Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27221 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9168/2016 proposto da:

R.F., Ro.Gi., elettivamente domiciliati in Roma, in via degli Scipioni n. 268/a, presso lo studio dell’avvocato Caporossi Gianluca, rappresentati e difesi dagli avvocati Brancati Corrado, e Siano Vincenzo, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Comune di Tursi, in persona del sindaco pro tempore, elett.te domic.

presso l’avv. De Paola Roberto, dal quale è rappres. e difeso, con procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 302/2015 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 24/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/05/2021 dal Cons. Dott. CAIAZZO ROSARIO.

RILEVATO

Che:

Con citazione notificata l’11.11.04, i coniugi R.B. e Ro.Gi. proposero opposizione, innanzi alla Corte d’appello di Potenza, al provvedimento provvisorio adottato dal capo-area tecnica del Comune di Tursi l’1.3.04 relativo alla determinazione dell’indennità d’espropriazione del terreno di loro proprietà, esteso mq 13.580. Al riguardo, gli attori esponevano che: tale terreno, in base alla variante apportata al programma di fabbricazione del comune di Tursi, approvata il 15.1.91 con decreto di g.r., era stato destinato alla costruzione di un campo di calcio; l’ente espropriante, pur riconoscendo l’edificabilità legale dell’area espropriata, aveva effettuato una erronea stima riduttiva, applicando il prezzo di Euro 9,05 mq, in quanto: il terreno era ubicato in zona viciniora al contesto urbano; l’area in questione era destinata ad impianti sportivi ed attività creative; il Comune di Tursi, pur riconoscendo l’edificabilità legale del terreno, aveva stimato il bene con prezzo in contrasto con il regolamento comunale ICI (Euro 25,82 mq).

Pertanto, gli attori chiedevano che la suddetta indennità fosse determinata nella somma di Euro 494.000,00, o nella minor somma ritenuta, oltre interessi e rivalutazione dal 15.1.91.

Si costituì il Comune di Tursi che resisteva all’opposizione, proponendo domanda riconvenzionale per la riduzione dell’indennità liquidata.

A seguito di due c.t.u., con sentenza emessa il 24.7.15, la Corte d’appello liquidò l’indennità nella somma di Euro 59.609,74, rigettando la domanda riconvenzionale, osservando che: preliminarmente, le due espletate c.t.u. risultavano viziate da un errore di fondo in quanto avevano riconosciuto la natura edificatoria del suolo conformandosi passivamente all’interpretazione datane dal Comune; al riguardo, nella prima c.t.u. era stato stimato il valore del terreno in Euro 20,00 al mq dopo una prima valutazione inferiore, sulla base dell’esame di vari documenti allegati dalle parti; il secondo c.t.u. aveva invece dissentito dalla prima c.t.u., poiché riferita a zone di diversa qualificazione urbanistica, applicando i prezzi contenuti in alcuni atti (tra cui cessione volontaria del 9.11.04) per Euro 9,05 mq; entrambi i c.t.u. avevano attribuito al terreno in questione destinazione edificatoria, in violazione del T.U. n. 327 del 2001, art. 37, sul criterio di edificazione legale; era irrilevante, ai fini del calcolo dell’indennità in questione, che la destinazione zonale consentisse la costruzione di edifici o attrezzature pubbliche, quali gli impianti sportivi, in quanto l’attività di trasformazione del suolo per la realizzazione di opera pubblica, se rimessa inderogabilmente all’iniziativa pubblica, non avrebbe potuto essere assimilata al concetto di edificazione legale; di conseguenza, il terreno in questione era da valutare come agricolo, anche per la mancanza di elementi di segno contrario; non era autonomamente indennizzabile il deprezzamento delle parti residue, compreso nell’indennità d’espropriazione; il valore agricolo del terreno in questione, pari a Euro 4,58 per mq, era conforme alle risultanze della c.t.p. di parte attrice, stimato sulla base delle effettive caratteristiche del suolo.

R. e G. ricorrono in cassazione con cinque motivi (per errore materiale è indicato il quinto come sesto), illustrati con memoria.

Il Comune di Tursi resiste con controricorso, illustrato con memoria.

RITENUTO

Che:

Il primo motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, sulla circostanza della realizzabilità degli impianti sportivi ad iniziativa privata. Al riguardo, i ricorrenti, espongono che dalle c.t.u. era emersa la possibilità che le opere di cui alla suddetta variante fossero realizzate anche da privati, così da escludere che nella fattispecie sussistesse un vincolo espropriativo, emergendo dunque una destinazione del terreno a zona F di natura conformativa, in mancanza di una norma tecnica attuativa che specificasse l’esclusiva iniziativa pubblica, come peraltro confermato anche dal fatto che il Comune aveva riconosciuto tale destinazione urbanistica nel chiedere ai proprietari il pagamento dell’Ici e fissando l’indennità provvisoria d’esproprio in Euro 9,05 al mq proprio sulla base della natura edificabile (seppure a destinazione vincolata), negando altresì la realizzazione di impianti sportivi nel 1995.

Pertanto, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale abbia del tutto omesso di esaminare i suddetti profili tecnici, senza motivare le ragioni del dissenso dalle c.t.u., pervenendo all’erronea conclusione di negare ogni forma di edificabilità del terreno, attribuendo di conseguenza il valore puramente agricolo al bene espropriato.

Il secondo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 32 e 37, non avendo la Corte d’appello stimato l’indennità sulla base della destinazione di zona, in ragione della funzione che il terreno svolge nel contesto territoriale, in quanto opera di urbanizzazione e servizio.

Il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327, artt. 32, 37 e 40, non avendo la Corte di merito tenuto conto delle utilizzazioni extra-agricole consentite ai proprietari, considerato che il vincolo introdotto con la variante al Prg aveva carattere conformativo.

Il quarto motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327, art. 54 e artt. 100,112 c.p.c., avendo la Corte d’appello ritenuto ammissibile la domanda riconvenzionale diretta alla riduzione dell’indennità, poiché diretta contro un atto emesso dallo stesso ente impugnante che, perciò, sarebbe privo d’interesse all’azione, mentre la legittimazione alla revisione della misura dell’indennità spetterebbe al solo proprietario.

Il quinto motivo (per errore indicato come sesto; in realtà è stato saltato il quinto) deduce nullità della sentenza impugnata per contradditorietà ed irragionevolezza della motivazione, in quanto il rigetto della domanda riconvenzionale avrebbe potuto condurre solo alla riconferma dell’indennità provvisoria proposta dal comune, e non anche alla sua riduzione, contrariamente a quanto pronunciato dalla Corte d’appello.

Il primo motivo è infondato. Al riguardo, la questione introdotta dai ricorrenti circa la possibilità per il privato di realizzare le strutture di interesse generale non è stata ben posta. Infatti, premesso che, in linea generale, per gli impianti sportivi deve intendersi perseguito un fine di natura pubblicistica (Cass., n. 21351/19, in motivazione; Cass., n. 5514/17; 12818/16, 404/10; 17995/09), la tesi secondo cui, in assenza di specificazioni nel piano, deve intendersi consentita l’iniziativa privata, non è conforme alla giurisprudenza di questa Corte, nel senso che si richiede che nel piano detta possibilità debba essere esplicitata (Cass., n. 19542 del 2004). In particolare, è stato affermato che, ai fini della determinazione dell’indennità espropriativa, nel sistema introdotto dal D.L. n. 333 del 1992, art. 5-bis (conv., con modif., dalla L. n. 359 del 1992), devono essere inclusi nella categoria dei terreni a vocazione edificatoria legale solo quelli in cui l’edificazione, benché a tipologia vincolata, sia consentita all’iniziativa privata in base alla concreta disciplina e destinazione urbanistica attribuita all’area; qualora, invece, i limitati interventi consentiti non risultino espressione dello ius aedificandi, ma siano funzionali alla realizzazione dello scopo pubblicistico, l’area non può essere qualificata come edificabile (Cass., n. 19193/16; n. 1626/06). Nel caso concreto, i ricorrenti lamentano che la Corte territoriale non abbia ritenuto che il bene espropriato abbia vocazione edificatoria in quanto la suddetta variante al programma di fabbricazione non prevede in nessun punto che l’opera in questione fosse realizzabile solo dall’Ente pubblico, considerando altresì che anche dalle c.t.u., dalle quali la Corte di merito sul punto avrebbe dissentito immotivatamente, era desumibile la possibilità di edificazione da parte dei privati.

La doglianza è priva di fondamento appunto perché adduce il rilievo per il quale, ai fini della valutazione dell’edificabilità legale del terreno espropriato, la variante al piano di fabbricazione non ha espressamente richiesto l’iniziativa pubblica per la realizzazione delle opere oggetto della procedura espropriativa in esame, mentre, per quanto esposto, il piano urbanistico deve espressamente prevedere che le opere siano realizzabili su iniziativa privata, essendo a tal fine irrilevante la sussistenza di indici presuntivi di siffatta possibilità, come invocato dai ricorrenti.

Inoltre, la destinazione del terreno a zona f, a seguito della predetta variante, relativa ad “impianti sportivi, attrezzature per il tempo libero, parchi e giardini, strutture a servizio di gioco e sport” e’, al contrario, funzionale alla realizzazione di uno scopo pubblicistico, preclusivo di per sé dell’iniziativa privata.

Il secondo e terzo motivo, tra loro connessi, sono parimenti infondati. Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, cui il collegio intende dare continuità, ai fini della determinazione del pregiudizio per la perdita del godimento di aree occupate dalla P.A. in forza di un provvedimento legalmente dato, assume valore decisivo la suddivisione tra aree agricole (cui sono equiparate quelle non classificabili come edificatorie) ed aree edificabili; tra queste ultime, da individuarsi in base alle possibilità legali ed effettive di edificazione, non rientrano le zone concretamente vincolate ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità, ecc.), in quanto gravate da un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte le forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, quale estrinsecazione dello ius aedificandi connesso con il diritto di proprietà ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (Cass., SU, n. 7454/2021).

Va altresì osservato che l’accertamento delle possibilità legali ed effettive di edificazione di un’area ai fini della determinazione dell’indennità di esproprio va effettuato senza tenere conto delle varianti apportate allo strumento urbanistico generale allo specifico scopo di realizzare l’opera che viene contestualmente approvata, giacché tali varianti costituiscono fonte di vincolo preordinato all’esproprio e pertanto non può, ad esse, essere riconosciuta alcuna incidenza in sede di accertamento della vocazione edificatoria dell’area. Deve, invece, ai predetti fini, attribuirsi rilevanza alle varianti successive all’apposizione del vincolo espropriativo, e presenti al verificarsi della vicenda ablativa, le quali abbiano carattere conformativo, imponendo un vincolo di destinazione riguardante una generalità di beni e di soggetti (Cass., n. 5803/21).

In questa prospettiva, deve essere esclusa la qualità edificatoria dell’area che, al momento dell’esproprio, sia destinata a pubblici impianti in base a progetti approvati dall’autorità amministrativa, in virtù delle norme di attuazione del p.r.g. che regolino il territorio comunale con previsione generale e astratta, ripartendolo in zone omogenee, con la conseguenza che la destinazione urbanistica di inedificabilità, che la detta zonizzazione comporta, dà luogo a vincolo di tipo non ablativo ma conformativo, sicché dell’incidenza della suddetta destinazione sul valore del bene deve tenersi conto ai fini della determinazione delle indennità espropriative (SU, n. 28051/08). Ora, nella fattispecie, anche per quanto sopra esposto, dagli atti non emerge che il terreno espropriato, che rientra nell’ambito della suddetta variante al programma di fabbricazione, abbia o possa avere un’utilizzabilità extra-agricola o che sia inclusa in aree cd. “standard”, o che abbia potenzialità urbanistica per la vicinanza al centro abitato, come pur è stato sostenuto nell’opposizione alla stima.

Infine, il quarto e quinto motivo, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono del pari infondati, in quanto la domanda riconvenzionale dell’Ente espropriante è ammissibile (Cass., n. 8442/12), a prescindere se il provvedimento contestato sia emesso o meno dallo stesso organo che propone la domanda; infatti, nel caso concreto, è stato impugnato il provvedimento provvisorio di determinazione dell’indennità e, dunque, non era necessaria la domanda riconvenzionale.

Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di Euro 6000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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