LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14420-2020 proposto da:
D.C., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ELENA PETRACCA;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’INTERNO;
– intimato –
avverso il decreto n. 3838/2020 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 10/04/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO MARULLI.
RITENUTO IN FATTO
1. Con il ricorso in atti si impugna l’epigrafato decreto, con il quale il Tribunale di Venezia, attinto dal ricorrente ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35-bis, ha rigettato le istanze del medesimo in punto di protezione internazionale e di protezione umanitaria e se ne chiede la cassazione sul rilievo 1) della violazione o falsa interpretazione di legge in relazione al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, commi 1 e 5, art. 5, comma 3 ed art. 8, lett. d), ed al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e art. 27, commi 1-bis e art. 35-bis, nonché al D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, art. 1, comma 5, convertito in legge, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure invocate senza esercitare i poteri istruttori officiosi conferitegli dalla legge al fine di accertare la situazione interna del paese di provenienza e la condizione del richiedente durante la sua permanenza nel paese di transito (Libia); 2) della violazione od errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c), avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione sussidiaria senza considerare la situazione di rischio vissuta dal richiedente durante la sua permanenza nel paese di transito (Libia) ed astenendosi dal compiere una specifica analisi della situazione interna del paese di origine; 3) della violazione od errata applicazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, avendo il decidente denegato l’accesso alla protezione umanitaria senza raffrontare il contesto di provenienza con la condizione, anche di integrazione sociale, conseguita dal richiedente nel nostro paese; 4) dell’omesso esame di un fatto decisivo, avendo il decidente denegato l’accesso alle misure invocate senza considerare il periodo di permanenza trascorso dal richiedente nel paese di transito (Libia).
Non ha svolto attività difensiva il Ministero intimato non essendosi il medesimo costituito con controricorso ex art. 370 c.p.c. ma solo a mezzo di “atto di costituzione” ai fini della partecipazione all’udienza pubblica inidoneo allo scopo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, esaminabili congiuntamente stante l’unitarietà della censura che vi è dispiegata, a fronte dell’ampia ed esaustiva motivazione a mezzo della quale il decidente, considerando le vicende narrate dal richiedente, al centro di una contesa tra comunità locali avente ad oggetto la rivendicazione del possesso dei terreni da lui coltivati, ha escluso la ricorrenza di ragioni riconducibili alla protezione internazionale, mirano a sollecitare solo una rivisitazione delle risultanze di causa, onde essi si espongono ad un preliminare rilievo di inammissibilità, a nulla rilevando in contrario la specifica lagnanza fatta valere, nel contesto di ciascuno di essi e conclusivamente con il quarto motivo di ricorso, in ordine all’omesso esame delle vicende vissute dal richiedente durante la sua permanenza del paese di transito, essendo noto che in tema di protezione internazionale l’indagine del rischio persecutorio o del danno grave in caso di rimpatrio va effettuata con riferimento al solo Paese di origine (Cass., Sez. III, 5/06/2020, n. 10835).
3. Il terzo motivo di ricorso non si sottrae al medesimo giudizio, tanto più che alla luce delle ragioni additate dal decidente onde respingere la domanda sul punto, evidenzianti, segnatamente, la mancata indicazione di “elementi idonei ad integrare i presupposti per la protezione umanitaria”, sicché è indubitabile che, astenendosi dal dedurre quali specifici fattori di vulnerabilità siano riconducibili alla sua persona, il richiedente è venuto meno all’onere di allegazione dei fatti costitutivi della domanda, che sia pur in un procedimento contrassegnato da una forte attenuazione del principio dispositivo, continua comunque a competere allo stesso.
4. Ne’, per vero, orienta diversamente lo scrutinio in punto di protezione umanitaria il quarto di motivo di ricorso con cui il ricorrente lamenta che il provvedimento impugnato sarebbe incorso nel vizio di omesso esame di un fatto decisivo per non aver tenuto conto delle vicende da lui patite durante la permanenza nel paese di transito.
Al riguardo non ignora il collegio la conferenza che le vicende vissute dal richiedente asilo nel paese di transito possano talora assumere nell’orientare il giudizio in materia di protezione umanitaria, segnatamente se in ragione della loro rappresentazione possano rivelarsi potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità, ad incidere sulla condizione di vulnerabilità del medesimo (Cass., Sez. VI-I, 31/03/2021, n. 8990).
E tuttavia, pur se con specifico riferimento al giudizio sulla domanda di protezione umanitaria il fatto in parola non sia stato qui espressamente menzionato, non può dirsi che per questo esso sia stato totalmente ignorato dal decidente, dovendo al contrario ritenersi che esso abbia formato oggetto di un’implicita delibazione negativa allorché, disaminando la domanda, il Tribunale si è indotto ad escludere, come si è detto, la sussistenza di particolari ragioni giustificative per il suo accoglimento.
Il decidente, nel quadro di un giudizio più generalmente inteso ad evidenziare, come già si è osservato con riferimento al terzo motivo di ricorso, la lacunosità della perorazione difensiva sul punto, ha infatti in tal modo inteso implicitamente manifestare il proprio negativo convincimento anche con riferimento al fatto che le vicende libiche, pur denunciate dal ricorrente, potessero indirizzare diversamente lo scrutinio demandatogli con la domanda, rimarcandone così la non conducenza ai fini della riconoscibilità in capo al richiedente di una condizione di vulnerabilità meritevole di tutela.
Dunque, sia pure se per mezzo di una delibazione implicita, l’esame del fatto non è stato pretermesso, ma il decidente, escludendo che in ragione di esso fossero argomentabili specifiche ragioni per riconoscere la vulnerabilità del ricorrente, ne ha semplicemente disatteso la rilevanza ai fini della propria decisione.
L’impugnato decreto si sottrae perciò alla censura declinata con il motivo.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
5. Nulla spese in difetto di costituzione avversaria. Doppio contributo ove dovuto.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-I sezione civile, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021