Trasporti marittimo ed aereo di persone, inadempimento o dall'inesatto adempimento, risarcimento dei danni, riconoscimento di un indennizzo, regola ed eccezione

Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27051 del 06/10/2021

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Trasporti marittimo ed aereo di persone, inadempimento o dall'inesatto adempimento, risarcimento dei danni, riconoscimento di un indennizzo, regola ed eccezione

Il riconoscimento di un indennizzo per compensare i danni derivanti dall'inadempimento o dall'inesatto adempimento del contratto di trasporto, indipendentemente dalla allegazione e prova dell'esistenza e dell'entità di tali danni, non è principio generale del nostro ordinamento che al contrario, all'art. 1223 c.c., stabilisce la regola per cui il debitore inadempiente risponde (solo) dei danni che costituiscono "conseguenza immediata e diretta" dell'inadempimento e, all'art. 2697 c.c., onera colui il quale vanta un credito risarcitorio della prova del fatto costitutivo della propria pretesa e, dunque, in particolare, vertendosi in tema di danni derivanti da ritardato adempimento, della prova del danno e - trattandosi, come si dirà, di danni consequenziali o estrinseci - anche del suo collegamento causale con la condotta del debitore secondo nesso di c.d. causalità giuridica.

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14202-2020 proposto da:

AEROFLOT RUSSIAN AIRLINES, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI 3, presso lo studio dell’avvocato TATIANA DELLA MARRA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.L., G.S., in proprio e quali genitori esercenti la responsabilità genitoriale dei figli minori B.M.I. e B.T., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUNIO BAZZONI 3, presso lo studio dell’avvocato TIZIANA PALLADINO, che li rappresenta e difende;

ALBATROS TOP BOAT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 68, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO COSSA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRAZIA CASTELLUCCIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 151/2020 del TRIBUNALE di RAVENNA, depositata il 25/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 20/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott.ssa FIECCONI FRANCESCA.

RILEVATO

che:

1. Con atto notificato il 14 maggio 2020 la Aeroflot Russian Airlines propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, illustrati da memoria, avverso la sentenza n. 151/2020 del Tribunale di Ravenna, pubblicata il 25/02/2020. Con separati controricorsi resistono da un lato la Albatros Top Boat s.r.l. e, dall’altro, i sig.ri G.S. e B.L., in proprio e quali genitori esercenti la potestà genitoriale sui figli minori B.M.I. e B.T..

2. Per quanto ancora rileva, la Aeroflot Russian Airlines proponeva appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Ravenna con la quale era stata condannata a risarcire, in solido con Albatros Top Boat s.r.l., ai sig.ri B.L. e G.S., in proprio e nella predetta qualità, i danni subiti nel corso di un viaggio organizzato dall’Italia alle Maldive dal tour operator Albatros, con volo della compagnia Aeroflot, per l’arrivo in ritardo dell’aereo prenotato per il ritorno, oltre alle spese processuali. Si costituiva la Albatros chiedendo il rigetto dell’appello principale e proponendo appello incidentale nella parte in cui il GdP l’aveva condannata in solido con la compagnia aerea al risarcimento dei danni; in subordine, proponeva domanda di manleva. Si costituivano anche i componenti della famiglia B.- G. instando per il rigetto dell’appello principale.

3. Il Tribunale di Ravenna, con la sentenza in questa sede impugnata, ha rigettato l’appello principale di Aeroflot e di Albatros, mentre ha accolto la domanda di manleva spiegata in via subordinata dalla Albatros nei confronti della Aeroflot e, per l’effetto, ha condannato la compagnia aerea a restituire al tour operator quanto versato in esecuzione della sentenza. In particolare, il giudice di secondo grado ha ritenuto provato il danno da ritardo nei voli (12 ore con perdita di una coincidenza), pur non potendo applicarsi il Regolamento CE 261/2004, trattandosi di un volo partito da un paese terzo con vettore non comunitario. In breve, ha ritenuto applicabile alla fattispecie la Convenzione di Montreal e, pertanto, ha dichiarato il vettore tenuto al risarcimento dei danni che ha liquidato in via equitativa facendo riferimento ai criteri fissati dal Regolamento CE sopra richiamato.

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo si denuncia “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 10 del contratto di trasporto Aeroflot ed agli artt. 1678,1681,1341 c.c. anche in relazione all’art. 12 preleggi”. La sentenza impugnata non avrebbe valutato le condizioni generali del contratto di trasporto Aeroflot e, in particolare, l’art. 10 secondo il quale “il vettore farà tutto il possibile per portare a termine il trasporto del passeggero e dei suoi bagagli in tempi ragionevoli. Le tempistiche indicate negli orari e altri documenti non sono garantite e non fanno parte del presente documento”. Difatti, il Tribunale avrebbe in tesi dovuto applicare la disciplina contrattuale in luogo del regolamento CEE 261/2004, peraltro, inapplicabile al caso di specie.

2. Con il secondo motivo si denuncia “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, sub specie art. 3 del regolamento CE 261/04, in relazione all’applicabilità dell’art. 7 dello stesso regolamento a fattispecie escluse. Violazione dell’art. 12 preleggi”. Il Tribunale avrebbe errato nell’applicare il Regolamento CE in quanto, ai sensi del suo art. 3, non si applica ai passeggeri di voli in partenza da un paese non comunitario con destinazione verso un paese dell’UE operati da compagnie aeree non comunitarie. In particolare, sarebbe stato erroneamente applicato in via analogica l’art. 7 in quanto, nel caso di specie, non vi era un vuoto normativo dovendosi applicare le norme del contratto e dei principi generali in tema di liquidazione del danno.

3. Con il terzo motivo si denuncia “Violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, sub specie art. 2059 c.c., artt. 12231226 c.c. in relazione alle tipologie del danno contrattuale”. Il vizio consisterebbe nell’aver liquidato l’importo di Euro 600,00 per ciascuno degli attori ex art. 7 del Regolamento CE quandanche non vi fosse alcun danno patrimoniale in quanto i pregiudizi subiti erano di natura non patrimoniale: l’inadempimento contrattuale non potrebbe dar luogo a danni non patrimoniali di cui all’art. 2059 c.c. se non nel caso di lesione di diritti fondamentali indisponibili.

4. Con il quarto e ultimo motivo si denuncia “Nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 per assenza totale di motivazione ex art. 132 c.p.c. in relazione alla ritenuta applicazione dell’art. 7 del Regolamento CE 261/04 al caso in esame”.

5. I motivi sono da trattare congiuntamente in quanto con essi si denuncia, per diversi versi, che il giudice di appello avrebbe fatto applicazione in via analogica del regolamento CE Regolamento CE n. 261/2004 in un caso dove esso non si sarebbe dovuto applicare in considerazione dell’assenza di un collegamento con il diritto comunitario nella fattispecie in questione, inerendo a una compagnia russa, e non essendo utilizzabile il procedimento analogico. Ciò posto, essi sono fondati per quanto di seguito rilevato, in conformità a quanto già statuito da questa Corte nel precedente di cui a Cass. sez. 3, sentenza n. 9474 del 9 aprile 2021.

6. L’errore di diritto in cui è incorsa la sentenza impugnata emerge con nettezza nell’assunto di fondo, che ne costituisce l’unica effettiva ratio decidendi, secondo cui, nella specie, il diritto alla “compensazione pecuniaria” (ossia alla tutela indennitaria subita dal passeggero per il ritardo del volo) può essere riconosciuto in virtù di una applicazione – non diretta (essendo questa esclusa dalla estraneità della Federazione Russa alla U.E.), ma – analogica dell’art. 7 Reg. CE n. 261 del 2004.

7. Il riconoscimento di un indennizzo per compensare i danni derivanti dall’inadempimento o dall’inesatto adempimento del contratto di trasporto, indipendentemente dalla allegazione e prova dell’esistenza e dell’entità di tali danni, non è principio generale del nostro ordinamento che al contrario, all’art. 1223 c.c., stabilisce la regola per cui il debitore inadempiente risponde (solo) dei danni che costituiscono “conseguenza immediata e diretta” dell’inadempimento e, all’art. 2697 c.c., onera colui il quale vanta un credito risarcitorio della prova del fatto costitutivo della propria pretesa e, dunque, in particolare, vertendosi in tema di danni derivanti da ritardato adempimento, della prova del danno e – trattandosi, come si dirà, di danni consequenziali o estrinseci – anche del suo collegamento causale con la condotta del debitore secondo nesso di c.d. causalità giuridica.

8. L’art. 3, paragrafo 1, del Regolamento della Unione Europea limita espressamente il suo campo di applicazione ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del Trattato e ai passeggeri in partenza da un aeroporto situato in un paese terzo con destinazione in un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del trattato, se il vettore aereo operativo è un vettore dell’Unione.

9. Tali presupposti pacificamente non ricorrono nella specie.

10. Ne discende che la disciplina comunitaria dettata dagli artt. 5 e 75 Reg. CE n. 261/04 dell’11 febbraio 2004 per il caso di cancellazione del volo (ritenuta applicabile dalla giurisprudenza Europea anche al caso di ritardo superiore a tre ore), nel prevedere un ristoro di tipo indennitario, che come tale prescinde dalla prova del danno e di detto nesso causale e compete anzi pur in assenza di effettivo pregiudizio, rappresenta una eccezione rispetto alla regola.

11. La regola di giudizio applicata dal giudice d’appello si rivela destituita di fondamento soprattutto perché l’applicazione analogica del regolamento comunitario non trova alcun valido supporto argomentativo, non individuandosi in sentenza alcun riferimento ad altra possibile ragione giustificativa diversa dall’analogia automaticamente applicata.

12. Pur nella eventualità che il giudice a quo abbia in tal modo implicitamente inteso fare esercizio del potere di liquidazione equitativa del danno (art. 1226 c.c.) si tratterebbe di un percorso giuridicamente non corretto, in quanto non giustificato da alcuna delle emergenze fattuali palesate in sentenza.

13. Si deve al riguardo rammentare che l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., dà luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, presuppone che sia provata l’esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare (v. e pluribus Cass. 30/04/2010, n. 10607; 12/10/2011 n. 20990;

23/09/2015, n. 18804; 22/02/2018, n. 4310).

14. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. presuppone: a) la certa esistenza del danno (il potere di liquidazione equitativa non potendo supplire alla mancata prova dell’esistenza stessa del danno); b) l’impossibilità o rilevante difficoltà di quantificarlo, che deve essere “oggettiva”, cioè positivamente riscontrata e non meramente supposta, e “incolpevole”, cioè non dipendente dall’inerzia della parte gravata dall’onere della prova (v., da ultimo, Cass. 17/11/2020, n. 26051).

15. Nel caso di specie se è certo il ritardo del volo, tale elemento identifica e definisce il fondamento della responsabilità contrattuale ossia, per l’appunto, il ritardo nell’adempimento dell’obbligazione assunta dal vettore (che di per sé obbliga il debitore al risarcimento del danno ex art. 1218 c.c.), ma non è tuttavia un elemento idoneo a dimostrare anche l’effettiva sussistenza di un danno risarcibile. La prova del contratto di trasporto e l’allegazione del ritardo implicano, di per sé, l’allegazione della lesione di un interesse rilevante in contratto e, dunque, di un danno-evento tutto da provare.

16. Secondo i generali criteri di riparto dell’onere probatorio in tema di responsabilità contrattuale tale acquisizione (ossia l’esistenza di un danno-evento) non richiede l’assolvimento di alcun altro onere probatorio da parte del creditore (spettando al debitore dimostrare l’esatto adempimento o che il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile: art. 1218 c.c.). L’esistenza di un danno-evento contrattuale non necessariamente comporta, però, anche l’esistenza di un danno risarcibile. Varrà rammentare al riguardo che, secondo i più recenti approdi della giurisprudenza di questa Corte, cui va data continuità, nei rapporti che rispondono allo schema classico dell’obbligazione di dare o di facere (non professionale) contenuto nel codice civile (e tale è certamente l’obbligazione derivante dal contratto di trasporto), la “causalità materiale”, ovvero il nesso che consente l’imputazione, sul piano oggettivo, del danno alla condotta (inadempiente) del debitore, “non è praticamente separabile dall’inadempimento, perché quest’ultimo corrisponde alla lesione dell’interesse tutelato dal contratto e dunque al danno evento.

17. In base all’art. 1223 c.c. “L’assorbimento pratico della causalità materiale nell’inadempimento fa sì che tema di prova del creditore resti solo quello della causalità giuridica (oltre che della fonte del diritto di credito), perché, come affermato da Cass. S.U. n. 13533 del 2001, è onere del debitore provare l’adempimento o la causa non imputabile che ha reso impossibile la prestazione (art. 1218 c.c.), mentre l’inadempimento, nel quale è assorbita la causalità materiale, deve essere solo allegato dal creditore. Non c’e’ quindi un onere di specifica allegazione (e tanto meno di prova) della causalità materiale perché allegare l’inadempimento significa allegare anche nesso di causalità e danno evento” (così, in motivazione, Cass. 11/11/2019, nn. 28991-28992, p. 1.1.1).

18. La fattispecie in esame non è però quella di un inadempimento in senso proprio, ma di adempimento ritardato -e, dunque, inesatto-. La prestazione non è mancata, ma differisce da quella programmata in contratto ed attesa dal creditore in relazione ad una dimensione che la connotava, quella temporale. Poiché l’interesse del creditore era certamente correlato anche a tale connotazione temporale della prestazione, non può dubitarsi che la sua mancanza determini lesione di quell’interesse e, in tal senso, anch’essa, un danno-evento.

19. Il danno risarcibile dunque non può, in tal caso, che identificarsi interamente con le utilità ed i vantaggi, estranei al vincolo obbligatorio, che siano andati eventualmente perduti in ragione del ritardo (lucro cessante) e/o con i maggiori esborsi eventualmente resisi necessari (danno emergente). Ciò, però, colloca il danno risarcibile sul piano dei c.d. danni consequenziali o estrinseci (tali sono, secondo definizione dottrinale, quei “pregiudizi che sporgono rispetto al solo valore dell’interesse creditorio non realizzato, o realizzato in maniera inesatta”, distinti dal danno primario o intrinseco rappresentato dal mancato conseguimento o dal conseguimento inesatto dell’utilità contrattualmente dovuta ed attesa).

20. Fuoriuscendo tali ulteriori vantaggi e utilità perdute dal perimetro dell’obbligazione, sarà onere del creditore farne specifica allegazione e darne dimostrazione, sia pure attraverso presunzioni, fondate su massime di comune esperienza. Solo una volta verificata l’esistenza di tali allegazioni e ritenutane la loro fondatezza, sia pure sulla base di ragionamento probatorio di tipo presuntivo, potrà farsi utile ricorso alla liquidazione equitativa del danno, nel rispetto dei requisiti sopra detti.

21. La sentenza impugnata non esamina la fattispecie alla luce dell’esposto quadro normativo di riferimento e va pertanto cassata, in accoglimento del ricorso, con rinvio al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Ravenna in persona di diverso magistrato, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di legittimità;

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione terza civile, il 20 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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