LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27216-2019 proposto da:
O.E., rappresentato e difeso dall’Avvocato MASSIMILIANO VITO, per procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato;
avverso il DECRETO n. 6501/2019 del TRIBUNALE DI MILANO, depositato il 10/8/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/2/2021 dal Consigliere DONGIACOMO GIUSEPPE.
FATTI DI CAUSA
Il tribunale, con il decreto in epigrafe, ha rigettato il ricorso che O.E., nato in Nigeria il 1/1/1986, aveva proposto avverso il provvedimento con il quale la commissione territoriale aveva, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale che lo stesso aveva proposto.
O.E., con ricorso notificato il 10/9/2019, ha chiesto la cassazione del decreto, per due motivi.
Il ministero dell’interno ha depositato atto di costituzione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. e), f), g) ed h), dell’art. 3, dell’art. 7, comma 2, lett. a) e dell’art. 14, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato senza svolgere un’effettiva valutazione delle dichiarazioni rese dal richiedente in sede di audizione e delle prove documentali dallo stesso fornite.
2. Il motivo è infondato. Ai fini della protezione internazionale, in effetti, l’accertamento del giudice del merito deve avere, anzitutto, ad oggetto, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, l’attendibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente circa la sua personale esposizione a rischio grave per la vita o la persona, essendo solo in tal caso possibile considerare “veritieri”, se pur sforniti di prova (perché non reperibile o non richiedibile), i fatti che lo stesso ha narrato (cfr. Cass. n. 16925 del 2018). La valutazione d’inattendibilità del richiedente costituisce, peraltro, un apprezzamento di fatto che può essere denunciato, in sede di legittimità, solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (cfr. Cass. n. 33858 del 2019). Nel caso di specie, il tribunale ha ritenuto che il racconto svolto dal richiedenarit in ordine alle ragioni che lo avevano indotto a lasciare il proprio Paese non fosse credibile perché “generico e incoerente” (v. il decreto impugnato, p. 8 ss), ed ha, pertanto, legittimamente escluso, in conformità ai predetti indicatori normativi (tra cui quello, previsto dalla lett. c), secondo il quale i fatti narrati dal richiedente sono considerati “veritieri” solo se le dichiarazioni dello stesso siano ritenute, appunto, “coerenti e plausibili”), che lo stesso fosse soggettivamente credibile. Si tratta, per il resto, di un apprezzamento in fatto (del quale il tribunale ha esposto le ragioni in modo nient’affatto apparente o contraddittorio) che il ricorrente non ha specificamente censurato con la precisa indicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, art. 366 c.p.p., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, dei fatti, principali o secondari, che il giudice di merito, nell’accertamento svolto circa l’intrinseca attendibilità della sua narrazione, avrebbe del tutto omesso di esaminare, ancorché dedotti nel corso del giudizio di merito e decisivi nel senso che la loro valutazione avrebbe consentito, secondo parametri di elevata probabilità logica, una ricostruzione dell’accaduto diversa rispetto a quella affermata dalla decisione impugnata. Ed è noto che l’inattendibilità del racconto del richiedente, così come (oramai incontestabilmente) accertata dai giudici di merito, costituisce, per quanto rileva, motivo sufficiente per negare il riconoscimento dello status di rifugiato, senza che sia a tal fine necessario procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità (nella specie neppure specificamente invocata né comunque accertata nel giudizio di merito) di fornire riscontri probatori (Cass. n. 16925 del 2018; Cass. n. 33858 del 2019; Cass. n. 8367 del 2020; Cass. n. 11924 del 2020).
3. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, come sostituito dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 1, lett. b), n. 2, conv. con modif. dalla L. n. 132 del 2018, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha rigettato la domanda di protezione umanitaria ignorando del tutto l’ampio corredo probatorio addotto a supporto della richiesta.
4. Il motivo è inammissibile. Il ricorrente, infatti, non si confronta con, il decreto impugnato: il quale ha espressamente escluso che le disposizioni introdotte dal D.L. n. 113 del 2018, la cui violazione è censurata dal ricorrente, non trovano applicazione nei giudizi che, come quello in esame, erano pendenti alla data della sua entrata in vigore.
5. I motivi articolati in ricorso si rivelano, quindi, del tutto infondati. Peraltro, poiché il giudice di merito ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità, senza che il ricorrente abbia offerto ragioni sufficienti per mutare tali orientamenti, il ricorso, a norma dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, è manifestamente inammissibile.
6. Nulla per le spese di lite, in mancanza di un’effettiva attività difensiva da parte del ministero.
7. La Corte dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte così provvede: dichiara l’inammissibilità del ricorso; dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile, il 16 febbraio 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021