Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27193 del 06/10/2021

Pubblicato il

Condividi su FacebookCondividi su LinkedinCondividi su Twitter

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15219/2020 proposto da:

S.E., elettivamente domiciliato in Milano, via Lorenteggio n. 24, presso lo studio degli avv.ti Aresi e Sregni, che lo rappresentano e difendono, per procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BRESCIA, depositato il 14/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/06/2021 dal cons. SOLAINI LUCA.

RILEVATO IN FATTO

che:

Il Tribunale di Brescia ha respinto il ricorso proposto da Emmanuel Sunday cittadino nigeriano, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che il fratellastro del padre aveva rivendicato la gestione esclusiva degli affari di famiglia, intimando alla madre del ricorrente di andarsene. Per questo il ricorrente si era trasferito, con la madre e il fratello dalla nonna materna, dove la madre lavorava in fattoria per permettergli di andare a scuola. Il ricorrente voleva continuare gli studi e aveva chiesto l’interessamento della madre, presso lo zio. La madre va dallo zio, che voleva a suo tempo sposarla e lo zio cerca di violentare la madre del ricorrente. Allora il ricorrente per vendicare la madre entra in una setta segreta, per fargliela pagare (e si sottopone al rito dell’iniziazione). Però anche lo zio faceva parte di una setta avversaria e cerca a sua volta di uccidere il ricorrente e il fratello. Alla fine, per uscire dalla spirale della vendetta, decide di lasciare la Nigeria.

A sostegno della propria decisione di rigetto, il tribunale, condividendo il giudizio della Commissione, ha reputato il racconto generico, lacunoso e non credibile e non ha, pertanto, riconosciuto sussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale ma neppure quelli della protezione sussidiaria, non essendo ravvisabile il rischio di subire un “danno grave” ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, neppure declinato secondo l’ipotesi di cui alla lett. c) in quanto dalle fonti informative disponibili, nella zona di provenienza del ricorrente, non risulta esistente una situazione di violenza indiscriminata dovuta a conflitto armato. Neppure erano state allegate e dimostrate, secondo il tribunale, la ricorrenza di specifiche situazioni di vulnerabilità.

Contro il decreto del predetto Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

Il ricorrente censura la decisione del tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., perché il tribunale aveva rigettato la richiesta di protezione internazionale senza tener conto delle sperienze traumatiche subite dal ricorrente nei paesi di transito, in particolare, in Libia; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,5 e 14, poiché si contesta sia il giudizio di non credibilità che il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto il soggiorno nel paese di transito è normalmente irrilevante a meno che le violenze e i maltrattamenti subiti per la loro gravità e durevolezza degli effetti abbia reso il richiedente “vulnerabile”, ma la prova è a carico del richiedente stesso (Cass. n. 28781/20) e nella specie, nulla è stato documentato.

Il secondo motivo, quanto al profilo della credibilità è inammissibile, perché censura nel merito una valutazione discrezionale, nella specie, congruamente motivata (Cass. n. 3340/19) mentre, in riferimento alla doglianza sulla mancata concessione della protezione sussidiaria, il motivo è parimenti inammissibile perché la critica si risolve in censure sull’accertamento di fatto della situazione generale del paese di provenienza del ricorrente, espresso dalla Corte d’appello, alla luce delle fonti consultate, che nella specie è congruamente motivato.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE:

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

©2024 misterlex.it - [email protected] - Privacy - P.I. 02029690472