LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18989/2019 proposto da:
I.M.E., elettivamente domiciliato in Perugia, via XIV settembre n. 69, presso lo studio dell’avv. S. Brachetti, che lo rappresenta e difende, per procura in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, in persona del Ministro in carica;
– intimato –
avverso la sentenza n. 277/2019 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 09/05/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.
RILEVATO IN FATTO
che:
La Corte d’appello di Perugia ha respinto il gravame proposto da I.M.E., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Perugia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito che dopo avere eseguito la demolizione di un edificio che era stato sequestrato dal governo nel 2012 e dove furono ritrovate armi, fu minacciato e picchiato da parte di un gruppo di individui, nei cui confronti aveva presentato denuncia alla Polizia, ma senza ricevere protezione e, quindi, era stato costretto a lasciare il proprio paese.
A supporto della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha ritenuto che le dichiarazioni fossero generiche e la vicenda di natura personale, pertanto, la Corte distrettuale non ha riconosciuto né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria. In particolare, la Corte d’appello ha accertato l’insussistenza di situazioni di violenza indiscriminata nel paese di provenienza per l’assenza di conflitti armati. Infine, la Corte d’appello non ha ravvisato la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.
Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi, illustrati da memoria. Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione dell’art. 13 dir. n. 2005/85/CE e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 10, comma 4 e della L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per nullità del procedimento amministrativo, della ordinanza del tribunale e della sentenza di appello per omessa traduzione in lingua conosciuta e/o comunque comprensibile al ricorrente (inglese) della relata di notifica del provvedimento amministrativo di rigetto, nonché delle motivazioni di tale rigetto; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, nonché per motivazione assente circa punti decisivi della controversia, sugli elementi probatori in ordine alla vendetta privata, sulla vulnerabilità del ricorrente rispetto alle minacce ed aggressioni subite, sulla sussistenza del timore di persecuzione e sul mancato riconoscimento dello status di rifugiato; (iii) per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, sui medesimi profili di cui al motivo precedente; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, e per motivazione assente circa punti decisivi della controversia sulla violazione dell’onere probatorio e sulla mancata cooperazione istruttoria relativamente alla situazione nel sud della Nigeria, per la sussistenza di un grave danno e per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria; (v) sotto un quinto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per motivazione apparente, generica, insufficiente ed in ogni caso erronea, circa punti decisivi della controversia e per omesso esame di fatti decisivi, relativo ad elementi probatori che confermano la vicenda del ricorrente, alle gravi carenze del sistema sanitario nigeriano, alla vulnerabilità del ricorrente ed alla necessità ed opportunità di cure mediche in Italia; (vi) sotto un sesto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 257 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, per motivazione assente e per omesso esame circa un punto decisivo della controversia per il mancato riconoscimento dei presupposti della protezione umanitaria, in termini di vulnerabilità del ricorrente e di mancata considerazione dell’integrazione sociale e lavorativa.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non dice dove e quando tale censura sia stata precedentemente proposta (né la Corte d’appello riporta tale censura) ed inoltre, i vizi dell’atto amministrativo non rilevano in sede giurisdizionale nella quale il giudice ha cognizione piena sul rapporto.
Il secondo e terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto sono inammissibili, perché non colgono la ratio decidendi del giudizio di genericità delle dichiarazioni e di sostanziale non credibilità del ricorrente, sulla cui base il giudice non era tenuto ad alcun approfondimento istruttorio officioso.
Il quarto motivo, oltre ad essere anch’esso inammissibile, per le motivazioni di cui al precedente motivo, è inammissibile, unitamente al quinto motivo, in particolare perché contesta l’accertamento di fatto operato dalla Corte territoriale, alla luce delle fonti consultate, sulla situazione generale della Nigeria e della zona di provenienza del ricorrente (oltre che sui documenti prodotti, sui quali vedi anche il motivo successivo), in termini di mero dissenso, senza indicare neppure fonti alternative.
Il sesto motivo è infondato, in quanto la motivazione è senz’altro sufficiente e non sussiste nessun omesso esame di fatti decisivi, in quanto la documentazione è stata esaminata in particolare, quella medica, mentre per il resto, le censure non vanno oltre al mero dissenso, rispetto alla valutazione sull’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria.
La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE:
Rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021