Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27199 del 06/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27207/2020 proposto da:

A.K., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Corte di cassazione, difeso dall’avvocato Marcello Cantoni per procura in atti;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 170/2020 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 13/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/06/2021 da DI MARZIO MAURO.

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. – A.K., pakistano, ricorre per tre mezzi, nei confronti del Ministero dell’interno, contro la sentenza del 13 gennaio 2020 con cui la Corte d’appello di Bologna ha respinto l’appello avverso ordinanza di rigetto della sua domanda di protezione internazionale o umanitaria.

2. – Non spiega difese l’amministrazione intimata, nessun rilievo potendosi riconoscere ad un atto di costituzione depositato per i fini dell’eventuale partecipazione alla discussione orale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

3. – Il primo mezzo denuncia violazione dell’art. 122 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per aver riportato un brano di COI in lingua inglese.

Il secondo mezzo è rubricato: “L’onere probatorio attenuato. Violazione D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione o falsa applicazione di norme di diritto e all’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio già oggetto di discussione tra le parti”.

Il terzo mezzo lamenta diniego della protezione umanitaria sotto il profilo della violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, nonché sotto quello dell’omesso esame di un fatto decisivo e controverso.

RITENUTO CHE:

4. – Il ricorso è inammissibile.

4.1. – Il primo mezzo è inammissibile ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., n. 1.

Non viola, infatti, il principio dell’obbligatorietà dell’uso della lingua italiana negli atti processuali il provvedimento del giudice che rechi, in motivazione, citazioni di fonti di conoscenza in lingua inglese (che, com’e’ rimasto incontestato nel caso in esame, siano) di facile comprensibilità e tali, quindi, da non recare pregiudizio al diritto di difesa delle parti (Cass. n. 22979 del 2019, con riguardo proprio al decreto di diniego di riconoscimento della protezione internazionale a rifugiato; da ultimo Cass. 4088 del 2021).

4.2. – Il secondo mezzo è inammissibile.

Esso è diretto a censurare la valutazione del giudice di merito il quale ha ritenuto non credibile la narrazione del richiedente.

In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il fatto storico non valutato, il dato testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua decisività per la definizione della vertenza (Cass. 2 luglio 2020, n. 13578). Dunque, in caso di giudizio di non credibilità del richiedente, delle due l’una: o la motivazione è “sotto soglia”, e allora si ricade nell’art. 360 c.p.c., n. 4; o la motivazione c’e’, e allora non resta se non dire che il giudice di merito, nel formulare il giudizio di non credibilità, ha omesso di considerare un fatto, che era stato allegato e discusso, potenzialmente decisivo, per il fine della conferma della credibilità.

Nel caso di specie, la rubrica richiama l’art. 360 c.p.c., n. 5 ma il motivo non contiene alcun riferimento ad un qualche specifico fatto che il giudice di merito non avrebbe considerato e, al contrario, sollecita una rivalutazione del giudizio di fatto in proposito già compiuto.

4.3. – Il terzo mezzo è inammissibile.

Il ricorrente sostiene che il giudice di merito non avrebbe tenuto nella debita considerazione la circostanza della titolarità, da parte sua, di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Ma la censura omette totalmente di considerare la reale motivazione adottata dalla Corte d’appello, laddove essa ha affermato che “l’appellante non ha documentato la percezione di alcun reddito, in conseguenza di tale rapporto di lavoro. Ciò induce a ritenere una situazione di effettiva precarietà tale da escludere quel connotato di stabilità e continuità lavorativa che soltanto un rapporto di lavoro effettivamente remunerativo può evidenziare”.

Detta ratio decidendi non è neppur lambita dal motivo di ricorso in esame.

5. – Nulla per le spese. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, che sussistono i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 6 ottobre 2021

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