LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 15218-2015 proposto da:
T.A., domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NICOLA ZAMPIERI;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TREVISO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente doniciliato in ROMA, VIA GIOVANNI AMENDOLA, 46, presso lo studio dell’avvocato MARIO ETTORE VERINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GABRIELE MASO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 59/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 13/05/2014 R.G.N. 497/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE.
RILEVATO
1. T.A., dipendente del Comune di Treviso con la qualifica di Avvocato, in servizio preso l’Avvocatura civica del Comune, aveva convenuto in giudizio quest’ultimo per chiedere: la rideterminazione dell’esatto ammontare dei compensi professionali spettanti, al netto di IRAP, CPDEL, ed INAIL a carico del Comune, maturati nel periodo dal 1 gennaio 2004 al 31 dicembre 2005, oltre rivalutazione monetaria ed interessi; la condanna del Comune alla restituzione delle somme trattenute (Euro 15.662, 18, già detratta la somma di Euro 3.449,40, corrisposta dal Comune il 24 ottobre 2008), oltre rivalutazione monetaria e interessi legali; la condanna del Comune al pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi, maturati dal giorno del dovuto a quello di effettivo pagamento, sulla somma (Euro 3.449,40) trattenuta a titolo di IRAP su compensi professionali dovuti nel periodo *****, e restituita in esito alla Delib. 24 settembre 2008; la condanna del Comune alla ricostruzione della propria posizione retributiva, contributiva e previdenziale conseguente alla rideterminazione dei compensi professionali; l’accertamento dell’obbligo del Comune a tenere essa dipendente indenne dalla eventuale maggiore imposta IRPEF, in caso di accertamento dell’obbligo a suo carico di ulteriori versamenti dell’imposta IRPEF; l’accertamento del diritto ad ottenere il rimborso della tassa di iscrizione annuale all’Albo Professionale.
2. il giudice di primo grado accolse la domanda riguardante la corretta liquidazione dei compensi professionali relativi al periodo *****, ma solo in relazione alla richiesta di determinazione degli stessi al netto dell’IRAP e non anche in relazione alla richiesta di determinazione al netto degli oneri previdenziali CPDEL e Inail; dichiarò il conseguente obbligo dell’Amministrazione all’integrale ricostituzione della posizione retributiva, contributiva e previdenziale ed a tenere indenne la ricorrente dall’eventuale somma aggiuntiva dovuta all’erario a titolo di IRPEF e alla corresponsione degli interessi legali sulla somma corrisposta dall’Amministrazione, ma negò il diritto alla rivalutazione monetaria; condannò l’Amministrazione al rimborso della quota di iscrizione all’Albo professionale per l’anno *****.
3. la Corte di Appello di Venezia, adita in via principale dalla T. e, in via incidentale dal Comune di Treviso, ha rigettato l’appello principale, ha accolto l’appello incidentale e, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dalla T.;
4. la Corte territoriale ha ritenuto che: era infondato l’appello principale, avente ad oggetto la statuizione di primo grado, con la quale era stata rigettata la domanda della ricorrente, volta all’accertamento del diritto a vedersi liquidare i compensi professionali nel periodo dal ***** al netto degli oneri previdenziali ed assicurativi; la sentenza del giudice di primo grado era condivisibile nella parte in cui aveva ritenuto che, prima dell’entrata in vigore della L. n. 266 del 2005, si doveva tenere conto della disposizione contenuta nell’art. 27 del CCNL 14.9.2000, che aveva rimesso alla contrattazione integrativa solo la correlazione tra i compensi aggiuntivi agli avvocati dipendenti per le cause aventi esito positivo e la retribuzione di risultato, e aveva attribuito al Comune il potere di disciplinare unilateralmente la corresponsione dei compensi professionali agli avvocati dipendenti, con l’unico limite del rispetto del R.D.L. n. 1578 del 1933 sulla legge professionale, la cui osservanza nella specie non era in discussione; il R.D.L. n. 680 del 1938, art. 27, comma 13 sull’ordinamento dei dipendenti degli enti locali, per i contributi previdenziali, e il T.U. n. 1124 del 1965, art. 75 per i premi INAIL, invocati dalla ricorrente, non prevedevano alcunché in relazione alle modalità da seguire in ordine al calcolo e alla ripartizione delle diverse tipologie di oneri da applicarsi nella corresponsione dei compensi professionali, dovuti occasionalmente agli Avvocati; sicché, non esistendo una specifica normativa di riferimento per le modalità di pagamento dei compensi professionali, ciò che rilevava era solo la disciplina del CCNL che aveva rinviato al potere regolamentare dei singoli Enti; il quadro normativo richiamato per rigettare l’appello principale giustificava l’accoglimento del ricorso incidentale, con il quale era stata impugnata la statuizione che aveva accertato il diritto della ricorrente alla rideterminazione dei compensi professionali maturati dall'***** al netto dell’IRAP e aveva condannato il Comune alla restituzione della somma trattenuta indebitamente per il suddetto titolo; la Delib. Comune 13 dicembre 2004, n. 91671 pur erronea nella parte in cui aveva fatto riferimento alla L. n. 350 del 2003, art. 3, comma 29 posto che la disposizione riguardava solo i professionisti tecnici di cui alla Legge Merloni n. 109 del 1994, era legittima, nonostante fosse stata adottata in epoca antecedente l’entrata in vigore della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 2008; la delibera non aveva individuato un soggetto passivo del tributo diverso da quello stabilito dalla legge (dipendente pubblico in luogo del datore di lavoro), ma aveva previsto che i compensi lordi spettanti agli addetti all’Avvocatura civica, comprensivi di IRAP, CPDEL, e INAIL, a carico dell’ente potevano spettare in percentuale rispetto al trattamento economico lordo annuo in misura superiore a quella precedente; il Comune aveva pagato l’IRAP allo Stato sui compensi aggiuntivi versati alla ricorrente per le cause conclusesi favorevolmente per l’amministrazione e dalla documentazione emergeva che la ricorrente, a seguito della modifica regolamentare, in virtù dell’aumento delle percentuali ragguagliate alla retribuzione annua – lorda, non aveva subito alcuna diminuzione di quanto avrebbe percepito prima della delibera del Comune;
5. avverso questa sentenza T.A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale il Comune di Treviso ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.
CONSIDERATO
Sintesi dei motivi.
la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3:
6. con il primo motivo violazione dell’art. 2115 c.c., del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 27, del R.D.L. n. 680 del 1938, art. 27, comma 13; la ricorrente assume: l’inconferenza del richiamo operato dalla Corte territoriale alla sentenza di questa Corte n. 17941 del 2006, perché relativa a fattispecie, diversa da quella oggetto del presente giudizio, connotata dall’assenza di disposizioni contrattuali o amministrative regolanti il compenso professionale in relazione alle spese di giudizio rimborsate all’Ente datore di lavoro; l’inderogabilità delle disposizioni contenute nell’art. 2115 c.c., nel D.P.R. n. 1124 del 196, art. 27 nel R.D.L. n. 680 del 1938, art. 27, comma 13; la ricorrente sostiene che l’art. 27 del CCNL del 14 settembre 2000 non poteva disporre alcunché sugli oneri contributivi e, nemmeno, attribuire all’Amministrazione il potere di disciplinare unilateralmente la materia in contrasto con le norme inderogabili di legge;
7. con il secondo motivo, la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, asserendo che il fatto che il Comune abbia versato l’IRAP, attingendo la somma dalla retribuzione del dipendente (con il sistema della trattenuta alla fonte), determina una inversione del soggetto passivo dell’imposta, non consentita dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3 e assume il carattere inderogabile di tale disposizione; richiama la disposizione contenuta nella L. n. 266 del 2005, art. 1 e, precisato che essa non regola, ratione temporis, la fattispecie dedotta in giudizio, osserva che essa, nella interpretazione datane dalle Sezioni Riunite di Controllo della Corte dei conti n. 33/2010, esclude la riconducibilità dell’Irap nell’ambito degli oneri riflessi;
8. in via preliminare, va disattesa l’eccezione, formulata dal controricorrente, di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire, sul rilievo che la Corte territoriale, ha accertato che, a seguito della modifica del regolamento in virtù dell’aumento delle percentuali ragguagliate alla retribuzione annua lorda, la ricorrente non ha subito alcuna diminuzione di quanto in concreto avrebbe percepito prima della delibera contestata; l’eccezione non tiene conto del fatto che ciò che oggi viene in discussione non è la misura del compenso professionale, ma la sottoposizione di detto compenso agli oneri contributivi previdenziali e fiscali (IRAP);
Esame dei motivi.
9. il primo motivo è fondato;
10. è indiscusso tra le parti che, fino al 31 dicembre 2003, il Comune, in applicazione degli artt. 9 e 10 del “Regolamento di organizzazione dell’Avvocatura Civica e della rappresentanza e difesa in giudizio dell’Amministrazione Comunale di Treviso”, approvato con Delib. Giunta Comunale 9 gennaio 2002, n. 1474/6 aveva liquidato in favore degli Avvocati interni, e, quindi, della ricorrente, i compensi dovuti per le controversie da loro patrocinate, concluse con esito favorevole per l’Amministrazione, al netto degli “oneri riflessi”;
11. e’, altrettanto, incontroverso che il Regolamento (in parte qua riprodotto nel ricorso), a seguito delle modifiche apportate dalla Delib. Giunta Comunale 13 dicembre 2004, n. 91671/501 prevedeva che i compensi, correlati alle controversie, conclusesi favorevolmente per il Comune, sarebbero stati liquidati al lordo dei cd “oneri riflessi”, comprendendo le somme dovute a titolo di IRAP, contribuzione previdenziale CPDEL e premi INAIL e che a far data dal 1 gennaio 2004 il Comune aveva liquidato i predetti compensi al lordo delle somme dovute a titolo di IRAP, contributi CPDEL e premi Inail;
12. la materia delle contribuzioni, nell’ambito della previdenza ed assistenza obbligatoria, è disciplinata dall’art. 2115 c.c. il quale dispone che “Salvo diverse disposizioni della legge (o delle norme corporative), l’imprenditore e il prestatore di lavoro contribuiscono in parti eguali alle istituzioni di previdenza e di assistenza.
L’imprenditore è responsabile del versamento del contributo, anche per la parte che è a carico del prestatore di lavoro, salvo il diritto di rivalsa secondo le leggi speciali. E’ nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza”.
13. analoga disposizione si rinviene nel R.D.L. 3 marzo 1938, n. 680, art. 27, comma 13 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli Enti locali) che dispone che “I contributi sono pagati integralmente dagli Enti, i quali si rivalgono verso gli impiegati iscritti alla Cassa per le quote a loro carico”;
14. questa Corte ha costantemente affermato che, secondo il disposto dell’art. 2115 c.c., comma 3, è nullo qualsiasi patto diretto ad eludere gli obblighi relativi alla previdenza o all’assistenza e che non è possibile che le parti intervengano su eventuali obblighi del datore di lavoro di corrispondere all’Inps i contributi assicurativi ed ritenuto inapplicabile il divieto posto dall’art. 2115 c.c. ove le parti abbiano inteso transigere solo sul danno subito. dal lavoratore, per l’irregolare versamento dei contributi stessi (Cass. n. 15308/2004, Cass. n. 6111/1985, Cass. n. 5977/1984, Cass. n. 885 del 1981);
15. il sistema della contribuzione per l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, è ad esclusivo carico del datore di lavoro (Cass. n. 2202/1998, Cass. n. 4399/1988), posto che il D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 27 dispone che “La spesa dell’assicurazione è a esclusivo carico del datore di lavoro. Chiunque mediante ritenute, dirette o indirette, sulle retribuzioni, sia in denaro, sia in natura, fa concorrere prestatori d’opera alla spesa dell’assicurazione a cui è obbligato ai termini del presente titolo, è punito con l’ammenda sino a lire quattrocentomila. Le compagnie portuali previste nell’art. 9 hanno il diritto di rivalsa nei confronti delle persone o degli enti, nell’interesse dei quali le “operazioni da esse svolte sono compiute”.
16. in applicazione dei principi innanzi richiamati deve escludersi che il Comune potesse porre a carico dei lavoratori, e quindi della odierna ricorrente, la parte dei contributi previdenziali ed assistenziali e quelli relativi alla copertura assicurativa gestita dall’Inail, di cui il Comune stesso era onerato, in virtù del richiamato art. 2115 c.c.
17. il principio di inderogabilità di cui all’art. 2115 c.c., nei termini innanzi ricostruito, esclude che siffatto potere possa ritenersi radicato nell’art. 27 del CCNL per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, successivo a quello dell’1.4.1999, che rimette al potere unilaterale degli enti provvisti di Avvocatura, costituita secondo i rispettivi ordinamenti, la disciplina della corresponsione dei compensi professionali “dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578” e alla regolazione, in sede di contrattazione decentrata integrativa “la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999”;
18. alla fattispecie in esame non trova applicazione ratione temporis, la L. 23 dicembre 2005, n. 266 (entrata in vigore il 1 gennaio 2006), che all’art. 1, comma 2008, per la dichiarata esigenza di contenimento della spesa pubblica, ha introdotto una deroga all’art. 2115 c.c., disponendo che “Le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro”, ha previsto l’accollo contributivo a integrale carico del lavoratore, per la parte relativa ai compensi professionali (norma ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 33 del 2009);
19. il secondo motivo è fondato.
20. l’IRAP è un’imposta che, come affermato dalla Corte costituzionale (C. Cost. n. 156/2001) e da questa Corte (Cass. Sez. Un. 12111/2009; Cass. 23333/2016) colpisce non i redditi personali, ma il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate; essa, pertanto, essa non può che gravare sul datore di lavoro;
21. anche la Corte dei Conti (deliberazione a sezioni Riunite in sede di controllo n. 33 del 2010) ha affermato che il presupposto impositivo dell’Irap si realizza in capo all’ente che eroga il compenso di lavoro dipendente, il quale rappresenta il soggetto passivo dell’imposta, cioè colui che, nella valutazione del legislatore, in quanto titolare di una organizzazione, è tenuto a concorrere alle spese pubbliche, ai fini di detto tributo e che, pertanto, l’onere fiscale non può gravare sul lavoratore dipendente in relazione ai compensi di natura retributiva, bensì unicamente sull’ente datore di lavoro;
22. la Corte dei Conti ha escluso che la L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 207 e 208 (come detto non applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame), nella parte in cui si riferiscono, rispettivamente, agli “oneri assistenziali e previdenziali a carico dell’amministrazione” – e, quanto al personale delle avvocature interne degli enti pubblici, agli “oneri riflessi”, possano essere interpretati nel senso di ricomprendere anche la maggiore imposta, che il datore di lavoro dovrà corrispondere a titolo di maggiorazione IRAP, in – ragione del compenso aggiuntivo corrisposto al proprio personale;
23. la Corte dei Conti, ha precisato che, pur essendo l’Amministrazione tenuta ad erogare i compensi professionali senza trattenere la quota necessaria a pagare all’IRAP, essa e’, nondimeno, obbligata al rispetto della disciplina sulla copertura dei fondi e, quindi, della regola della copertura finanziaria imposta dall’art. 81 Cost., comma 4, con la conseguenza che essa è tenuta a quantificare le disponibilità destinabili ad avvocati e professionisti accantonando le somme necessarie per fronteggiare l’onere IRAP, al pari di quanto è tenuta a fare per il pagamento delle altre retribuzioni al personale pubblico;
24. questi principi sono stati condivisi da questa Corte nella sentenza n. 21398/2019 (richiamata dal controricorrente nella memoria difensiva), che, sia pure con riguardo a fattispecie diversa da quella in esame (veniva in discussione il compenso incentivante per le opere di progettazione), ha affermato che “L’incentivo, di cui alla L. n. 109 del 1994, art. 8 (ora D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 92, comma 5), previsto per i dipendenti che hanno partecipato alle opere di progettazione, direzione o collaudo di opere pubbliche, va calcolato al netto dell’IRAP, quale onere posto ad esclusivo carico dell’amministrazione, tenuta al versamento del tributo; tuttavia, per il principio di necessaria copertura della spesa pubblica, le amministrazioni dovranno quantificare le somme che gravano sull’ente a titolo di IRAP, rendendole indisponibili, e successivamente procedere alla ripartizione dell’incentivo, corrispondendo lo stesso ai dipendenti interessati al netto degli oneri assicurativi e previdenziali”.
25. alle considerazioni svolte, consegue l’affermazione del principio di diritto che segue.
26. “I compensi professionali, dovuti ai sensi dell’art. 27 del CCNL del 14 settembre 2000 per il personale del comparto delle regioni e delle autonomie locali, successivo a quello dell’1.4.1999, spettano, in conformità alla disposizione contenuta nell’art. 2115 c.c., nei casi non regolati ratione temporis dalla L. 23 dicembre 2005, n. 266, art. 1, comma 208 al netto degli oneri contributivi previdenziali ed assistenziali, della spesa dell’assicurazione Inail e della imposta IRAP gravante sulla Pubblica Amministrazione datrice di lavoro”;
27. il ricorso va, in conclusione accolto, e la sentenza impugnata, che non si è attenuta al principio di diritto innanzi enunciato, va cassata;
28. la causa va rimessa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che deciderà nel merito, con applicazione del principio di diritto enunciato nel punto n. 26 di questa ordinanza, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.
PQM
LA CORTE Accoglie il ricorso;
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021