LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ACIERNO Maria – Presidente –
Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –
Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9602/2019 proposto da:
O.J.G., elettivamente domiciliato in Torino, via Guicciardini n. 3, presso lo studio dell’avv. Lorenzo TRUCCO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’interno, elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale Dello Stato, che lo rappresenta e difende per legge;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1588/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 12/09/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2020 da Dott. GENTILI ANDREA.
RILEVATO
Che la Corte di appello di Torino con sentenza n. 1588 del 2018, pubblicata in data 12 settembre 2018, ha dichiarato inammissibile il gravame proposto da O.J.G., cittadino *****, avverso la ordinanza del Tribunale di Torino del 20 aprile 2017 con la quale era stato confermato il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento dello status di rifugiato politico nonché le altre forme di protezione internazionale umanitaria;
che il ricorrente ha riferito di essere fuggito dal suo paese in quanto, in possesso di un telefono cellulare, già appartenuto al padre, con il quale erano state filmate le fasi di un’aggressione subita dall'”anziano del villaggio” ove egli abitava, che era stato ucciso, e dallo stesso padre del richiedente, rimasto gravemente ferito, era stato oggetto di intimidazioni da persone che cercavano tale telefono;
che egli è pertanto scappato dalla ***** e, dopo non poche peripezie, fra le quali un periodo di detenzione in Libia, è giunto in Italia;
che non può rientrare in ***** in quanto le persone che cercavano da lui il filmato, che egli ha, peraltro smarrito in Libia, certamente lo rintracceranno e lo uccideranno;
che a sostegno della propria decisione di rigetto della impugnazione del provvedimento reso dalla competente Commissione territoriale, il Tribunale, e poi la Corte di appello che ha confermato la decisione del giudice di primo grado, hanno osservato, che il racconto del richiedente non è credibile, essendo apparso che lo stesso sia stato dal dichiarante ripreso da un articolo di giornale apparso su un periodico, che non risulta attendibile la dichiarazione del richiedente, che ha affermato di essere titolare di un diploma di livello universitario, ma di avere svolto in ***** l’attività di elettrotecnico;
che i giudici del merito hanno, infine, osservato che la ***** non è territorio interessato da conflitti armati, interni, sicché non vi sono gli elementi per la concessione della protezione sussidiaria mentre, per ciò che attiene alla protezione umanitaria, il richiedente non aveva formulato alcuna censura avverso il provvedimento giurisdizionale con il quale questa non gli era stata riconosciuta;
che contro la sentenza della Corte di appello è stato ora proposto ricorso per cassazione, sulla base di due motivi;
che il Ministero dell’interno, rappresentato e difeso per legge dalla Avvocatura generale dello Stato, resiste con controricorso del 10 maggio 2019, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO
Che il ricorrente ha censurato con il primo motivo di impugnazione la decisione della Corte di appello in quanto questa non avrebbe proceduto alla audizione del ricorrente;
che tale doglianza è inammissibile posto quanto meno che in sede di ricorso per cassazione il ricorrente non ha fornito elementi idonei a far desumere il fatto che egli gli avrebbe formulato istanza di audizione di fronte alla Corte di merito;
che, con riferimento in particolare alla esclusione della protezione sussidiaria il ricorrente non si è adeguatamente confrontato con la motivazione della sentenza impugnata che, avendo escluso in radice la attendibilità del racconto del richiedente, ha negato a questo l’accesso alla protezione in quanto non ha ritenuto in fatto credibili gli argomento da questo spesi per poterne godere;
che il ricorrente non ha, in sostanza, attaccata tale ratio decidendi, formulando delle generiche doglianze al riguardo;
che in relazione alla esistenza delle condizioni generali per l’accesso alla protezione sussidiaria, la Corte ha motivatamente escluso, indicando le fonti conoscitive in base alle quali ha ritenuto di dovere decidere, che in ***** fosse presente quella situazione di generalizzato pericolo in funzione del quale la protezione poteva essere concessa;
che, in reazione alla protezione umanitaria, il ricorrente si e’, in sostanza, limitato a dolersi del fatto che i giudici del merito non abbiano considerato come in ***** non sia assicurato quel livello di protezione delle libertà democratiche che, invece, la nostra Costituzione repubblicana garantisce;
che così il ricorrente non ha contestato la motivazione della ordinanza impugnata, non avendo censurato le ragioni per cui in sede giurisdizionale gli era stata negata la protezione umanitaria, ma avendo segnalato altre, diverse, ragioni per la quale essa gli poteva essere riconosciuta;
che il ricorso e’, pertanto, inammissibile;
che la estraneità delle ragioni della presente decisione rispetto agli argomenti svolti in sede di controricorso dalla costituita Amministrazione giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese di causa.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa le spese.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021