LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 8854/2019 proposto da:
M.F., elettivamente domiciliato in Torino, via Collegno n. 44 presso lo studio dell’avv.ssa Simiona ALESSIO, che lo rappresenta e difende giusta procura in calce;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno;
– intimato –
avverso la sentenza n. 1520/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 08/08/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2020 da Dott. GENTILI ANDREA.
RILEVATO
Che la Corte di appello di Torino con sentenza n. 1520 del 2018, pubblicata in data 8 agosto 2018, ha respinto il gravame proposto da M.F., cittadino del *****, avverso la ordinanza del Tribunale di Torino del 20 marzo 2017 con la quale era stata confermato il provvedimento della competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Torino che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento dello status di rifugiato politico nonché le altre forme di protezione internazionale;
che il ricorrente ha riferito di essersi allontanato dal proprio paese in quanto, successivamente alla morte del padre, unica persona in famiglia che lavorava, è andato incontro a gravi difficoltà economiche che si sono aggravate con il tempo a causa di ulteriori disgrazie familiari; con riferimento alle ragioni che gli impediscono di rientrare nel suo paese di origina il richiedente ha affermato che solamente lavorando, cosa che non gli sarebbe possibile in patria, egli è in condizione di ristorare la situazione debitoria in cui si trova la sua famiglia ed evitare, in tal modo, l’espropriazione ad opera dei creditori della casa ove questa abita;
che a sostegno della propria decisione di rigetto della impugnazione del provvedimento reso dalla competente Commissione territoriale, il Tribunale, e poi la Corte di appello che ha confermato la decisione del giudice di primo grado, hanno osservato che non sussistevano le condizione per il riconoscimento della protezione internazionale in quanto le ragioni che avevano indotto il richiedente ad abbandonare il proprio paese e cercare riparo in Europa, in particolare in Italia, erano esclusivamente economiche;
che, ha aggiunto la Corte di merito, sempre con riferimento alla riconoscibilità della protezione sussidiaria, la situazione dell’ordine pubblico esistente in *****, seppure precaria, non è certamente tale da far ritenere che ci si trovi di fronte ad un conflitto armato interno;
che, quanto alla protezione umanitaria, la Corte di appello ha rilevato che non sono emersi elementi che facciano ritenere che il prevenuto si trovi in una di quelle situazioni di particolare vulnerabilità personale che la avrebbero potuta giustificare, né, per vero esso sono state neppure paventate dal richiedente in quanto è la stessa difesa di questo che ammette la natura strettamente economica della sua emigrazione;
che, infine, anche la condizione lavorativa del M., il quale ha depositato un contratto di lavoro a tempo determinato per la durata di poco meno di due mesi, è tale da giustificare questa forma residuale di protezione internazionale;
che, da ultimo, la Corte di appello, considerata la manifesta infondatezza del gravame interposto dalla difesa del M. ha ritenuto riconoscere la ricorrenza delle condizioni pe la revoca della ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato, cioè la malafede ovvero la colpa grave nella proposizione dell’azione, provvedendo, pertanto, nel senso sopra indicato;
che contro la sentenza della Corte di appello è stato ora proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi;
che, con atto del 14 novembre 2019 il Ministero dell’interno, si è costituito in giudizio senza svolgere alcuna difesa ma al solo fine di ricevere l’avviso della fissazione dell’udienza.
CONSIDERATO
Che il ricorrente ha censurato con il primo motivo di impugnazione la decisione della Corte di appello affermando che questa fosse stata emessa in violazione dei criteri legali previsti ai fini del riconoscimento della protezione di carattere umanitario;
che il motivo non ha pregio in quanto la Corte di appello ha evidenziato, onde respingere il ricorso del richiedente avverso il provvedimento con il quale la forma di tutela internazionale richiesta gli era stata negata, che il M. non aveva evidenziato alcuna forma di sua integrazione sociale all’interno del territorio dello Stato, tale non potendosi evidentemente ritenere la sussistenza di un contratto di lavoro a tempo determinato che, seppure ritenuto effettivo, e’, per la sua brevissima durata, peraltro già da tempo trascorsa al momento della impugnata decisione, non idoneo a determinare alcuna sostanziale forma di radicamento sul territorio nazionale;
che, per tale motivo, non vi era ragione da parte della Corte territoriale di procedere ad un approfondito esame della situazione generale di violazione dei diritti umani esistente nel *****, esame cui, d’altra parte, essa ha, comunque proceduto, in termini adeguati, rilevando la inesistenza, ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, di uno stato di generalizzato conflitto interno armato;
che, con il secondo motivo di impugnazione, il richiedente ha lamentato, ravvisando la contrarietà alla legge del relativo provvedimento, il fatto che la Corte di appello, ritenendo ricorrere le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 avesse revocato la ammissione del richiedente al patrocinio a spese dello Stato;
che il motivo di impugnazione è inammissibile;
che, come questa Corte ha in più occasioni osservato, Il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, comunque pronunciato (sia con separato decreto che all’interno del provvedimento di merito) deve essere sempre considerato autonomo e di conseguenza soggetto ad un separato regime di impugnazione ovvero l’opposizione D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 170 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15; contro tale provvedimento è ammesso il ricorso ex art. 111 Cost. mentre è escluso che della revoca irritualmente disposta dal giudice del merito possa essere investita la Corte di cassazione in sede di ricorso avverso la decisione principale (Corte di cassazione, Sezione I civile, 28 luglio 2020, n. 16117; idem Sezione I civile, 3 giugno 2020, n. 104877; S.U. 4315/2020);
che, pertanto, il ricorso è infondato quanto al primo motivo ed inammissibile quanto al secondo;
che la mancanza di attività difensiva della Amministrazione intimata esonera questa Corte dal provvedere sulle spese.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il secondo motivo di ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021