Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.27289 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9094/2019 proposto da:

D.L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PARIOLI N. 40, presso lo studio dell’avvocato MATTEO RONGA, rappresentato e difeso dall’avvocato GIUSEPPE BARBUTO;

– ricorrente –

contro

PATRONATO INPAS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ARMELLINI 30, presso lo studio dell’avvocato ROMEO BRUNETTI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

PATRONATO CONFSAL SEGRETERIA PROVINCIALE DI VIBO VALENTIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1743/2018 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 16/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/03/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 16/10/2018, la Corte d’Appello di Catanzaro ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado, in parziale accoglimento della domanda proposta da D.L.D., ha condannato il Patronato Confsal, Segreteria provinciale di Vibo Valentia, al rilascio dell’immobile di proprietà del D.L. allo stesso concesso in locazione, contestualmente rigettando la domanda di rilascio proposta nei confronti dell’Inpas (Istituto Nazionale di Previdenza e di Assistenza Sociale) e quella di condanna al risarcimento dei danni proposta nei confronti dei due enti convenuti.

2. A fondamento della decisione assunta, la corte territoriale – dopo aver confermato la correttezza della decisione del primo giudice, nella parte in cui aveva condannato il Patronato Confsal al rilascio dell’immobile D.L. – ha rilevato l’effettiva mancata contestazione, da parte del D.L., del tempestivo rilascio dell’immobile da parte dell’Inpas, altresì confermando la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto non dimostrato il danno rivendicato dal locatore nei confronti delle due controparti.

3. Avverso la sentenza d’appello, D.L.D. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione.

4. L’Inpas resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di note illustrative.

5. Il Patronato Confsal, Segreteria provinciale di Vibo Valentia, non ha svolto difese in questa sede.

6. Condotto all’esame della Sesta Sezione Civile di questa Corte di cassazione, il ricorso è stato rimesso alla decisione di questo Collegio con ordinanza interlocutoria n. 27917 del 7/12/2020.

7. Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, invocando la dichiarazione di inammissibilità, ovvero il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale erroneamente trascurato di rilevare l’inammissibilità della mancata ammissione della prova testimoniale invocata dal D.L. e illegittimamente disattesa dal primo giudice, giungendo, per tale motivo, all’erronea affermazione del carattere incontestato dell’avvenuto tempestivo rilascio dell’immobile del D.L. da parte dell’Inpas: circostanza che, proprio detti capitoli di prova, intendevano contraddire.

2. Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6.

3. Osserva il Collegio come, sulla base del principio di completa e puntuale allegazione del ricorso per cassazione (valido oltre che per il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, anche per quello previsto dai nn. 3 e 4 della stessa disposizione normativa), il ricorrente che denunzi la violazione o la falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione (cfr. Sez. L, Sentenza n. 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498). Siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente affermi che una data circostanza debba reputarsi positivamente sottoposta o, al contrario, sottratta al thema decidendum, perché espressamente contestata o non contestata (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 17253 del 23/07/2009, Rv. 609289), con la conseguenza che, in tali ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto a indicare nel ricorso elementi idonei ad attestare, in relazione al rivendicato diritto, l’avvenuta o non avvenuta contestazione del contenuto dei fatti dedotti, non potendo limitarsi al generico richiamo di dette occorrenze, o alla parziale e arbitraria riproduzione di singoli periodi estrapolati dagli atti processuali della controparte 4. E’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr., per tutte, Sez. Un., Sentenza n. 16887 del 05/07/2013), le quali, dopo aver affermato che la prescrizione dell’art. 366 c.p.c., n. 6, è finalizzata alla precisa delimitazione del thema decidendum, attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente, onde non può ritenersi sufficiente in proposito il mero richiamo di atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la formulazione dei motivi (Sez. Un., Sentenza n. 23019 del 31/10/2007, Rv. 600075), hanno poi ulteriormente chiarito che il rispetto della citata disposizione del codice di rito esige che sia specificato in quale sede processuale nel corso delle fasi di merito il documento, pur eventualmente individuato in ricorso, risulti prodotto, dovendo poi esso essere anche allegato al ricorso a pena d’improcedibilità, in base alla previsione del successivo art. 369, comma 2, n. 4 (cfr. Sez. Un., Sentenza n. 28547 del 02/12/2008 (Rv. 605631); con l’ulteriore precisazione che, qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito e si trovi nel fascicolo di parte, l’onere della sua allegazione può esser assolto anche mediante la produzione di detto fascicolo, ma sempre che nel ricorso si specifichi la sede in cui il documento è rinvenibile (cfr. Sez. Un., Ordinanza n. 7161 del 25/03/2010, Rv. 612109, e, con particolare riguardo al tema dell’allegazione documentale, Sez. Un., Sentenza n. 22726 del 03/11/2011, Rv. 619317).

5. Nella violazione di tali principi deve ritenersi incorso l’odierno ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che lo stesso, nel dolersi del mancato rilievo, da parte della corte territoriale, dell’avvenuta contestazione della circostanza relativa al tempestivo avvenuto rilascio dell’immobile locato da parte del Patronato Inpas (attraverso la richiesta ammissione delle prove testimoniali illegittimamente disattese dal giudice di primo grado), ha tuttavia trascurato di riprodurre e d’indicare la collocazione processuale dei ridetti capitoli di prova testimoniale (e che, peraltro, la corte territoriale ha espressamente indicato come aventi a oggetto il solo rapporto del bene locato con il Patronato Confsal), con ciò precludendo a questa Corte la possibilità di apprezzare la concludenza della censura formulata al fine di giudicare la fondatezza del motivo d’impugnazione proposto.

6. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale dettato una motivazione del tutto incongrua in relazione al punto concernente la pretesa mancata contestazione della circostanza dell’avvenuto rilascio dell’immobile da parte dell’Inpas, in contrasto con il contenuto dei capitoli di prova per testi illegittimamente pretermessi dal primo giudice sulla base di una decisione erroneamente confermata dal giudice d’appello.

7. Il motivo è infondato.

8. Osserva il Collegio come, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., n. 4, il difetto del requisito della motivazione si configuri, alternativamente, nel caso in cui la stessa manchi integralmente come parte del documento/sentenza (nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, siccome risultante dallo svolgimento processuale, segua l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione), ovvero nei casi in cui la motivazione, pur formalmente comparendo come parte del documento, risulti articolata in termini talmente contraddittori o incongrui da non consentire in nessun modo di individuarla, ossia di riconoscerla alla stregua della corrispondente giustificazione del decisum.

9. Infatti, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili.

10. In ogni caso, si richiede che tali vizi emergano dal testo del provvedimento, restando esclusa la rilevanza di un’eventuale verifica condotta sulla sufficienza della motivazione medesima rispetto ai contenuti delle risultanze probatorie (ex plurimis, Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353 – 01).

11. Ciò posto, nel caso di specie, è appena il caso di rilevare come la motivazione dettata dalla corte territoriale a fondamento della decisione impugnata sia, non solo esistente, bensì anche articolata in modo tale da permettere di ricostruirne e comprenderne agevolmente il percorso logico, avendo la corte d’appello dato conto, in termini lineari e logicamente coerenti, delle ragioni poste a fondamento della conferma della decisione del primo giudice, nella parte in cui aveva ritenuto del tutto irrilevanti le prove testimoniali invocate dal D.L., essendosi quest’ultimo limitato ad articolare capitoli di prova testimoniale riguardanti esclusivamente il Patronato Confsal, senza alcun accenno al Patronato Inpas, con la conseguente correttezza della valutazione operata dal giudice di primo grado che, “considerata anche la non specifica contestazione in merito all’eccepito rilascio da parte di tale ultimo ente, non ha ammesso tali capitoli in quanto superflui, dal momento che invece non risultava contestazione alcuna in ordine al mancato rilascio del bene da parte del patronato Confsal Segreteria Provinciale di Vibo Valentia in favore del locatore” (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata).

12. L’iter argomentativo compendiato dal giudice a quo sulla base di tali premesse è pertanto valso a integrare gli estremi di un discorso giustificativo logicamente lineare e comprensibile, elaborato nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica e di congruità logica, come tale del tutto idoneo a sottrarsi alle censure in questa sede illustrate dal ricorrente.

13. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di fatti decisivi controversi (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale ritenuto infondata la domanda di risarcimento dei danni avanzata nei confronti del Patronato Confsal sulla base di una contraddittoria motivazione, inidonea a dar conto dell’omessa considerazione del mancato pagamento, da parte del conduttore, dei canoni successivi alla disdetta del contratto, e per aver disatteso la domanda risarcitoria anche nei confronti dell’Inpas sulla premessa, già indicata come erronea, del carattere incontestato della tempestiva riconsegna dell’immobile da parte di quest’ultimo.

14. Con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato una motivazione del tutto incongrua e contraddittoria, nella parte in cui ha dichiarato infondata la domanda risarcitoria avanzata nei confronti del Confsal, non considerando la natura risarcitoria della pretesa connessa al mancato pagamento dei canoni successivi alla disdetta del contratto di locazione, e per aver erroneamente disatteso la domanda risarcitoria nei confronti dell’Inpas, sulla premessa, già indicata come erronea, del carattere incontestato della tempestiva riconsegna dell’immobile da parte di quest’ultimo.

15. Entrambi i motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – sono infondati.

16. Osserva il Collegio come – ferma l’infondatezza delle censure in esame con riguardo all’Inpas (in ragione delle argomentazioni precedentemente illustrate in relazione all’esame del primi due motivi d’impugnazione) – la corte territoriale abbia chiaramente evidenziato, sulla base di una corretta e logicamente congrua interpretazione della domanda del D.L., e di una motivazione perfettamente idonea a dar conto dello sviluppo argomentativo e del ragionamento seguito ai fini della decisione, come il D.L. avesse limitato la propria pretesa risarcitoria ai soli danni riferiti alla mancata possibilità di concedere in godimento il proprio immobile a terzi, siccome occupato dalla controparte (senza alcun riferimento all’eventuale mancato pagamento di canoni o di altre indennità), ritenendo, peraltro, detta domanda risarcitoria del tutto infondata, essendosi il D.L. limitato a invocare, sul punto, l’ammissione di prove testimoniali del tutto generiche, e trascurando di riproporne l’ammissione in sede di appello, con l’inevitabile conseguenza della conclusiva mancata dimostrazione di tale specifico profilo di danno.

17. Si tratta di considerazioni che il giudice d’appello ha elaborato, nell’esercizio della discrezionalità valutativa ad esso spettante, nel pieno rispetto dei canoni di correttezza giuridica dell’interpretazione e di congruità dell’argomentazione, e senza incorrere in alcuna delle omissioni denunciate dall’odierno ricorrente: considerazioni immuni da vizi d’indole logica o giuridica e, come tali, del tutto idonee a sottrarsi alle censure illustrate in questa sede.

18. Sulla base delle argomentazioni che precedono, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del D.L. al rimborso, in favore dell’Inpas, delle spese del giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 1.700,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 31 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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