Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27091 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28805/2016 proposto da:

L.C., rappresentato e difeso dagli Avvocati PATRIZIA UBALDI, e MASSIMO DALMONTE, ed elettivamente domiciliato, presso lo studio della prima, in ROMA, L.go LUIGI ANTONELLI 27;

– ricorrente –

contro

F.G., in proprio, F.A., F.F., FO.GA., F.G.A., tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Giacomo Foschini, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in LUGO (RA) VIA della LIBERTA’ 14;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2049/2016 della CORTE d’APPELLO di BOLOGNA, pubblicata il 14/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/05/2021 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

FATTI DI CAUSA

Con sentenza n. 906/2012, depositata il 24.8.2012, il Tribunale di Ravenna condannava F.A., F.F., F.G., F.G.A. e FO.GA., in solido tra loro, al pagamento in favore di L.C. della somma di Euro 18.979,00, oltre contributo previdenziale, IVA e interessi legali dal 15.11.2003 al saldo, quale compenso dallo stesso maturato per l’attività professionale di consulenza svolta in relazione alla trattativa di vendita di un immobile di proprietà dei convenuti in *****.

Avverso detta sentenza proponevano appello principale F.A., F.F. e F.G. e appello incidentale Fo.Ga. e F.G.A.. Resisteva al gravame L.C..

Con sentenza n. 2049/2016, depositata in data 14.11.2016, la Corte d’Appello di Bologna, in accoglimento sia dell’appello principale che di quello incidentale, respingeva la domanda di L.C., condannandolo al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. In particolare, la Corte territoriale sottolineava che il Tribunale – pur avendo evidenziato la mancanza di un atto di conferimento dell’incarico al L. e che la prova del mandato, non richiedendo la forma scritta, poteva desumersi anche in via presuntiva “da idonei indizi plurimi, precisi e concordanti” – riteneva di ravvisare tali indizi sia nel rapporto professionale e fiduciario già in essere tra il L. e alcuni dei convenuti, per i quali il primo aveva curato per diversi anni gli adempimenti tributari, sia nella corrispondenza agli atti che coinvolgeva il medesimo quale professionista incaricato di prestare consulenze, consigliare i propri assistiti e redigere atti. Secondo la Corte di merito a tali circostanze non si poteva riconoscere alcuna valenza probatoria.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione L.C. sulla base di quattro motivi. Resistono i F. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente deduce la “Nullità della sentenza – art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 345 c.p.c., commi 1 e 2, in parte qua la Corte d’Appello ha pronunciato su eccezioni (la pretesa riconducibilità a contratto di mediazione delle prestazioni del professionista) proponibili unicamente dalle parti, ma dalle quali gli appellanti erano decaduti per tardività o rinuncia”.

1.2. – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “Violazione o falsa applicazione di norma di diritto (art. 360, comma 1 n. 3) in relazione all’art. 1754 c.c., in parte qua la Corte d’Appello ha ritenuto configurabile la figura di mediatore in difetto dei presupposti istituzionali di essa”.

1.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente eccepisce l'”Omesso esame di fatto storico, la cui esistenza risulta dagli atti processuali, ha costituito oggetto di discussione tra le parti e presenta carattere decisivo per il giudizio, in quanto, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”.

1.4. – Con il quarto motivo, il ricorrente rileva altro “Omesso esame di fatto storico, la cui esistenza risulta dagli atti processuali, ha costituito oggetto di discussione tra le parti e presenta carattere decisivo per il giudizio, in quanto, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso, trattandosi di contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili – art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come da Cass. SS.UU. n. 8053/2014. In parte qua la Corte di merito riteneva che l’affermazione di F.G.A. che i F. avevano fatto, nella fase di esecuzione del contratto, quanto consigliato dal L., che pregavano di voler rimanere loro consulente, non valesse a dimostrare il conferimento al medesimo di un incarico di assistenza e consulenza nella conduzione della vicenda contrattuale, omettendo ogni esame del contesto in cui tale riconoscimento era avvenuto”.

2. – Data la stretta connessione dei motivi terzo e quarto, gli stessi vanno esaminati e decisi congiuntamente.

2.1. – I motivi sono fondati.

2.2. – La Corte d’appello di Bologna, preso atto delle risultanze istruttorie – dalle quali affermava non evicersi “alcuna prova del ruolo effettivamente rivestito nella vicenda negoziale concernente l’immobile di ***** da parte di L.C., potendosi ipotizzare o un suo coinvolgimento personale quale interessato in proprio all’acquisto, secondo la tesi prospettata dai convenuti, ma in realtà rimasta indimostrata, o più verosimilmente, un intervento nelle trattative quale mediatore” – riteneva che “essendo mancata la prova della esistenza tra le parti di un rapporto che giustifichi la pretesa di L.C. al compenso per la asserita attività di consulenza, in riforma della gravata sentenza, la domanda di L.C. (dovesse essere) respinta” (sentenza, pag. 7).

Orbene, l’omesso esame (oggetto del terzo motivo) si riferi(va) al quadro probatorio inerente alle menzionate attività svolte dal L., con riferimento alla redazione del contratto preliminare tra i F. ed il citato geom. R. (che aveva trattato l’acquisto dell’immobile de quo, narrando che alla stipula del preliminare presso lo studio del L. erano presenti tutti i F.), nonché di assistenza agli stessi F. anche successivamente alla sottoscrizione del medesimo.

L’omesso esame (di cui al quarto motivo) evidenzi(va) altresì che l’epistolario intercorso con la spedizione della lettera di proteste del L. del 26.9.2003 (con la quale metteva in guardia il F., come suo consulente, dalle conseguenze di alcune iniziative che sconsigliava), sia la successiva lettera di dichiarazione di rinuncia al mandato del 29.9.2003, fossero pertinenti alla vicenda contrattuale in oggetto, costituendo prova dell’intervento in essa del L. quale consulente della parte venditrice.

2.3. – Osservava, dunque, la Corte distrettuale che “se da un lato il riferimento, da parte del F., alla qualità di consulente del L. non vale(va) di per sé a dimostrare il conferimento di uno specifico incarico di consulenza relativo alla trattativa di vendita dell’immobile e, soprattutto, a provare le specifiche attività dal L. svolte nell’espletamento dell’incarico di consulente, dall’altro lato, il tenore della corrispondenza mal si concilia(va) con l’esistenza di un rapporto professionale conferito dal F. al L., essendo quanto meno anomalo che il F. interloquisse personalmente (anziché tramite il proprio consulente) con la controparte e che trasmettesse per conoscenza al professionista le comunicazioni che indirizzava alla controparte, così come era altrettanto anomalo che il professionista si rivolgesse al proprio cliente in toni polemici criticando la condotta di quest’ultimo e scrivendo per conoscenza alla controparte. Dall’esame delle risultanze istruttorie si poteva ipotizzare un intervento del L. quale mediatore” (sentenza, pag. 7).

Solo l’avere mancato di contestualizzare tali elementi fattuali – che la Corte stessa riferiva in motivazione ma poi non aveva preso in esame – poteva aver permesso al Giudicante di pervenire alla successiva affermazione (che con la prima si poneva in incomprensibile contrasto) in irriducibile contraddizione, per la quale “il riferimento, da parte di F., alla qualità di consulente di L., non vale di per sé a dimostrare il conferimento a questi di uno specifico incarico di consulenza relativo alla trattativa di vendita dell’immobile e, soprattutto, a provare le specifiche attività dal medesimo svolte nell’espletamento dell’incarico di consulente”.

Per cui quella della Corte distrettuale si configura quale fattispecie di motivazione apparente e contraddittoria.

2.4. – Sul punto, la motivazione risulta(va) priva di una motivazione idonea a rispettare il minimo costituzionale, sulla base del nuovo parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Il novellato paradigma (nella nuova formulazione adottata dal D.L. n. 83 del 2012, convertito dalla L. n. 134 del 2012, ed applicabile ratione temporis) consente di denunciare in cassazione (oltre all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante) solo il vizio dell’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (Cass. sez. un. 8053 del 2014; conf. Cass. n. 14014 del 2017; Cass. n. 9253 del 2017). A seguito della riforma del 2012 è scomparso pertanto, il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, rimanendo il controllo circa la esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e la coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata.

Detto controllo concerne, invece, l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Pertanto, l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass., sez. un., n. 19881 del 2014).

3. – Vanno accolti il terzo e il quarto motivo di ricorso principale, nei termini di cui in motivazione, con assorbimento del primo e secondo motivo di ricorso; va cassata la sentenza impugnata e rinviata la causa alla Corte d’Appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo e il quarto motivo del ricorso principale, con assorbimento del primo e del secondo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese di questo giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 13 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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