LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –
Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Angelo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1733-2017 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
D.S. GROUP SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 579/2016 della COMM. TRIB. REG. ABRUZZO, depositata il 10/06/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/07/2021 dal Consigliere Dott. MILENA BALSAMO.
RITENUTO
che:
1. Con atto del *****, la società Vega e la società D.S. Group costituivano la società Immobiliare 314 s.r.l., in cui la prima apportava un immobile del valore di Euro 130.000,00 a titolo di riserva, la seconda gli importi pari a cinque mila Euro ed a 1250.000 Euro a titolo di riserva.
In data 8.11.2012, la società Vega dismetteva la propria partecipazione in favore della D.S. Group.
Poiché la società Immobiliare 314 non risultava aver operato sul mercato, l’Agenzia delle entrate riqualificava l’operazione di cessione di quote come una cessione del ramo d’azienda dalla Vega alla società D.S., celata dalla costituzione della società rimasta inattiva.
Avverso l’avviso di liquidazione proponevano ricorso sia la società che G.L..
La CTP di Teramo accoglieva il ricorso. Proposto appello dall’Agenzia delle Entrate, la CTR dell’Abruzzo, affermata la legittimazione della società D.S. Group, lo respingeva affermando che, sebbene la società Immobiliare 314 non avesse operato verso terzi, non risultava fondata la dedotta circostanza secondo la quale essa era rimasta inattiva, dimostrato dal deposito presso la provincia di Teramo di un piano integrato di intervento che non ebbe seguito a causa della crisi economica. Aggiungendo, altresì, che il lungo lasso di tempo trascorso tra le operazioni – ben quattro anni – non risultava un elemento neutro rispetto alla disposta riqualificazione degli atti.
Avverso la sentenza n. 579/172016/2016, depositata il 10.06.2016, della CTR dell’Abruzzo, l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
La società resiste con controricorso.
CONSIDERATO
che:
2. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione dell’art. 112 c.p., e la conseguente nullità della sentenza per avere la CTR omesso di esaminare l’integrale domanda, nella parte in cui si chiedeva alla CTR di considerare il contenuto effettivo dei due atti funzionalmente collegati (la costituzione della società rimasta inattiva e la cessione delle partecipazioni sociali).
3. Con il secondo mezzo si prospetta la violazione dell’art. 132 c.p.c., e la conseguente nullità della sentenza nonché motivazione apparente ex art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la CTR conferito rilievo all’attività svolta dalla società Immobiliare 314, circostanza che era stata evidenziata nell’avviso solo a conferma della fondatezza della riqualificazione. Assume l’amministrazione finanziaria che l’appello è stato respinto sulla base di detta circostanza, senza considerare le allegazioni difensive proposte con il gravame e relative, da una parte, all’assenza di ragioni economiche astrattamente giustificabili e dall’altra all’intento elusivo evidente nelle operazioni economiche poste in essere.
4.Con la terza censura si lamenta la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, ed ex art. 360 c.p.c., n. 3); per aver la CTR erroneamente applicato il disposto citato, omettendo di esaminare il contenuto dei due atti posti essere dalle parti.
Sostiene la ricorrente che l’art. 20 cit., non è solo una norma interpretativa degli atti registrati ma una disposizione intesa a identificare l’elemento strutturale del rapporto giuridico tributario. Il quale è dato dall’oggetto e viene fatto coincidere con gli effetti giuridici indicativi della capacità contributiva dei soggetti che compiono gli atti.
In simile contesto, la prevalenza della natura intrinseca degli atti registrati e dei loro effetti giuridici sul loro titolo e sulla loro forma apparente vincola l’interprete a privilegiare, nell’individuazione della struttura del rapporto giuridico tributario, la sostanza sulla forma, id est, il dato giuridico reale conseguente alla natura intrinseca degli atti e ai loro effetti giuridici, rispetto a ciò che formalmente è enunciato, anche frazionatamente, in uno o più di questi atti. Con la conseguenza di doversi riferire l’imposizione al risultato di un comportamento sostanzialmente unitario, rispetto ai risultati parziali e strumentali di una molteplicità di comportamenti formali. Con l’ulteriore conseguenza che ciò che rileva è l’individuazione della causa reale dei negozi posti in essere dalle parti, ai fini della riqualificazione degli atti nonché l’irrilevanza che le operazioni economiche poste in essere non integrino una ipotesi di abuso del diritto, non trattandosi di una fattispecie di elusione del diritto.
4. Appare opportuno esaminare le censure congiuntamente, vertendo su questioni intrinsecamente connesse.
4.1 Si osserva che, in tema d’imposta di registro, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l’Amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile.
La L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, invero, prevede: “Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’art. 20, comma 1: 1) le parole: ” degli atti presentati ” sono sostituite dalle seguenti: ” dell’atto presentato “; 2) dopo la parola: ” apparente ” sono aggiunte le seguenti: ” sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi “;…” La L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, prevede: “La L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 87, lett. a), costituisce interpretazione autentica del testo unico, art. 20, comma 1, di cui al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.”
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 158 del 21/07/2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., del D.P. R. n. 131 del 1986, art. 20, come modificato dalla L. n. 205 del 2017, art. 1, comma 87, e dalla L. n. 145 del 2018, art. 1, comma 1084, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali. Detta pronuncia è stata poi ribadita dalla medesima Corte con sentenza n. 39/2021, con la quale ha affermato che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost., sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente nuovi rispetto a quelle già sollevate con la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158 del 2020.
Nel caso di specie si verte appunto, come è pacifico tra le parti e come venne già inizialmente lamentato dalla società contribuente, di avviso di liquidazione di imposta proporzionale di registro su una concatenazione di atti che l’agenzia delle entrate riqualificava in maniera unitaria D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 20, in termini di cessione di ramo di azienda.
Su tale presupposto – decidendosi in diritto sul ricorso – la motivazione della sentenza della CTR va dunque modificata nei termini che precedono a norma dell’art. 384 c.p.c., confermandosene tuttavia il dispositivo di rigetto.
Le spese di lite vanno interamente compensate tra le parti, tenuto conto dell’evoluzione temporale della normativa e dell’interpretazione giurisprudenziale.
PQM
La Corte:
rigetta il ricorso; compensa le spese;
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale della quinta sezione civile della Corte di cassazione, tenuta da remoto, il 14 luglio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021