporale (anche successivo al *****); oppure (ii) debba invece essere intervenuta anche l’adesione individuale del singolo lavoratore al piano d’incentivo già proposto dal datore di lavoro o oggetto di un accordo sindacale.

5.1. Interpretando la norma transitoria in esame, questa Corte dopo aver premesso che l’esegesi letterale non risolve il problema, in ragione dell’ambiguità testuale del dettato positivo, e che pertanto occorre procedere con criteri sistematici e teleologici – ha affermato che quando l’esodo è avvenuto a procedura progressiva, ovvero con un atto generale e collettivo di proposta dell’incentivo, cui ha fatto seguito l’accettazione da parte del dipendente, è a quest’ultima che occorre far riferimento per individuare la volontà del lavoratore, frutto di autonoma valutazione sulla somma offertagli, anche relativamente al regime fiscale cui essa è sottoposta, che non è determinabile dall’accordo collettivo, ma solo dal legislatore, cosicché su detto regime non può ingenerarsi alcun affidamento meritevole di tutela. Tanto meno esigenze di tutela dell’affidamento si pongono nei confronti del contribuente che, dopo più di un anno dalla novella legislativa de qua, in sede di negoziazione dell’accordo individuale o comunque di adesione all’accordo sindacale o all’offerta aziendale, era nelle condizioni di poter verificare il trattamento fiscale effettivamente applicabile alla somma incentivante, al fine di esprimere la propria libera volontà di adesione o meno alla relativa proposta. Invece, “la norma transitoria deve intendersi posta a tutela di coloro che abbiano già operato una scelta irreversibile prima della novella legislativa e che tale scelta sia avvenuta su di un certo trattamento fiscale agevolato, repentinamente travolto con decreto legge a promulgazione ed efficacia immediata; (…) in tali ultimi casi si pone il problema della tutela dell’affidamento di cui si fa carico la norma transitoria qui all’esame: ed infatti un accordo stipulato prima, una volontà cristallizzata in cui si sia pattuita la corresponsione differita di una certa somma merita di seguire le condizioni fiscali del momento della stipula; (…) pertanto, lo scopo della norma transitoria è far salva l’esecuzione di accordi definiti e definitivi, di incontri di volontà irretrattabili, di negozi stipulati e fissati, di atti concordati e perfezionati prima dell’abrogazione del trattamento fiscale agevolato” (così Cass. 27/12/2018, n. 33456).

Ne deriva che, in ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro posteriore alla vigenza del D.L. n. 223 del 2006, l’operatività del regime fiscale di favore sul trattamento di fine rapporto (nonché la qualificazione di quest’ultimo come incentivo all’esodo volontario ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4-bis) postula non già la mera esistenza di un progetto aziendale di risoluzione anticipata bensì l’adesione individuale del lavoratore contribuente alla proposta collettiva in epoca anteriore al 4 luglio 2006, ovvero la manifestazione di volontà irretrattabile concernente (anche) la disciplina impositiva (specificamente, Cass. 13/11/2019, n. 29400).

E la dimostrazione della sussistenza, nella vicenda concreta, dei presupposti per l’applicazione ultrattiva dell’agevolazione tributaria invocata grava sul contribuente, attore in senso sostanziale in sede di impugnativa del rigetto (implicito o esplicito) dell’istanza di rimborso dell’IRPEF, come tale onerato di provare il fondamento della pretesa azionata (sul punto, Cass. 07/09/2018, n. 21770).

5.2. Alla luce degli enunciati principi di diritto, chiaro si appalesa l’errore in cui è incorso il giudice di prossimità con l’aver ritenuto dirimente, ai fini dell’applicabilità dell’aliquota dimidiata di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 19, comma 4-bis, la stipulazione (nell’anno 2003) di protocolli d’intesa tra Amministrazione regionale ed associazioni di categoria dettanti le condizioni generali per la cessazione anticipata dei rapporti anziché, come invece corretto, escludere siffatta applicabilità in ragione dell’adesione del lavoratore, avvenuta nell’ottobre 2007, al (successivo ed attuativo dei protocolli) bando del *****.

5.3. La sentenza impugnata deve essere quindi cassata e, non necessitando di ulteriori accertamenti di fatto (per essere le riferite circostanze fattuali acclarate dalla gravata pronuncia e pacifiche tra le parti), la causa va decisa nel merito con il rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

6. La complessità delle questioni giuridiche e il consolidarsi dell’orientamento del giudice di nomofilachia in epoca successiva all’introduzione della lite giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Quinta Sezione Civile, il 13 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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