LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 7140/2019 proposto da:
M.C.W., elettivamente domiciliato in Torino, via Guicciardini n. 3, presso lo studio dell’avv. Lorenzo TRUCCO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1333/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/07/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera 23/10/2020 da Dott. GENTILI ANDREA.
RILEVATO
Che la Corte di appello di Torino con sentenza n. 1333 del 2018, pubblicata in data 13 luglio 2018, ha respinto il gravame proposto da M.C.W., cittadino *****, avverso la ordinanza del Tribunale di Torino del 27 giugno 2017, depositata il successivo 10 luglio 2017, con la quale era stata confermato il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria ed in quella umanitaria;
che il ricorrente ha riferito di essere di religione cristiana e di essere fuggito dal suo paese natale in quanto ivi potrebbe essere costretto a diventare sacerdote di rito woodoo ed in quanto, essendo stato coinvolto in un conflitto che ha portato alla morte – oltre ad un suo amico, militante come lui del partito ***** – anche un militante dell’avverso partito *****, rischierebbe di essere ucciso dal padre di tale persona, il quale lo avevav riconosciuto durante lo scontro;
che a sostegno della propria decisione di rigetto della impugnazione del provvedimento reso dalla competente Commissione territoriale, il Tribunale, e poi la Corte di appello che ha confermato la decisione del giudice di primo grado, hanno osservato che il racconto del richiedente non era attendibile, posto che non si giustificava razionalmente il fatto che questi, seppure minorenne, corresse rischi vitali per essere sfuggito alla forzata investitura quale sacerdote woodoo; parimenti poco credibile è che lo stesso, soggetto definito dalla personalità estremamente semplice, durante il periodo in cui si era trasferito a Lagos avesse fatto propaganda per un partico politico, di cui ha detto di essere simpatizzante, in maniera così esposta tanto da temere, in caso di ritorno, per la sua incolumità;
che, pertanto, la Corte territoriale non ha riconosciuto al richiedente lo status di rifugiato né la protezione sussidiaria avendo la medesima rilevato che la zona di sua provenienza non è annoverata fra le regioni in cui si vivono situazioni di quotidiano pericolo;
che, quanto alla protezione umanitaria, non sono emersi elementi che facciano ritenere che il prevenuto abbia altro che una occupazione lavorativa temporanea sul territorio nazionale, i cui termini temprali erano, peraltro, già scaduti, né vi era l’allegazione di altre situazioni di vulnerabilità che la avrebbero potuta giustificare;
che contro la sentenza della Corte di appello è stato ora proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi;
che, con controricorso del 25 marzo 2019, resiste il Ministero dell’interno, chiedendo la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO
Che il ricorrente ha censurato con il primo motivo di impugnazione la decisione della Corte di appello sulla base della affermazione che sarebbe stata necessaria la audizione del richiedente, onde verificarne la credibilità e che, comunque, avrebbe errato la Corte di Torino nel ritenere la situazione interna della *****, quale risultante dal report dell’EASO del giugno 2017, non fosse tale da giustificare la protezione internazionale del richiedente;
che, con il secondo motivo di impugnazione, il richiedente ha lamentato, in via subordinata, il fatto che, con motivazione scarna, la Corte territoriale abbia escluso la ricorrenza delle condizioni per la concessione in suo favore della protezione umanitaria;
che il ricorso è inammissibile;
che, relativamente alla mancata audizione del ricorrente di fronte alla Corte di appello, si rileva che siffatto incombente non è necessariamente previsto, né può ritenersi che esso sia indispensabile ai fini della valutazione della attendibilità del richiedente, potendo tale verifica essere fatta anche sulla base degli elementi istruttori assunta, dalla viva voce del richiedente, nelle precedenti fasi della procedura;
che, riguardo alla esistenza delle condizioni per la concessione della protezione sussidiaria o, in subordine di quella umanitaria, il richiedente si è limitato ad allegare la esistenza di una fonte che testimonierebbe la ricorrenza di situazioni di grave pericolo per i principali diritti umani esistenti in *****, senza però adeguatamente precisare il contenuto di tali situazioni;
che, infine, con particolare riferimento alla protezione umanitaria, il ricorrente non ha evidenziato alcuna condizione di particolare vulnerabilità a suo carico né ha affatto contestato la mancanza di una qualche sua forma di integrazione sul territorio nazionale che ne avrebbe potuto determinare l’attivazione;
che la estraneità delle ragioni di controricorso esposte dalla Amministrazione statale rispetto a quelle dedotte in giudizio giustifica la integrale compensazione fra le parti delle spese di causa.
PQM
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021