Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27145 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 26197/2019 proposto da:

S.D., rappresentato e difeso dall’Avv. Arianna Denule, per delega a margine del ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

O.M.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Vittorio Michele Delogu, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, domiciliata presso lo studio dell’Avv. Heacliff Chiodi, con studio in Roma, via Attilio Regolo, n. 19;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte di appello di CAGLIARI n. 633/2019 pubblicato il 4 marzo 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12 maggio 2021 dal consigliere dott. Lunella Caradonna.

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto del 4 marzo 2019, la Corte di appello di Cagliari ha rigettato il reclamo proposto da S.D., avverso il decreto del Tribunale di Oristano del 17 luglio 2017 che, su ricorso dello S., aveva disposto l’affidamento esclusivo della figlia Y., nata il *****, dalla relazione con O.M.L., disponendo che il padre potesse incontrare la figlia solo in ambiente protetto e con l’ausilio dei Servizi Sociali e determinando un assegno a carico della S. per il mantenimento della minore.

2. La Corte di appello, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica disposta in secondo grado – che aveva affermato una totale assenza di cogenitorialità, un legame con il padre non forte già prima della separazione dei genitori, l’atteggiamento assunto dal padre apparentemente assenteistico e disinteressato che aveva favorito l’allontanamento dalla figura paterna, il disagio di Y. rispetto alla figura paterna che si esprimeva in un atteggiamento anafettivo e disinteressato – aveva confermato l’affidamento esclusivo alla madre, disponendo un percorso di psicoterapia individuale per la minore al fine di preservarla da difficoltà con il padre e con i legami affettivi futuri e la reintegrazione graduale della figura paterna, oltre che un percorso di sostegno alla genitorialità per lo S. e di mediazione per entrambi i genitori, al fine di superare la conflittualità.

3. S.D. ha impugnato il decreto della Corte d’appello di Napoli con ricorso straordinario ex art. 111 Cost. affidato a tre motivi.

4. O.M.L. ha depositato controricorso.

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si lamenta la violazione dell’art. 337 ter c.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il giudice del reclamo disposto l’affidamento condiviso della minore, evidenziando soltanto la capacità della madre di preservare la continuità della relazione parentale della minore con il padre e non evidenziando le ragioni per cui il padre era indegno o incapace di prendersi cura della figlia; né la conflittualità era ostativa all’affidamento condiviso; il consulente, peraltro, aveva affermato che i genitori, posti di fronte allo stato emozionale della figlia, cambiavano atteggiamento e aveva dichiarato che il rifiuto della bambina di vedere il padre non era dovuto all’inadeguatezza del genitore.

2. Con il secondo si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 337 quater c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere disciplinato il diritto di visita violando il diritto della minore alla bigenitorialità, alla luce di quanto affermato dal consulente tecnico d’ufficio che aveva sostenuto che il padre dovesse partecipare attivamente alla vita della figlia, anche se la bambina lo rifiutava, e che era indispensabile che venisse indirizzato e consigliato affinché potesse svolgere il ruolo di padre con le modalità più funzionali.

3. Con il terzo motivo si lamenta la nullità della decisione per violazione e falsa applicazione dell’art. 337 ter c.c., art. 337 quater c.c. dell’art. 132, comma 2, n. 4 e art. 118 disp. att. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere il giudicante motivato in maniera adeguata la disposizione dell’affido esclusivo, omettendo di indicare gli elementi espressivi della inidoneità genitoriale del padre e basando la decisione sul rifiuto della bambina a incontrarsi con il padre e con la conflittualità tra i genitori.

3.1 I motivi, che vanno trattati unitariamente perché connessi, sono inammissibili.

3.2 In proposito, mette conto rilevare che nel quadro della nuova disciplina relativa ai “provvedimenti riguardo ai figli” dei coniugi separati, improntata alla tutela del diritto del minore (già consacrato nella Convenzione di New York del 20 novembre 1989 resa esecutiva in Italia con la L. n. 176 del 1991) alla cd. “bigenitorialità”, ovvero al diritto, dei figli a continuare ad avere un rapporto equilibrato con il padre e con la madre anche dopo la separazione, l’affidamento “condiviso”, che comporta l’esercizio della potestà genitoriale da parte di entrambi ed una condivisione, appunto, delle decisioni di maggiore importanza attinenti alla sfera personale e patrimoniale del minore, si pone non più come evenienza residuale, bensì come regola; rispetto alla quale costituisce, invece, ora accezione la soluzione dell’affidamento esclusivo; alla regola dell’affidamento condiviso può, dunque, derogarsi solo ove la sua applicazione risulti pregiudizievole per l’interesse del minore” (Cass., 8 febbraio 2012, n. 1777).

Pur non potendo ragionevolmente ritenersi comunque precluso l’affidamento condiviso, di per sé, dalla mera conflittualità esistente fra i coniugi, poiché tale istituto avrebbe altrimenti una applicazione, evidentemente, solo residuale, occorre, perché possa derogarsi alla regola dell’affidamento condiviso, che risulti, nei confronti di uno dei genitori, una sua condizione di manifesta carenza o inidoneità educativa o comunque tale appunto da rendere quell’affidamento in concreto pregiudizievole per il minore (Cass., 18 giugno 2008, n. 16593).

Con la duplice conseguenza che:

non avendo il legislatore ritenuto di tipizzare le circostanze ostative all’affidamento condiviso, la loro individuazione resta rimessa alla decisione del Giudice nel caso concreto da adottarsi con provvedimento motivato, con riferimento alla peculiarità della fattispecie che giustifichi, in via di eccezione, l’affidamento esclusivo;

l’adozione della modalità dell’affidamento esclusivo dovrà risultare sorretta da una motivazione non più solo in positivo sulla idoneità del genitore affidatario, ma anche in negativo sulla inidoneità educativa del genitore che in tal modo si escluda dal pari esercizio della potestà genitoriale e sulla non rispondenza, quindi, all’interesse del figlio dell’adozione, nel caso concreto, del modello legale prioritario di affidamento.

3.3 La Corte territoriale non si è affatto discostata da tali principi, avendo, sulla base delle risultanze della consulenza tecnica svolta in secondo grado, disposto l’affidamento esclusivo alla madre, non già, come affermato dal ricorrente, sulla base della capacità della madre di preservare la continuità della relazione parentale della minore con il padre e del rifiuto della bambina di incontrarsi con il padre, ma, all’evidenza, sul comportamento tenuto dal padre e sui rapporti che il padre “non” aveva instaurato con la figlia dal momento della nascita, fino al *****, data in cui si era determinato a riprendere i rapporti con la figlia (per poi nuovamente interromperli per un paio di anni), che si sono, all’evidenza, tradotti in una sua accertata inadeguatezza educativa.

Si legge, a pag. del provvedimento impugnato, che il padre si era allontanato da casa già ad *****, quando la bambina aveva poco più di tre mesi, per farvi ritorno a settembre, e che ad aprile ***** si era trasferito presso la casa della nuova compagna; e che, dopo oltre due anni di silenzio, nel 2016 aveva nuovamente manifestato la volontà di frequentare la figlia.

Ciò in assoluta coerenza con le risultanze peritali che hanno affermato una totale assenza di cogenitorialità, un legame con il padre non forte già prima della separazione dei genitori, l’atteggiamento assunto dal padre apparentemente assenteistico e disinteressato che aveva favorito l’allontanamento dalla figura paterna, il disagio di Y. rispetto alla figura paterna che si esprimeva in un atteggiamento anaffettivo e disinteressato (pagine 4 e 5 del provvedimento impugnato).

Ora, al di là della conflittualità esistente tra il padre e la madre, pure messa in rilievo dal consulente d’ufficio, quello che è emerso con evidenza è la criticità del rapporto instaurato dal padre con la figlia fin dai primi anni di vita e che lo S., a fronte di ciò, non è stato in grado di trovare gli strumenti adeguati per affrontare tali criticità, tanto è vero che più cresceva il rifiuto della bambina, più egli ha assunto un atteggiamento apparentemente assenteistico e disinteressato, favorendo in tal modo l’allontanamento dalla figura paterna (pagg. 4 e 5 del decreto impugnato).

Ulteriore elemento emerso con certezza dagli incontri con il consulente d’ufficio è che le modalità di rapportarsi del padre con la figlia hanno creato nella bambina un muro di indifferenza, ovviamente indice di un elevato meccanismo di difesa, che ha portato e porta la figlia a rifiutare il padre.

Ed anche quando il consulente afferma che il rifiuto della figlia non sembrava legato alla adeguatezza genitoriale dello S., perché la bambina non aveva apportato alcun elemento, né positivo, né negativo, sul padre, ciò riscontra, per converso, l’atteggiamento di assoluta indifferenza che la figlia ha costruito nei confronti del genitore. Non è nemmeno emersa un’attività manipolante svolta dalla madre nei confronti della bambina, né l’agitazione mostrata per l’incontro con il padre era dipeso dai segnali della madre, che, invece, anche se eccessivamente tutelante, si era affidatagli operatori.

Sicché proprio il comportamento inadeguato posto in essere dal padre, profondamente indicativo della sua carenza educativa, ha condotto la Corte territoriale ad affidare la figlia in via esclusiva alla madre (il solo genitore con la quale la bambina, per numerosi anni, si era confrontata), sul presupposto, per l’appunto, di una valutazione dell’atteggiamento del padre in termini di “inidoneità” alla condivisione dell’esercizio della potestà genitoriale in termini compatibili con la tutela dell’interesse primario della figlia minore.

E ciò tenuto anche conto che il consulente d’ufficio aveva espressamente evidenziato che, allo stato attuale, non vi era alcuna possibilità di riavvicinamento del padre con la figlia, e che un’azione di forza nei confronti della minore avrebbe esposto quest’ultima ad uno stress particolarmente elevato e avrebbe rischiato, di contro alla volontà del padre, di cronicizzare il suo rifiuto.

La decisione della Corte, quindi, che ha confermato l’affidamento esclusivo alla madre, con la previsione, tuttavia, di un percorso di psicoterapia individuale per la minore al fine di preservarla da difficoltà con il padre e con i legami affettivi futuri e con una reintegrazione graduale della figura paterna, oltre che con un percorso di sostegno alla genitorialità per lo S. e di mediazione per entrambi i genitori, al fine di superare la conflittualità, sembra perfettamente coerente con l’interesse della minore.

3.4 I giudici di merito, nella sostanza, con una valutazione discrezionale, che, nel dare adeguatamente conto delle ragioni della decisione adottata (secondo il parametro normativo di riferimento costituito dall’interesse del minore), hanno espresso un apprezzamento di fatto non suscettibile di censura in sede di legittimità. Mettendo in evidenza che il rapporto padre – figlia era risultato in modo significativo intaccato dal comportamento del padre assunto nei primi anni di vita della minore, che non aveva adeguatamente provveduto alle esigenze “morali” della minore, il che si riverberava in una situazione di inidoneità educativa del genitore e nella conseguente esigenza di stabilire delle modalità di frequentazione tali da consentire di valorizzare gradualmente la figura paterna, nel rispetto delle difficoltà di adattamento psicologico che tale situazione aveva già creato nella figlia e con l’obiettivo di adeguati riferimenti educativi e di una crescita equilibrata della minore.

4. Per le ragioni di cui sopra, il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, sostenute dalla controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Dispone, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi ai sensi del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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