LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –
Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 33980/2018 proposto da:
A.R., A.A., A.L., in proprio ed in qualità
di eredi di As.Ro. ed A.C., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIANNETTO VALLI 93, presso lo studio dell’avvocato CARMELO FABRIZIO FERRARA, che li rappresenta e difende;
– ricorrenti –
contro
UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, GIA’ FONDIARIA SAI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI GRACCHI 320, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MALATESTA, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
contro
R.E.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA AMBROGIO CONTARINI 8, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO SANTAGATI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
contro
ALLIANZ SPA GIA’ LLOYD ADRIATICO SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CRESCENZIO 17/A, presso lo studio dell’avvocato MICHELE CLEMENTE, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
R.F., R.O., R.C., R.R.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 206/2018 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 20/04/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.
FATTI DI CAUSA
1. A.R., A. e L., ricorrono, affidandosi a sette motivi illustrati anche da memoria, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta che aveva confermato la pronuncia del Tribunale di Gela, con cui – nei due distinti giudizi, poi riuniti, relativi al gravissimo incidente stradale a seguito del quale avevano perso la vita il congiunto As.Ro., alla guida di un motoveicolo, ed il conducente del veicolo antagonista Re.Cr. – era stato riconosciuto il pari concorso di colpa di entrambi, con liquidazione di somme differenziate in relazione, anche, ai diversi rapporti tra ciascuna parte ed i rispettivi congiunti.
1.1. Veniva altresì confermato il diritto di rivalsa della Fondiaria SAI Spa, costituitasi per il Fondo Garanzia Vittime della Strada, verso gli eredi del motociclista A. in quanto il veicolo da lui condotto era privo di assicurazione.
2. Resisteva R.E.N., in qualità di erede di Re.Cr., che proponeva altresì ricorso successivo, riunito al principale.
3. Resisteva altresì la Unipolsai Spa (già Fondiaria Ass.ni Spa) per il FGVS e la Allianz Spa, quest’ultima depositando anche memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Sul ricorso principale.
1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 292,156,157,164 e 382 c.p.c..
1.1. Lamenta che la Corte territoriale aveva erroneamente applicato le norme sopra richiamate, respingendo la censura riferita alla omessa notifica della domanda riconvenzionale di rivalsa spiegata dalla Fondiaria Sai Spa nel primo giudizio intentato dai R. nel quale erano rimasti contumaci: assume che erroneamente la Corte aveva ritenuto che la successiva riunione dei procedimenti avesse determinato un meccanismo processuale idoneo a colmare l’omissione nella fase di costituzione del contraddittorio, tenuto conto che l’assenza di notifica aveva loro precluso la possibilità di valutare l’opportunità di costituirsi per esercitare il diritto di difesa nei confronti di una domanda nuova.
1.2. Lamenta la carenza di logicità della decisione che si fondava su due rationes decidendi (raggiungimento dello scopo e decadenza dall’eccezione di nullità) fra loro inconciliabili.
1.3. Il motivo è infondato.
1.4. Questa Corte ha affermato il principio, ormai consolidato, secondo cui “le comparse contenenti domande riconvenzionali devono essere notificate alla parte rimasta contumace, qualora siano dirette contro la stessa o in qualche modo la coinvolgano, ma, trattandosi di un obbligo stabilito nell’interesse esclusivo di quest’ultima, la nullità conseguente alla mancata notifica può essere eccepita soltanto dal contumace successivamente costituitosi o da lui fatta valere con uno specifico motivo d’impugnazione della sentenza e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice” (cfr. Cass. 8697/2018; Cass. 9538/2018).
1.5. Inoltre, con specifico riferimento al caso in esame, è stato affermato che “la violazione dell’art. 292 c.p.c., secondo cui le comparse contenenti domande nuove devono essere notificate al contumace, sebbene trovi applicazione anche rispetto alle comparse di intervento, non è rilevabile d’ufficio, nemmeno quando il contumace sia litisconsorte necessario rispetto a tale domanda, trattandosi di un obbligo stabilito nel suo interesse esclusivo” (Cass. 9527/2018).
1.6. Tanto premesso, l’interesse che doveva essere fatto valere dai ricorrenti è stato correttamente focalizzato dalla Corte territoriale e le due rationes su cui si fonda la decisione non appaiono affatto logicamente incompatibili fra loro: la riunione dei giudizi disposta in primo grado, infatti, ha messo i ricorrenti in condizione di conoscere il contenuto di tutti gli atti di causa, ivi compresa la domanda riconvenzionale in relazione alla quale ben potevano chiedere, nella prima difesa utile successiva al provvedimento di riunione, una rimessione in termini per apprestare le più opportune difese.
1.7. L’aver proposto la contestazione solo nel giudizio di appello configura un’ipotesi di decadenza dall’eccezione in quanto – trattandosi di una nullità relativa – doveva farsi valere nella prima udienza di comparizione in cui le due cause furono riunite, o, al massimo, nella successiva udienza ex art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1: quindi la Corte territoriale, correttamente, ha affermato, come seconda ratio, l’applicabilità dell’art. 157 c.p.c..
2. Con il secondo motivo, parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c..
3. Con il terzo, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c..
4. Con il quarto motivo, si duole della violazione dell’art. 112 e deduce l’omesso esame di un fatto decisivo.
5. Con il quinto motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2054 c.c..
6. Con il sesto motivo, deduce l’omesso esame di un fatto decisivo.
7. Con il settimo motivo si duole della violazione dell’art. 91 c.p.c..
8. I motivi sono tutti inammissibili, sia pur sotto diversi profili.
8.1. Quanto al secondo – con il quale si deduce che i giudici d’appello erroneamente non avevano riscontrato il vizio di ultrapetizione da cui era affetta, in thesi, la sentenza di primo grado, in quanto, nonostante le conclusioni formulate dalla controparte e riferite al valore limitato di “Euro 257.448,90 o di quell’altra ritenuta dovuta”, il Tribunale aveva liquidato una somma di gran lunga superiore si osserva che questa Corte ha affermato il principio, ormai consolidato, secondo cui “in tema di interpretazione della domanda, la quantificazione in citazione dell’importo preteso, accompagnata dalla clausola di salvaguardia della “eventuale maggiore misura”, si giustifica nella originaria ed oggettiva incertezza del “quantum”, la quale viene meno se, all’esito dell’istruttoria, risultino accertati i fatti rilevanti ai fini della “aestimatio” del danno ed emergano specifiche indicazioni sulla quantificazione dello stesso, con la conseguenza che il richiamo alla formula utilizzata in citazione, effettuato in sede di precisazioni delle conclusioni in primo grado, si risolve in una mera forma stilistica priva di qualsiasi rilevanza; diversamente, nel caso di danno non patrimoniale da perdita di relazione parentale, nel quale l’applicazione del criterio di liquidazione equitativa ex art. 2056 c.c., non consente – fatta salva la ipotesi di espressa ed inequivoca delimitazione dell’importo risarcitorio alla misura tabellare massima – una puntuale determinazione “ex ante” del “quantum” risarcibile, il richiamo alla clausola di salvaguardia in sede di precisazione delle conclusioni mantiene la sua originaria giustificazione volta a consentire al Giudice di procedere alla valutazione estimatoria senza apposizione di vincoli limitativi” (cfr. Cass. 22330/2017 ed in termini Cass. 12724/2016; Cass. 19455/2018; Cass. 20707/2018).
8.2. Nel caso in esame la Corte ha fatto corretta applicazione del consolidato principio sopra richiamato: la censura, pertanto, deve dichiararsi inammissibile ex art. 360bis c.p.c..
9. Il terzo ed il quinto motivo devono essere congiuntamente esaminati per la stretta connessione logica.
9.1. Il ricorrente lamenta, infatti, che la Corte aveva violato il principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, perché aveva omesso di dare riscontro al corrispondente motivo d’appello, con il quale era stata criticata la ricostruzione del fatto, segnatamente quella effettuata dal CTU alla quale la motivazione di primo grado si era riferita, condividendone i risultati.
9.2. Assume, al riguardo, che le manovre dei mezzi coinvolti nell’incidente non erano state correttamente qualificate e che non era stata presa in esame neanche la richiesta di rinnovo dell’accertamento peritale o del richiamo del CTU a chiarimenti (terzo motivo).
9.3. Deduce, inoltre, che non era stato correttamente applicato l’art. 2054 c.c., che costituiva un meccanismo decisorio residuale in presenza, come nel caso in esame, di elementi per ricostruire esattamente la dinamica dei fatti, con conseguente preciso accertamento delle relative responsabilità (quinto motivo).
9.4. Entrambe le censure sono inammissibili.
9.5. La Corte territoriale, infatti, ha reso una motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale sulla ricostruzione del sinistro, argomentando compiutamente sulle ragioni per le quali, assenti testimoni e sopraggiunti sul posto gli agenti della polizia stradalef era stato accertato, sulla base della ricostruzione della dinamica dell’incidente, che “il motociclo di A. procedesse a velocità molto sostenuta tanto da essere in grado di trascinare per più di 20 metri il veicolo del R.” il quale, tuttavia, era impegnato “in qualche manovra pericolosa, quale un’inversione ad U o una non attenta immissione nella strada dall’area limitrofa di parcheggio, atteso che secondo la ricostruzione della polizia stradale tale mezzo si trovava in posizione perpendicolare, tanto che il motociclo dell’ A. si incastrava nella lamiera della fiancata della Fiat 126 rispetto alla corsia di marcia del motociclo” (cfr. pag. 10 della sentenza impugnata).
9.6. La Corte territoriale ha poi affermato che tale ricostruzione era stata anche confermata dalla CTU ed ha negato che ci fossero “margini per le parti di provare in modo serio ed attendibile una diversa dinamica” (cfr. pag. 11 primo cpv. della sentenza impugnata).
9.6. Risulta pertanto inammissibile la terza censura, perché evidentemente il ricorrente non ha colto la ratio decidendi della sentenza che ha accuratamente esaminato sia le emergenze processuali, sia le corrispondenti censure proposte; la stessa sorte deve essere riservata al quinto motivo, strettamente collegato al precedente, in quanto l’applicazione dell’art. 2054 c.c., riposa su un percorso argomentativo congruo, logico, correttamente motivato ed aderente sia alle emergenze processuali (che hanno imposto il ricorso al criterio residuale propugnato dalla norma), sia ai principi affermati da questa Corte in materia (cfr. Cass. 9353/2019), oltretutto richiamati anche dallo stesso ricorrente (cfr. pag. 14 terz’ultimo cpv.).
10. Il quarto motivo – con cui si deduce il travisamento del fatto nella parte in cui il ricorrente ha ritenuto “meramente ipotetica nonché giudizialmente non accertabile la dinamica del sinistro” – è inammissibile.
10.1. La censura, infatti, declinata come omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, omette di indicare con sufficiente specificità il fatto storico, principale o secondario, che la Corte non avrebbe esaminato, ed articola un percorso argomentativo volto ad evidenziare una inesistente contraddittorietà della motivazione con la quale la Corte, invero, ha affermato che non era stato dedotto, in appello, nulla di diverso di ciò che era stato accertato nel giudizio di primo grado, definito con decisione fondata su una CTU alla quale i giudici d’appello hanno pienamente aderito.
10.2. La censura, pertanto maschera una richiesta di rivalutazione di merito delle emergenze istruttorie, non consentita in questa sede (cfr. Cass. 8758/2017; Cass. 18721/2018).
11. Il sesto motivo è inammissibile, anche per difetto di autosufficienza.
11.1. Con esso, i ricorrenti si dolgono della liquidazione del danno che, in applicazione delle tabelle di Milano, era stato computato in relazione ad una somma prossima al minimo, senza considerare tutta una serie di elementi esaminati da un accertamento svolto dal Centro di Salute Mentale che “certificava la perdita totale di interesse per la vita da parte dei genitori del giovane” (cfr. pag. 15 del ricorso): ciò, in thesi, avrebbe dovuto condurre alla liquidazione di una somma più congrua.
11.2. Tuttavia, la censura non indica la sede processuale ove la documentazione richiamata – attraverso la quale sarebbero emerse circostanze idonee a superare la liquidazione del danno “prossima al minimo” – possa essere rinvenuta (cfr. ex multis Cass. SU 25038/2013; Cass. SU 34469/2019); ed in tale situazione essa configura una richiesta di rivalutazione della liquidazione del danno – avvenuta, comunque, all’interno dei parametri tabellari, in assenza della allegazione e prova di pregiudizi eccezionali (cfr. Cass. 20111/2014; Cass. 25817/2017; Cass. 13269/2020) – che non può trovare ingresso in questa sede.
11.3. Infatti, non è consentito a questa Corte apprezzare la denunciata omissione dei giudici d’appello che, liquidando il danno secondo le tabelle del Tribunale di Milano, hanno correttamente applicato il principio secondo cui “la parte che chieda il risarcimento per pregiudizi ulteriori rispetto a quelli già forfettariamente compensati con la liquidazione attraverso i meccanismi tabellari, deve allegare altri pregiudizi di tipo esistenziale, individuando specifiche circostanze che incidano su aspetti “eccezionali” e non semplicemente quotidiani della vita, tali, per caratteristiche, dimensione od intensità ed in relazione alle proprie particolari condizioni, da porli al di fuori delle conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età e nelle stesse condizioni. (cfr., in termini, Cass. 24155/2018).
12. Con il settimo motivo, il ricorrente invoca una diversa regolazione delle spese in quanto ” una corretta applicazione delle norme processuali e sostanziali avrebbe condotto all’accoglimento del gravame”.
12.1. La censura, lungi dal contestare la liquidazione delle spese statuita dalla Corte territoriale, riconduce la critica ad una diversa ipotetica soluzione della controversia: in buona sostanza, il ricorrente non contesta la correttezza della regolazione avvenuta alla luce della decisione assunta, omettendo di prospettare, pertanto, vizi della relativa decisione ma deducendo, come res sperata, l’accoglimento del ricorso. La doglianza, pertanto, risolvendosi in un “non motivo”, deve ritenersi inammissibile in ragione della motivazione resa in relazione a tutte le altre censure, prive di statuizioni cassatorie.
13. Sul ricorso successivo incidentale del R..
13.1. Il Collegio osserva, in primis, che risultano infondate entrambe le eccezioni preliminari sollevate.
13.2. In ordine alla inammissibilità della procura speciale del ricorrente si osserva che essa, apposta a margine del ricorso, presenta senza ombra di dubbio il requisito della specialità, richiamando la sentenza impugnata ed essendo logicamente successiva ad essa: né sono state indicate altre inequivoche ragioni per le quali tale requisito rimarrebbe inficiato.
13.3. Risulta, inoltre, infondato il rilievo relativo al vizio di notifica del ricorso effettuata a mezzo pec all’indirizzo del difensore: costituisce principio ormai consolidato quello secondo cui l’irritualità della notificazione di un atto (nella specie, controricorso in cassazione) a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (cfr. Cass. SU 7665/2016; Cass. SU 23620/2018; Cass. SU 24568/2018; Cass. SU 22438/2018).
14. Il ricorso successivo, riunito a quello principale e’, infine, inammissibile.
14.1. Questa Corte ha avuto modo di affermare che “il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; tuttavia quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi. Tale principio non trova deroghe riguardo all’impugnazione di tipo adesivo che venga proposta dal litisconsorte dell’impugnante principale e persegue il medesimo intento di rimuovere il capo della sentenza sfavorevole ad entrambi, né nell’ipotesi in cui si intenda proporre impugnazione contro una parte non impugnante o avverso capi della sentenza diversi da quelli oggetto della già proposta impugnazione.(Cass. 5695/2015; Cass. 448/2020).
14.2. Nel caso in esame, il termine di quaranta giorni dalla notifica del ricorso principale (19.11.2018) è stato ampiamente superato in quanto il ricorso successivo è stato notificato il 3.5.2019: per tale ragione il ricorso successivo proposto dal R., da qualificarsi come incidentale, risulta tardivo.
15. In conclusione il ricorso principale deve essere rigettato e quello incidentale deve essere dichiarato inammissibile.
16. L’esito di entrambi i ricorsi e la complessità della controversia rendono opportuna la compensazione delle spese fra tutte le parti.
17. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
PQM
La Corte;
rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale. Compensa fra tutte le parti le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 30 marzo 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021
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