LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 12835/2019 proposto da:
I.E., elettivamente domiciliato in Roma Via Attilio Regolo 19, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Lipera, e rappresentata e difesa dall’avvocato Graziella Coco, in forza di procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Catania, Ministero dell’Interno;
– intimati –
Ministero dell’Interno in persona del Ministro pro tempore, domiciliato in Roma Via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ex lege;
– resistente –
avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il 27/02/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 21/09/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE SCOTTI.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, depositato il 13/9/2018 I.E., proveniente da Uromi, Edo State, Nigeria, ha adito il Tribunale di Caltanissetta, impugnando il provvedimento del 10/7/2018, notificatogli il 28/8/2018, con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha dichiarato inammissibile la sua richiesta reiterata di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.
Il ricorrente aveva chiesto con successiva istanza del 1/10/2018 la rimessione in termini, lamentando un disservizio elettrico e il danneggiamento del computer del difensore nella data del 12/9/2018, ultimo giorno utile per il deposito del ricorso.
Il Tribunale con decreto del 27/2/2019, comunicato il 18/3/2019, ha rigettato la richiesta di rimessione in termini e dichiarato inammissibile perché tardivo il ricorso.
2. Avverso il predetto decreto il ricorrente con atto notificato il 16/4/2019 ha proposto ricorso per cassazione, svolgendo due motivi, così rubricati:
“1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 153 e 294, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 3, lett. d) e comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e n. 4 e omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti in merito alla sussistenza dei presupposti per rimettere in termini il ricorrente ai fini della proposizione del ricorso di primo grado e quindi dichiarare la istanza di rimessione in termini tempestivi”.
“2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 4 e conseguente nullità del decreto per mancato rispetto dei termini dell’art. 101 c.p.c.”.
L’intimata Amministrazione dell’Interno ha depositato memoria del 6/6/2019 al fine della partecipazione ad eventuale udienza di discussione orale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui prevede che “la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”, richiede, quale elemento di specialità rispetto alle ordinarie ipotesi di rilascio della procura speciale regolate dagli artt. 83 e 365 c.p.c., il requisito della posteriorità della data rispetto alla comunicazione del provvedimento impugnato, prevedendo una speciale ipotesi di inammissibilità del ricorso nel caso di mancata certificazione della data di rilascio della procura in suo favore da parte del difensore.
Nella procura predetta, pertanto, deve essere contenuta in modo esplicito – secondo la giurisprudenza di questa Corte (Sez. U., 15177/2021) – l’indicazione della data successiva alla comunicazione del provvedimento impugnato ed il difensore può certificare, anche solo con un’unica sottoscrizione, sia la data della procura successiva alla comunicazione che l’autenticità della firma del conferente.
La 3 Sezione di questa Corte, con ordinanza n. 17970/2021, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, così interpretato, per contrarietà agli artt. 3,10,24,111 Cost. e per contrasto con l’art. 117 Cost., in relazione alla direttiva 2013/32/UE con riferimento agli artt. 28 e 46, p. 11, e con l’art. 47 della Carta dei diritti UE, art. 18 e 19, p. 2 della medesima Carta, artt. 6, 7, 13 e 14 della CEDU.
Nel caso di specie la procura speciale conferita il 10/4/2019 al difensore su foglio allegato in calce al ricorso per cassazione non rispetta del D.Lgs. n. 25 del 2008, citato art. 35 bis, comma 13, così come interpretato dalle Sezioni Unite, perché totalmente priva della necessaria certificazione della data di rilascio successiva alla pronuncia del decreto impugnato.
2. La questione di legittimità costituzionale rimessa alla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 17970/2021 non assume rilievo decisivo ai fini della definizione della lite, alla stregua del principio della ragion più liquida conforme al generale principio di economia processuale, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost.; in tal modo la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica.
Il ricorso in questione appare infatti inammissibile anche nel suo contenuto, con totale equivalenza dell’epilogo decisorio, della statuizione adottata e dei suoi effetti giuridici.
3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 101,153 e 294 c.p.c., D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 3, lett. d) e comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 e omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti in merito alla sussistenza dei presupposti per rimettere in termini il ricorrente ai fini della proposizione del ricorso di primo grado e quindi dichiarare la istanza di rimessione in termini tempestivi.
3.1. Il Tribunale ha ritenuto che la richiesta remissione in termini avrebbe dovuto essere formulata all’atto del deposito del ricorso (13/9/2018), allegando le circostanze oggettive che avrebbero impedito il rispetto del termine, e non solo successivamente con le note del 1/10/2018, stese in risposta ai rilievi formulati dal Tribunale.
3.2. Le disposizioni citate dal ricorrente come violate appaiono inconferenti.
Il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, commi 3 e 4 – e le relative note difensive – riguardano il procedimento di sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato (e quindi la questione latu sensu cautelare) e non il contenuto del ricorso.
La nota difensiva di cui dello stesso art. 35 bis, comma 12, non riguarda la deduzione di circostanze di fatto sopravvenute e comunque il Tribunale ha ritenuto tardiva l’allegazione, e non già l’offerta di prova, delle circostanze poste a base della richiesta di remissione in termini.
L’art. 35 bis, comma 10, lett. b), nulla ha a che vedere con il tema evidenziato.
3.3. L’assunto del Tribunale è comunque perfettamente corretto: il ricorrente avrebbe dovuto dedurre con il ricorso le circostanze che gli avevano impedito la proposizione tempestiva e a nulla rileva la deduzione, peraltro generica, che in quel momento egli non fosse ancora in possesso della necessaria documentazione, cosa questa che non ostacolava l’attività meramente assertiva.
4. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, e conseguente nullità del decreto per mancato rispetto dei termini dell’art. 101 c.p.c..
Si duole, cioè, il ricorrente di non aver fruito di un termine di venti giorni per la formulazione di osservazioni sulla questione relativa al tardivo deposito del ricorso.
La doglianza è inammissibile.
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte il rilievo di ragioni d’inammissibilità o improcedibilità del ricorso deve essere compiuto d’ufficio, senza necessità di sottoporre la questione alle parti, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., comma 2, vertendosi in tema di questioni per le quali la parte dotata di una minima diligenza processuale non può non prestare attenzione, così da dover considerare già ex ante come possibile sviluppo della lite (da ultimo, Sez. un. 8776 del 30/3/2021).
Inoltre lo stesso ricorrente ammette di aver fruito di un termine, sia pur minore, nell’ambito del quale ha svolto le sue osservazioni difensive.
Secondo un orientamento granitico della Corte in tema di violazioni processuali incidenti sul diritto di difesa, la parte che propone ricorso per cassazione deducendo la nullità della sentenza per un vizio dell’attività del giudice lesivo del proprio diritto di difesa, ha l’onere di indicare il concreto pregiudizio derivato, atteso che, nel rispetto dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, la impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira a eliminare il concreto pregiudizio subito dalla parte, sicché l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (Sez. 3, n. 26419 del 20/11/2020; Sez. 2, 02/08/2019, n. 20874; Sez. 1, 6/3/2019 n. 6518; Sez. 3, 13/2/2019 n. 4159; Sez. 2, 9/8/2017 n. 19759; Sez. 3, 27/1/2014 n. 1612; Sez. 3, 13/05/2014, n. 10327).
5. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza pronuncia sulle spese, in difetto di rituale costituzione del Ministero intimato.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021
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