Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27121 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25693-2018 proposto da:

P.M., rappresentato e difeso dall’avv. LAURA MARIA GARDINI;

– ricorrente –

contro

CROTTO B. SNC DI B.L. E F., in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2642/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 28/5/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/1/2021 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 28/5/2018 la Corte d’Appello di Milano, in parziale accoglimento del gravame interposto dalla società Crotto B. di B.L. e F. s.n.c. e in conseguente parziale riforma della pronunzia Trib. Como 17/12/2015, ha accolto la domanda in origine proposta nei confronti del sig. P.M. di risarcimento dei danni subiti in conseguenza della ritardata consegna da parte di quest’ultimo dell’immobile concessogli in comodato gratuito, riconoscendogli, oltre ai danni già liquidati dal giudice di prime cure (concernenti le spese per il rifacimento dell’impianto di riscaldamento e di tinteggiatura dei locali), anche il “danno da lucro cessante derivante dall’impossibilità di ricollocare sul mercato l’azienda, perché l’immobile in cui si svolgeva l’attività di ristorazione che ne era oggetto, a partire dall’aprile 2012 fino all’ottobre 2012, era rimasta inagibile per i lavori di ripristino dell’impianto di riscaldamento”.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il P. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.

L’intimata non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione dell’art. 1591 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con il 2 motivo denunzia violazione “delle norme e della giurisprudenza in materia di collegamento negoziale”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto applicabile al comodato l’art. 1591 c.c., dettato in tema di locazione.

Lamenta che abbia ritenuto sussistente il danno in re ipsa, senza che controparte abbia invero provato che ove avesse recuperato tempestivamente l’immobile l’avrebbe effettivamente impiegato per una finalità produttiva, fosse questa il godimento diretto o la locazione.

Si duole che la corte di merito abbia ritenuto sussistente un collegamento negoziale tra il contratto d’affitto d’azienda e il contratto di comodato gratuito dell’immobile laddove le parti hanno inteso stipulare due distinti ed autonomi contratti.

Lamenta che in ogni caso “il collegamento negoziale non rende… uniforme la normativa applicabile ai singoli contratti”.

Con il 3 motivo denunzia violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che la corte di merito abbia ritenuto sussistente il “danno da chiusura dell’attività” in difetto di domanda, avendo controparte domandato solamente il risarcimento del danno derivante “dall’impossibilità di utilizzare i locali”.

Lamenta che di tale “danno da chiusura dell’attività” controparte non ha invero mai provato né offerto di “documentare” nemmeno l'”entità”.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.

Come questa Corte ha già avuto modo di porre in rilievo, il criterio di valutazione previsto dall’art. 1591 c.c. costituisce espressione di un principio riferibile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione di un bene dietro corrispettivo, allorquando il concessionario lo continui a utilizzare oltre il termine finale del rapporto, senza averne più titolo (v. Cass., 31/07/2019, n. 20708).

Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l’art. 1591 c.c. prevede una liquidazione forfettaria minima del danno per ritardata restituzione, ragguagliandola al corrispettivo convenuto (cfr. Cass. n. 9488/2007), con salvezza della possibilità, per il locatore, di dimostrare un eventuale maggior danno (v. Cass., 11/7/2014, n. 15899; Cass., 27/3/2007, n. 7499; Cass., 13/10/1986, n. 5990).

Il maggior danno di cui all’art. 1591 c.c. deve essere provato in concreto dal locatore secondo le regole ordinarie e, quindi, anche mediante presunzioni, tale prova dovendo consistere nella dimostrazione che la ritardata restituzione dell’immobile ha concretamente pregiudicato la possibilità di locare il bene a terzi per un canone superiore all’ultimo corrispettivo convenuto con il conduttore inadempiente, non essendo sufficiente la mera prova del diverso e maggior valore locativo di mercato (v. Cass., 22/11/2016, n. 23704; Cass., 31/1/2012, n. 1372; Cass., 3/3/2009, n. 5051).

Tale danno va peraltro provato in concreto da chi ne pretende il ristoro, non potendo considerarsi in re ipsa (v. Cass., 24/4/2019, n. 11203; Cass., 4/12/2018, n. 31233; Cass., 25/5/2018, n. 13071. Diversamente v. peraltro Cass., 9/8/2016, n. 16670, Cass., 06/08/2018, n. 20545; Cass., 28/08/2018, n. 21239; Cass., 31/07/2019, n. 20708), giacché come questa Corte – anche a Sezioni Unite – ha avuto più volte modo di affermare financo nel caso di lesione di diritti inviolabili, risarcibile è solo il danno-conseguenza, che deve essere sempre debitamente allegato e provato, anche attraverso il ricorso a presunzioni semplici, da chi ne invoca il ristoro (v. Cass., 11/2/2021, n. 3572; Cass., 15/6/2018, n. 15732; Cass., 27/9/2017, n. 7594; Cass., 12/6/2015, n. 12225; Cass., 18/11/2014, n. 24474 – in tema di diffamazione a mezzo stampa -; Cass., 24/9/2013, n. 21865; Cass., 14/5/2012, n. 7471; Cass., 21/6/2011, n. 13614; Cass., 13/5/2011, n. 10527; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972).

Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi.

E’ rimasto nella specie accertato essere tra le parti intercorso un contratto di comodato gratuito di immobile per l’esercizio di attività di ristorazione.

All’esito della cessazione dell’affitto di azienda all’esito della disdetta da parte dell’affittuario, e della tempestiva “riconsegna dei beni ricompresi nel contratto di azienda”, l’odierna controricorrente ha chiesto ed ottenuto in 1 grado il risarcimento del danno consistito nelle spese di ripristino dell’impianto di riscaldamento e di tinteggiatura dei locali dell’immobile oggetto di comodato, e in sede di gravame gli è stato riconosciuto anche il ristoro del danno da lucro cessante consistito nell’impossibilità di ricollocare sul mercato l’azienda rimasta inagibile per i lavori di ripristino dell’impianto di riscaldamento.

Nel porre in rilievo “il collegamento negoziale” nella specie “esistente tra i due contratti” di comodato gratuito dei locali e di affitto dell’azienda di ristorazione”, e nel sottolineare che “nell’accordo, formalmente unitario, le parti hanno collegato il godimento dei locali alla durata del contratto di affitto dell’azienda… con la conseguenza (che) l’inadempimento al pagamento dei canoni d’affitto, qualora comporti il cessare dell’efficacia del relativo contratto, priva di efficacia anche il comodato”, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza ravvisato la sussistenza (anche) del danno da lucro cessante consistente nell'”impossibilità di esercitare l’attività di ristorazione in assenza di un locale idoneo a tale formalità”.

Ha al riguardo in particolare sottolineato come il “ritardo determinato nell’esecuzione dei lavori”, benché riguardante l’immobile, si sia “tradotto, nella sostanza, nel ritardo nel reimmettere l’affittante nella piena disponibilità dell’azienda e, dunque, nel ritardo nella consegna dell’azienda medesima”.

Argomentando dal rilievo che “stando alla formulazione dell’art. 1591 c.c. non è richiesta prova del danno, prevedendo tale norma, invece, che il conduttore sia tenuto a corrispondere al locatore con il pagamento dei canoni convenuti fino alla consegna, per il solo fatto di essere in mora nella restituzione dell’immobile”, è quindi pervenuta a riconoscere in favore dell’odierno controricorrente il “diritto al risarcimento del danno per chiusura dell’attività” liquidato “ai sensi dell’art. 1591 c.c…. nella misura dei canoni maturati dalla data di redazione del verbale di consegna sino all’ottobre 2012”.

Emerge evidente, a tale stregua, che, ritenuto (in ragione del ravvisato collegamento negoziale: in argomento v. Cass., 27/6/2006, n. 17145) applicabile l’art. 1591 c.c. anche in caso di contratto come nella specie di comodato gratuito (cfr. Cass., 29/9/2005, n. 19139; Cass., 13/7/1999, n. 7422; Cass., 13/7/1984, n. 4119), la corte di merito ha nella specie invero disatteso il sopra richiamato principio in tema di danno in re ipsa, in particolare là dove ha affermato non essere al riguardo “richiesta la prova del danno”, ritenuto commisurabile al “pagamento dei canoni convenuti fino alla consegna”, in ragione del “solo fatto di essere in mora nella restituzione dell’immobile”.

Dell’impugnata sentenza s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie p.q.r. il ricorso. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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