LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 20611/2020 proposto da:
R.N., elettivamente domiciliato in Milano, via Lamarmora n. 42, presso lo studio dell’avv. S. Santilli, che lo rappresenta e difende, per procura in atti;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno, in persona del Ministro in carica;
– intimato –
avverso la sentenza n. 329/2020 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 31/03/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.
RILEVATO IN FATTO
che:
La Corte d’appello di Brescia ha respinto il gravame proposto da R.N., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del Tribunale di Brescia che confermando il provvedimento della competente Commissione territoriale aveva negato al richiedente il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.
Il ricorrente ha riferito che avrebbe voluto sposare la compagna da cui aveva avuto due figli, ma aveva incontrato l’opposizione del padre di lei, perché lui era cristiano mentre lei era mussulmana. Il richiedente era partito per la Libia sia in vista della possibilità di lavori remunerativi e sia perché il padre della compagna l’aveva minacciato di morte. Anche la compagna era, poi, partita per la Libia, lasciando i figli in Nigeria e poi era giunta in Italia, dove aveva chiesto il riconoscimento della protezione internazionale.
A supporto della decisione di rigetto, la Corte d’appello ha condiviso la valutazione di inattendibilità e non credibilità già espressa dal tribunale, alla luce delle contraddizioni emerse, in particolare, relativamente al fatto che la convivenza con la compagna fosse trascorsa senza problemi in Nigeria, per i primi cinque o sei anni.
La Corte distrettuale non ha, quindi, riconosciuto né lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria. In particolare, la Corte d’appello ha accertato l’insussistenza di situazioni di violenza indiscriminata nel paese di provenienza per l’assenza di conflitti armati. Infine, la Corte d’appello non ha ravvisato la ricorrenza di gravi motivi di carattere umanitario.
Contro la sentenza della medesima Corte d’appello è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.
Il PG ha rassegnato conclusioni scritte nel senso del rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
che:
Il ricorrente censura la decisione della Corte d’appello: (i) sotto un primo profilo, per violazione dei parametri normativi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2,5,7 e 8, che definiscono gli atti persecutori e i soggetti individuabili come agenti della persecuzione, nonché della norma di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2, in relazione agli obblighi di cooperazione istruttoria, per violazione della convenzione di Ginevra e delle linee guida dell’UNHCR, nonché dei parametri normativi previsti per il riconoscimento dello status di rifugiato in ragione della appartenenza a un determinato gruppo sociale e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 e degli artt. 2 e 3 CEDU; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, lett. g) e art. 14, comma 1, lett. b) e c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 19, comma 2 e dell’art. 10 Cost., comma 3 e per motivazione apparente in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria e della valutazione di assenza di specifica vulnerabilità e per omesso esame di fatti decisivi, circa la sussistenza dei requisiti di quest’ultima ed anche, in riferimento al medesimo profilo di censura, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3, 4, 7,14,16 e 17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8,10 e 32, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, degli artt. 112 e 132 c.p.c., e art. 156 c.p.c., comma 2 e dell’art. 11 Cost., comma 6.
Il primo motivo è inammissibile, in quanto la Corte d’appello, al di là del richiamo alle ragioni di non credibilità espresse dal tribunale (che il ricorrente censura), esprime e manifesta a sua volta il proprio giudizio di non credibilità, che è un giudizio discrezionale, nella specie, congruamente motivato che viene contestato nel merito, da parte del ricorrente, ma in termini di mera non condivisione.
Il secondo motivo è inammissibile, sia perché in ragione del sottostante giudizio di non credibilità, la Corte del merito non era tenuta ad alcun approfondimento istruttorio e sia perché contesta l’accertamento di fatto espresso dalla Corte d’appello sulla situazione generale della Nigeria e della zona di provenienza del ricorrente, alla luce delle fonti consultate (v. p. 7 del decreto), che è congruamente motivato.
Il terzo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non riporta e trascrive quanto dedotto davanti alla Corte d’appello in riferimento a tutte le situazioni fonte di vulnerabilità che sono state indicate nel ricorso in cassazione (quale il contesto sanitario e socio politico, in particolare con riferimento alla pandemia e alla esposizione al contagio, alla violenza sociale, ai disastri ambientali, ecc.) ditalché appaiono questioni nuove dedotte per la prima volta in sede di legittimità.
La mancata costituzione dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021