Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27219 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 3171/2016 proposto da:

Eurofondazioni Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, in via del Gesù n. 62, presso lo studio dell’avvocato Visone Lodovico, rappresentata e difesa dagli avvocati Pagano Alessandro, e Tozzi Silvano, con procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Consorzio Iricav Uno, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, in via Portuense n. 104, presso l’avv. De Angelis Antonia, rappresentato e difeso dall’avvocato Sarnelli Girolamo, con procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4325/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/11/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/05/2021 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

Che:

L’Eurofondazioni Italia s.r.l. propose opposizione alla stima dell’indennità dovutale per l’espropriazione di due aree di terreni siti in ***** – comprese in una più ampia superficie di oltre 45.000,00 mq. – disposta dal Prefetto di Caserta il 21.2.07, determinata nella somma di Euro 28.384,72, assumendo (tra l’altro): che l’indennità liquidata riguarderebbe una qualità del fondo inferiore (seminativo asciutto) a quella reale (seminativo irriguo), fondata sull’erronea applicazione dei v.a.m., senza tener conto del deprezzamento dell’area residua e del computo di alcuni manufatti insistenti sul medesimo suolo.

Con sentenza emessa il 5.11.2015 la Corte d’appello di Napoli accolse parzialmente l’opposizione, determinando l’indennità richiesta nella somma di Euro 62.384,00, osservando che: in base al certificato emesso dal Comune di Gricignano il 9.3.15, la p.lla oggetto dell’esproprio ricadeva in parte in zona E2 e in parte, per esigua superficie, in zona ASI; pertanto, alla data del decreto prefettizio, il bene espropriato aveva natura agricola, come rilevato dal c.t.u., data l’impossibilità di rispettare i parametri urbanistici (quali le distanze dai confini); come desumibile dalla c.t.u., l’edificazione sull’area espropriata era consentita nei limiti previsti dalle NTA del PRG esclusivamente per edilizia residenziale/pertinenziale agricola; non era possibile calcolare il valore “d’attesa” in quanto, come rilevato dal c.t.u., il terreno in questione non presentava natura omogenea rispetto agli immobili vicini, utilizzati per realizzare una base della Nato, avendo diversa localizzazione, incluso in una diversa classe d’ampiezza, e, soprattutto, poiché non ricadeva in una zona compresa tra il centro abitato di Gricignano e l’insediamento residenziale della stessa base Nato; pertanto, non era possibile effettuare alcuna comparazione con la stima relativa ad altri terreni, oggetto di atti registrati; attraverso la stima analitica, considerando il tipo di coltura praticabile sul fondo seminativo, il valore del terreno avrebbe potuto essere determinato in Euro 8,00 al mq; non era invece liquidabile l’indennizzo relativo al controvalore dei manufatti insistenti sull’area espropriata, per mancata prova della legittimità urbanistica e del deprezzamento dei beni residui.

La Eurofondazioni s.r.l. ricorre in cassazione con tre motivi.

Resiste il Consorzio Iricav Uno con controricorso, illustrato con memoria.

RITENUTO

Che:

Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 42 Cost., L. n. 2359 del 1865, art. 39, art. 1 prot. addizionale Convenzione Edu, nonché omessa motivazione sulla ponderazione degli elementi estimativi posti a base della stima indennitaria, per aver la Corte d’appello attribuito al terreno il valore unitario di Euro 8,00 mq, in aderenza alle conclusioni del c.t.u., senza tener conto dei rilievi del c.t.p. il quale aveva documentato che la sia pur ridotta incidenza della destinazione funzionale agli insediamenti produttivi sul suolo di causa si traducesse nella configurazione di un valore “d’attesa” del terreno rilevante nelle libere contrattazioni poiché idoneo ad alimentare aspettative di una trasformazione urbanistica e ad accrescere l’attitudine del suolo verso usi intermedi (tra agricolo e produttivo).

La ricorrente lamenta altresì che la Corte territoriale non abbia considerato l’aderenza del terreno all’area di sviluppo industriale e i valori di scambio relativi a documentati atti di cessione di beni omogenei, utilizzando solo due atti di cessione di terreni quali elementi comparativi, non rientranti però nelle categorie elencate nel mandato conferito al c.t.u..

Il secondo motivo denunzia violazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, art. 42 Cost., art. 1 prot. addizionale Convenzione Edu, artt. 112 e 277 c.p.c., nonché omesso esame di un fatto decisivo, in relazione alla mancata liquidazione dell’indennità d’occupazione legittima del suolo, che era stata oggetto dell’atto d’opposizione promosso innanzi alla Corte d’appello.

Il terzo motivo denunzia violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39, art. 1 prot. addizionale Convenzione Edu, nonché omesso esame di fatto decisivo circa il riconoscimento, ai fini del calcolo dell’indennità d’esproprio, dei beni e materiali rinvenuti sul fondo, considerando che tali beni, di natura precaria, erano stati realizzati dalla società appaltatrice dei lavori e locataria del terreno.

Il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo, come si dirà.

Il primo motivo è inammissibile poiché diretto al riesame dei fatti inerenti alla effettiva vocazione del terreno espropriato, nel senso che la ricorrente mira a provocare una revisione della motivazione afferente alle concrete possibilità di uso intermedio del medesimo terreno (v. riferimento al cd. “valore d’attesa”). Invero, la Corte di merito ha motivato adeguatamente sulle ragioni impeditive del riconoscimento dell’utilizzazione intermedia del terreno in questione (carattere disomogeneo rispetto ai beni posti in comparazione; mancanza di effettiva vicinanza con l’area industriale e con quella in cui è situata la base Nato), con argomenti dunque incensurabili in questa sede.

Il secondo motivo, come detto, va accolto poiché in effetti, come si evince chiaramente dagli atti, la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa all’indennità d’occupazione, regolarmente formulata nell’atto d’opposizione alla stima, riguardante appunto sia l’indennità d’espropriazione che quella di legittima occupazione del suolo. Ciò è sostanzialmente confermato anche dalla difesa della parte controricorrente.

Il terzo motivo è invece infondato. La Corte territoriale ha correttamente negato l’indennizzabilità dei beni rinvenuti sul terreno espropriato non essendone stata dimostrata la legittimità urbanistica, mentre sarebbe stato onere della società ricorrente provare che gli stessi beni avessero le caratteristiche di opere precarie e, come tali, non necessitanti di alcun titolo abilitativo, venendo in rilievo fatti costitutivi del diritto fatto valere. Al riguardo, la ricorrente espone che i manufatti in questione furono realizzati dalla società “Condotte d’acqua” – appaltatrice del consorzio controricorrente – alla quale parte dei suoli oggetto di causa furono locati, a sua volta “generai contractor” per la realizzazione di una tratta dell’opera ferroviaria TAV, soggiungendo che l’assenza di continuità tra le due occupazioni avrebbe impedito alla società proprietaria di presentare l’istanza di “regolarizzazione urbanistica” dei beni in questione.

La doglianza non ha pregio, essendo incontestato, alla luce dello stesso motivo, che i manufatti non erano regolari dal punto di vista della legittimità urbanistica e che la stessa proprietaria omise ogni iniziativa diretta a conseguire tale legittimità, non emergendo alcuna ragione che potrebbe giustificarne l’omissione; è dunque parimenti destituito di fondamento il rilievo con il quale la ricorrente lamenta che la Corte di merito avrebbe dovuto distinguere i manufatti a seconda dei relativi titoli urbanistici abilitativi, postulando esso una inammissibile inversione dell’onere della prova.

Per quanto esposto, in accoglimento del secondo motivo, il ricorso va accolto, cassando la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’appello di Napoli, anche perché provveda alla regolamentazione delle spese del grado di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, inammissibile il primo ed infondato il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del grado di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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