Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27284 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 29363/19 proposte da:

A.M.E., elettivamente domiciliato a Roma v. Teofilo Folengo n. 49, difeso dall’avvocato Giovanni Maria Facilla, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato ex lege dall’Avvocatura dello Stato, elettivamente domiciliato a Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Venezia 26.8.2019 n. 6969;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 9 dicembre 2020 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

FATTI DI CAUSA

1. A.M.E., cittadino nigeriano, chiese alla competente commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui al D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 4: (a) in via principale, il riconoscimento dello status di rifugiato politico, D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex artt. 7 e segg.;

(b) in via subordinata, il riconoscimento della “protezione sussidiaria” di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14;

(c) in via ulteriormente subordinata, la concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari, D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, ex art. 5, comma 6 (nel testo applicabile ratione temporis).

A fondamento della domanda dedusse di avere lasciato il proprio Paese per sfuggire alle minacce di morte rivoltegli dagli appartenenti alla setta degli *****, nella quale l’odierno ricorrente si era rifiutato di entrare a far parte, al posto del padre deceduto.

La Commissione Territoriale rigettò l’istanza.

2. Avverso tale provvedimento A.M.E. propose, ai sensi del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, ricorso dinanzi alla sezione specializzata, di cui al D.L. 17 febbraio 2017, n. 13, art. 1, comma 1, del Tribunale di Venezia, che la rigettò con decreto 26.8.2019.

Il Tribunale ritenne che:

-) lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), non potessero essere concessi in quanto dalla documentazione prodotta dallo stesso richiedente era emerso che il di lui padre era un aderente non già alla setta cultista degli *****, ma alla diversa associazione – lecita – della *****, il che rendeva implausibile la narrazione delle minacce;

-) la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), non potesse essere concessa, perché nel Paese di provenienza del richiedente non esisteva una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato;

-) la protezione umanitaria di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, non potesse essere concessa sia perché il richiedente non era credibile, sia perché non aveva raggiunto una adeguata integrazione in Italia.

3. Tale decreto è stato impugnato per cassazione da A.M.E. con ricorso fondato su tre motivi (la cui numerazione è erronea: il secondo ed il terzo sono numerati con le cifre “3” e “4”).

Il Ministero ha depositato “atto di costituzione”.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente impugna il decreto nella parte in cui ha rigettato la domanda di concessione dello status di rifugiato. Sostiene che il Tribunale ha violato il D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nella parte in cui ha ritenuto il suo racconto inattendibile.

1.1. Il motivo, incurante della motivazione posta dal Tribunale a fondamento della decisione di rigetto, consiste nella mera affermazione dell’assunto secondo cui male avrebbe fatto il Tribunale a non credere al racconto dell’odierno ricorrente.

Il motivo evita accuratamente di affrontare il punto nodale della decisione, e cioè come possa giustificarsi la circostanza che il ricorrente fosse stato minacciato per prendere il posto del padre in una setta di cui quest’ultimo lo faceva parte.

Si tratta dunque d’una censura inammissibile per estraneità alla ratio decidendi.

2. Col secondo motivo (che il ricorrente qualifica “terzo”) il ricorrente sostiene che il decreto impugnato avrebbe violato l’art. 10 Cost., per aver negato il diritto di asilo a persona cui, nel proprio paese, è impedito l’esercizio delle libertà democratiche.

2.1. Il motivo è infondato, alla luce del principio ripetutamente affermato secondo cui l’asilo politico, la protezione sussidiaria e la protezione umanitaria esauriscono tutte le possibili ipotesi di asilo costituzionale, di cui all’art. 10 Cost..

Questa Corte ha infatti ripetutamente’ affermato che l’art. 10 Cost., ha trovato attuazione negli istituti del rifugio, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria: “il diritto di asilo è interamente attuato e regolato attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicché non v’e’ più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3" (ex multis, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 16362 del 04/08/2016, Rv. 641324 – 01).

3. Il terzo motivo (pagine 8-14) del ricorso si diffonde per sei pagine, nelle quali il ricorrente collaziona uno dopo l’altro una serie di principi giuridici concernenti: la definizione di protezione sussidiaria, la sua distinzione rispetto alla protezione umanitaria, i criteri di individuazione del giudice munito di giurisdizione rispetto a tale domanda, la nozione di “motivi di carattere umanitario”, l’onere della domanda, i criteri di valutazione della credibilità del ricorrente, l’onere di cooperazione istruttoria da parte del giudice, le conseguenze della nullità del provvedimento amministrativo emesso dalla commissione territoriale. Dopo questo enchiridion di diritto sostanziale e processuale il ricorrente conclude affermando che “la violenza indiscriminata accertata ormai in tutto il territorio della Nigeria integra i presupposti della protezione sussidiaria”.

3.1. Il motivo e’, prima che inammissibile, addirittura inesistente, in quanto non contiene nessuna ragionata censura avverso la sentenza impugnata, dalla cui motivazione prescinde del tutto.

4. Non occorre provvedere sulle spese del presente giudizio, non essendovi stata difesa delle parti intimate.

PQM

la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 9 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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