LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Presidente –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –
Dott. RUSSO Rita – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 26148/2018 proposto da:
Intesa Sanpaolo s.p.a., in persona del procuratore speciale pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via Giovanni Nicotera n. 29, presso lo studio dell’avvocato Assumma Giorgio, che la rappresenta e difende, unitamente all’avvocato Mastracchio Franco Maria, con procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Unione Euro-Americana di Assicurazioni s.p.a. in l.c.a., in persona del Commissario liquidatore pro-tempore, elettivamente domiciliata in Roma, in via Villa Massimo n. 57, presso lo studio dell’avvocato Pescatore Luca, che lo rappresenta e difende, con procura speciale in calce al controricorso;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2501/2018 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 01/02/2018;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2021 dal Cons., Dott. CAIAZZO ROSARIO;
lette le conclusioni scritte ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art.
23, comma 8-bis, convertito con modificazioni nella L. n. 176 del 2020, del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale, Dott. SGROI CARMELO, che chiede che la Corte di cassazione dichiari inammissibile il ricorso per revocazione; con le conseguenze di legge.
FATTI DI CAUSA
L’Unione Euro-Americana di Assicurazioni, s.p.a. in l.c.a. (UEA) impugnò la sentenza della Corte d’appello di Roma emessa il 2.7.12, che aveva respinto l’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 29.3.05 che, in accoglimento dell’opposizione allo stato passivo proposta dall’allora Banco di Napoli, aveva ammesso quest’ultimo al passivo della procedura di l.c.a. per la somma di Euro 11.879.099,85 in chirografo, così riconoscendo l’efficacia delle lettere di patronage già rilasciate dalla società assicuratrice in favore della banca a garanzia di due finanziamenti in ECU contratti con la IFI s.p.a. L’appello fu ritenuto infondato, per quanto d’interesse nel presente giudizio, in quanto non sussisteva la possibilità per la procedura di l.c.a. di escludere la banca quanto al credito già incassato per effetto della transazione con la Milano Assicurazioni s.p.a., non risultando appieno la dichiarazione di volerne profittare e, sul punto, difettando la specificità del motivo di gravame perché inerente al vizio di omessa pronuncia e non di extrapetizione, conseguendone il giudicato sulla decisione del Tribunale di non spettanza alla l.c.a. del predetto diritto ad avvalersi della transazione.
Il commissario della L.c.a. ricorse in cassazione avverso la suddetta sentenza d’appello, con sei motivi. Con sentenza emessa il 25.10.17 la Corte di cassazione accolse il ricorso, osservando che: era incontroverso che la ricorrente avesse palesato, fin dal primo grado, il proprio intento di profittare della transazione conclusa dal co-garante Milano Assicurazioni s.p.a. con il comune creditore (la banca) ai sensi dell’art. 1304 c.c., in tal modo contestando, per la parte pagata, l’ammissione al passivo da parte della banca stessa, nelle more disposta con sentenza del Tribunale; la Unione Euro-Americana di Assicurazioni s.p.a. aveva impugnato in appello la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva, appunto, escluso che la suddetta società avesse dichiarato di voler profittare della transazione conclusa dalla co-garante con la banca.
Avverso la sentenza della cassazione Intesa San Paolo s.p.a. propone ricorso per revocazione ex art. 391bis e ex art. 395 c.p.c., n. 4, affidato ad unico motivo.
L’Unione Euro-Americana di Assicurazioni, s.p.a. in 1.c.a., resiste con controricorso.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria, concludendo per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso la società ricorrente deduce che la sentenza impugnata sia inficiata da due errori di fatto in ordine al capo in cui la stessa sentenza ha accolto il ricorso della Unione Euro-Americana di Assicurazioni, s.p.a. in l.c.a.
Al riguardo, si deduce che il primo errore di fatto si annidi nella parte della motivazione in cui è affermato che “…appare incontroverso che la l.c.a. ha palesato nel giudizio, sin dal primo grado, il proprio intento di profittare della transazione conclusa dal co-garante Milano Assicurazioni s.p.a.” In particolare, parte ricorrente sostiene che la procedura di l.c.a. non abbia chiaramente dichiarato di profittare della transazione, non avendo tale significato l’espressione “palesare”. In sostanza, la ricorrente assume che: la Corte territoriale aveva ritenuto non impugnata la parte della sentenza del Tribunale che aveva negato alla Unione Euro-Americana di Assicurazioni, s.p.a., il diritto di profittare della transazione e che, comunque, anche se si fosse ritenuta proposta tale impugnazione, essa sarebbe stata da considerare inammissibile perché non specifica; l’appello della UEA non conteneva un atto volitivo diretto ad impugnare la statuizione del Tribunale, o comunque il motivo non era specifico, né ciò sarebbe stato desumibile dalla riproposizione in appello della richiesta di dedurre dal proprio debito l’importo pagato dalla Milano Assicurazioni; l’eccezione d’estinzione parziale del debito da parte della stessa UEA non era interpretabile come eccezione d’estinzione totale che non era mai stata proposta; l’errore di fatto commesso dalla cassazione consisteva dunque nell’aver ritenuto che l’eccezione d’estinzione totale dell’intero debito avesse rappresentato la manifestazione della volontà d’impugnare la sentenza di primo grado che aveva escluso i presupposti dell’art. 1304 c.c.; la Corte dunque avrebbe erroneamente ritenuto sussistente un’eccezione non proposta, fatto processuale incontestabilmente escluso dagli atti.
Inoltre, la ricorrente assume che il secondo errore di fatto sarebbe consistito nel fatto che la cassazione avrebbe erroneamente supposto l’esistenza di una parte argomentativa nell’atto d’appello che, invece, è escluso dagli atti, non percependo la difesa della banca che chiedeva tale verifica.
Il ricorso è inammissibile. Invero, la critica formulata attraverso l’unico motivo è diretta, sostanzialmente, al riesame dei fatti, ovvero a prospettare una loro diversa interpretazione ricondotta erroneamente alla fattispecie revocatoria. In particolare, la censura di revocazione è fondata sulla deduzione di una mancata impugnazione attraverso argomenti implausibili, atteso che la Cassazione ha chiaramente evidenziato che il motivo non era privo di specificità, in quanto formulato come “omessa pronuncia sulla richiesta di detrazione del corrispondente importo da quello ammesso al passivo”, cioè la procedura aveva impugnato non per conseguire un attivo, ma per limitare il passivo concorsuale nel giudizio d’opposizione L.Fall., ex artt. 209-98, contestando il credito del terzo ed eccependone una causa estintiva. Pertanto, non giova alla ricorrente sostenere che l’appello in questione fosse munito del solo profilo “volitivo” non anche di quello “argomentativo”; il ricorso in esame è in sostanza imperniato su una mera questione terminologica che non scalfisce l’effettività del gravame.
Invero, la Corte di cassazione ha ritenuto che l’appello vi fosse e, sia pure in modo implicito e sintetico, che possedesse anche una adeguata componente critica relativamente alla pretesa estinzione, parziale o totale del credito.
Al riguardo, va osservato che, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato per le sentenze della Corte di cassazione dall’art. 391-bis c.p.c., rientra fra i requisiti necessari della revocazione che il fatto oggetto della supposizione di esistenza o inesistenza non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciarsi; pertanto, non è configurabile l’errore revocatorio qualora l’asserita erronea percezione degli atti di causa abbia formato oggetto di discussione e della consequenziale pronuncia a seguito dell’apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dal giudice (Cass., n. 9527/19; n. 27094/11).
Nella fattispecie, non ricorre il richiamato presupposto della revocazione consistente nel fatto che l’asserita inesistenza dell’impugnazione non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza impugnata si è pronunciata. Infatti, come detto, la Corte di cassazione ha espressamente affermato che era incontroverso che la ricorrente avesse palesato, fin dal primo grado, il proprio intento di profittare della transazione conclusa dalla co-garante Milano Assicurazioni s.p.a. con il comune creditore (la banca) ai sensi dell’art. 1304 c.c., in tal modo contestando, per la parte pagata, l’ammissione al passivo da parte della banca stessa.
Da quanto esposto può dunque concludersi, in adesione al parere del Procuratore generale, che la banca ricorrente ha in realtà fondato il ricorso su doglianze che assumono, in sostanza, la pregnanza di errori valutativi o di giudizio che, come tali, esulano dall’ambito del vizio revocatorio (Cass., SU, n. 8984/18).
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 10200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021