LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –
Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –
Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –
Dott. SPENA Francesca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 26443-2015 proposto da:
S.L., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II N. 18, presso lo studio dell’avvocato MAURO MONTINI, rappresentata e difesa dagli avvocati SANDRO MAIANARDI, PIERTACITO RUGGERINI;
– ricorrente principale –
contro
PROVINCIA DI MANTOVA, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA N. 6, presso lo studio dell’avvocato MARCELLO MARRA MARCOZZI, rappresentata difesa dall’avvocato CRISTINA URSOLEO, MARIA STEFANIA MASINI;
– controricorrente – ricorrente incidentale –
nonche contro S.L.;
– ricorrente principale – controricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 145/2015 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 12/05/2015 R.G.N. 494/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/04/2021 dal Consigliere Dott. AMELIA TORRICE.
RILEVATO
il Tribunale di Mantova, in parziale accoglimento del ricorso proposto da S.L., dipendente della Provincia di Mantova con mansioni di Avvocato addetto all’Ufficio Legale, aveva condannato l’Amministrazione datrice di lavoro al pagamento di Euro 2.912,12 a titolo di illegittima trattenuta delle somme dovute a titolo di IRAP e di 17.316,66 a titolo di compensi professionali e aveva rigettato la domanda volta alla restituzione della trattenuta effettuata a titolo di oneri riflessi;
adita dalla Provincia di Mantova, la Corte di Appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha rigettato la domanda della S. volta alla condanna dell’Amministrazione della somma di Euro 17.316,66 a titolo di compensi professionali;
la Corte territoriale hà ritenuto che:
l’IRAP non rientra tra gli “oneri riflessi”, che la L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 208 pone a carico del lavoratore, secondo la sua lettura testuale e sistematica, essendo un’imposta che colpisce non i redditi personali ma il valore aggiunto prodotto dalle attività autonomamente organizzate e, per questo, non può che fare carico al datore di lavoro, titolare dell’organizzazione che eroga il compenso per lavoro dipendente; la Corte costituzionale nella sentenza n. 33 del 2009 ha escluso, sia pure implicitamente, che tale disposizione ricomprende tra gli “oneri riflessi” l’IRAP;
anche il Regolamento interno della Provincia ha escluso che l’IRAP dovesse gravare sui compensi professionali spettanti agli Avvocati interni;
la Corte dei Conti nella deliberazione a sezioni Riunite in sede di controllo n. 33 del 2010 ha affermato che, pur essendo l’Amministrazione tenuta ad erogare i compensi professionali senza trattenere la quota necessaria a pagare all’IRAP, e’, nondimeno, obbligata al rispetto della regola della copertura finanziaria imposta dall’art. 81 Cost., comma 4, e a quantificare le risorse destinabili ad avvocati e professionisti, accantonando le somme necessarie per fronteggiare l’onere IRAP, al pari di quanto è tenuta a fare per il pagamento delle altre retribuzioni al personale pubblico; la Provincia non si era attenuta a questi principi perché, invece di determinare e accantonare a monte, e in misura adeguata, i fondi, destinati ad essere ripartiti tra gli Avvocati interni, aveva trattenuto, al momento della corresponsione del compenso, la quota IRAP che aveva l’onere di pagare;
erano legittime le norme del Regolamento interno dell’Amministrazione, che avevano subordinato la corresponsione delle somme, liquidate in sede giudiziale, a titolo di diritti ed onorari, alla condizione dell’effettivo recupero e che avevano disposto che, nelle ipotesi di sentenza favorevole con compensazione delle spese ovvero senza statuizione, all’avvocato sarebbero stati liquidati i compensi indicati in specifica notula, in relazione all’attività effettivamente svolta, con applicazione dei minimi tariffari ridotti di una quota complessiva del 30%;
l’art. 27 del CCNL di comparto aveva, infatti, rimesso alla potestà regolamentare la disciplina della corresponsione dei compensi e si era limitato a richiamare i principi di cui al RD. n. 1578 del 19933;
la S. non aveva mai allegato che i compensi percepiti erano inadeguati all’attività svolta, ma aveva solo rivendicato la piena applicazione delle tariffe professionali in forza dell’art. 27 del CCNL;
avverso questa sentenza S.L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, al quale la Provincia di Mantova ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, resistito dalla S. con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO
sintesi del motivo del ricorso principale.
la ricorrente principale denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, commi 2 e 3 e art. 45, dell’art. 27 del CCNL comparto enti locali del 14 settembre 2000 e del R.D.L. n. 1578 del 1933, asserendo che: ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, commi 2 e art. 3 soltanto la contrattazione collettiva, e non anche il Regolamento dell’Amministrazione, può disciplinare la materia dei suddetti compensi; quest’ultimo è illegittimo perché, in violazione dell’art. 27 del CCNL, subordina il pagamento dei suddetti compensi alla condizione che le spese del giudizio liquidate in favore dell’Amministrazione siano state effettivamente recuperate e che, in caso di compensazione delle spese, i compensi spettano nella misura indicata nella notula redatta dall’Avvocato, in relazione all’attività effettivamente svolta, secondo le tariffe professionali vigenti e con applicazione dei minimi tariffari ridotti di una quota complessiva del 30%; le condizioni poste dal Regolamento, che subordinano la corresponsione dei compensi professionali ad eventi indipendenti dall’operato dell’avvocato (insolvenza della parte soccombente, compensazione delle spese), vanificano l’effetto incentivante della norma pattizia, obbligano l’Avvocato a destinare le proprie energie al recupero delle spese, distogliendolo dalla cura di altri contenziosi, non tengono conto del particolare assetto ordinamentale della figura dell’Avvocato interno al quale è preclusa, per legge, di svolgere attività nel libero Foro; il Regolamento contrasta con il R.D.L. n. 1578 del 1933, che all’art. 2 prevede che gli onorari e i diritti sono sempre dovuti all’Avvocato dal cliente, indipendentemente dalle statuizioni del giudice sulle spese giudiziali; il D.M. n. 127 del 2004 afferma la inderogabilità degli onorari minimi e dei diritti stabiliti per le prestazioni dell’Avvocato.
sintesi del motivo del ricorso incidentale.
la ricorrente incidentale, denuncia assoluta carenza e incongruità della motivazione in relazione alla pretesa illegittimità della trattenuta IRAP, sostenendo che dalla documentazione allegata emerge che essa – Amministrazione, in conformità all’orientamento espresso dalla Corte dei conti a sezioni Riunite in sede di controllo n. 33 del 2010, ha accantonato l’IRAP e ha versato i compensi professionali agli avvocati, detratti gli oneri riflessi;
esame dei motivi.
il ricorso principale è infondato;
l’art. 27 del CCNL del Comparto delle Regioni e delle autonomie locali del 14.9.2000 (“successivo a quello dell’1.4.1999”) dispone che “Gli enti provvisti di Avvocatura costituita secondo i rispettivi ordinamenti disciplinano la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’ente, secondo i principi di cui al R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 e disciplinano, altresì, in sede di contrattazione decentrata integrativa la correlazione tra tali compensi professionali e la retribuzione di risultato di cui all’art. 10 del CCNL del 31.3.1999. Sono fatti salvi gli effetti degli atti con i quali gli stessi enti abbiano applicato la disciplina vigente per l’Avvocatura dello Stato anche prima della stipulazione del presente CCNL”;
il chiaro ed univoco tenore letterale attesta che la clausola collettiva lascia ampio spazio al potere degli Enti, provvisti di Avvocatura, di disciplinare la corresponsione dei compensi professionali, dovuti a seguito di sentenza favorevole all’Ente, fermo il rispetto dei principi contenuti nel R.D.L. n. 1578 del 1933, e, al contempo, affida alla contrattazione collettiva decentrata la sola materia del coordinamento tra le due voci retributive accessorie (i compensi professionali e la retribuzione di risultato);
il Regolamento adottato dalla Provincia di Mantova si è mosso nell’ambito delle prerogative riconosciute dalla contrattazione collettiva, laddove ha disciplinato la materia dei compensi professionali in relazione alle controversie definite con compensazione delle spese del giudizio, e nella parte in cui, ha condizionato l’erogazione dei suddetti compensi alla effettiva corresponsione delle spese da parte del soggetto onerato del pagamento delle spese del giudizio, posto ché in ordine a tali evenienze nulla ha disposto la clausola collettiva;
le disposizioni regolamentari non risultano nemmeno in contrasto con il R.D.L. n. 1578 del 1933, il cui richiamo da parte dell’art. 27 del citato CCNL è e’splicitamente riferito ai “principi” di cui al medesimo R.D.L. e non anche alla puntuale disciplina delle competenze ivi contenuta, e, d’altra parte l’odierna ricorrente principale si è limitata a rivendicare la piena applicazione delle tariffe professionali in forza del citato art. 27;
il ricorso incidentale, nel quale non risultato specificato il mezzo impugnatorio che veicola le censure, è infondato se riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché non non si confronta con la sentenza impugnata; questa ha affermato, in coerenza con il principio affermati dal giudice contabile nella sentenza n. 33 del 2010, che il rispetto dell’obbligo di copertura finanziaria impone alla P.A. datrice di lavoro di accantonare a monte la provvista necessaria per pagare i compensi professionali, individuando, nell’ambito dei fondi destinati ad essere ripartiti tra il personale dell’avvocatura la quota da destinare a coprire gli oneri che gravano sull’ente a titolo di IRAP, e non di traslare l’imposta sull’Avvocato al momento di erogazione dei compensi;
il motivo è inammissibile se riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto le contestazioni alla motivazione della sentenza impugnata sono estranee al perimetro del mezzo impugnatorio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel testo applicabile ratione temporis (avuto riguardo alla data di pubblicazione della sentenza impugnata), nella lettura datane dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 8053/2014 e perché sollecita una nuova lettura del materiale istruttorio, inammissibile in sede di legittimità (Cass. Sez. Un. 24148/ 2013, n. 8054/2014; Cass. n. 1541/2016, n. 15208 /2014, n. 24148/2013, n. 21485/2011, n. 9043/2011, n. 20731/2007, n. 181214/2006, n. 3436/2005, n. 8718/2005);
in conclusione, il ricorso principale e quello incidentale devono essere rigettati;
la reciproca soccombenza giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità;
ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve darsi atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale.
PQM
Rigetta il ricorso principale.
Rigetta il ricorso incidentale.
Dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale.
Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 14 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021