Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27185 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16706/2020 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Roma Viale Delle Milizie 76 presso lo studio dell’avvocato Di Tullio Marta che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro in carica;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7834/2019 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 17/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.

RILEVATO IN FATTO

che:

La Corte d’appello di Roma ha respinto il gravame proposto da M.A., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito di essere fuggito dalla Nigeria a causa delle minacce subite da parte di alcuni membri della setta Eye che volevano che il ricorrente ne facesse parte. Siccome subì ripetute aggressioni, decise di lasciare la Nigeria.

A supporto della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha condiviso la valutazione di inattendibilità e non credibilità già espressa dal tribunale, alla luce delle contraddizioni emerse nel corso delle audizioni davanti alla Commissione e davanti allo stesso tribunale. La Corte distrettuale non ha, quindi, riconosciuto né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria. In particolare, la Corte d’appello ha accertato l’insussistenza di situazioni di violenza indiscriminata nel paese di provenienza per l’assenza di conflitti armati. Infine, la Corte d’appello non ha ravvisato la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.

Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Il PG ha rassegnato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, dell’art. 16 della dir. 2013/32 UE, dell’art. 3 comma 5 del D.Lgs. n. 251 del 2007, perché erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto il richiedente non credibile e per violazione del dovere di cooperazione istruttoria (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 5, 7 e 14, lett. b), per il mancato utilizzo dei poteri istruttori officiosi; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, per il mancato riconoscimento della protezione umanitaria; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 lett. c), per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

Il primo motivo è inammissibile, perché in concreto sviluppa censure generiche che non aggrediscono nessuna specifica ratio decidendi, ma si risolve in una mera “non condivisione” del giudizio di non credibilità.

Il secondo motivo è manifestamente inammissibile, perché totalmente generico e slegato dal ragionamento decisorio dei giudici d’appello.

Il terzo motivo è inammissibile, sia perché del tutto generico e sia perché infondato, in quanto la Corte d’appello dopo aver esaminato tutta la documentazione medica e quella relativa all’integrazione sociale prodotta dal richiedente, ha ritenuto non sussistere situazioni di vulnerabilità degne di protezione.

Il quarto motivo è inammissibile, perché solleva censure sull’accertamento di fatto espresso dalla Corte d’appello, alla luce delle fonti consultate, sulla situazione generale della Nigeria e della regione di provenienza del ricorrente (Edo State), che risulta congruamente motivato.

La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE:

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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