Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27337 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. GENTILI Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17902/2019 proposto da:

S.M., elettivamente domiciliato in Torino, via Guicciardini n. 3, presso lo studio dell’avv. Lorenzo TRUCCO, che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2022/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 26/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/10/2020 da Dott. GENTILI ANDREA.

RILEVATO

Che la Corte di appello di Torino con sentenza n. 2022 del 2018, pubblicata in data 26 novembre 2018, ha respinto il gravame proposto da S.M., cittadino *****, avverso la ordinanza del Tribunale di Torino del 16 ottobre 2017 con la quale era stato confermato il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento dello status di rifugiato politico nonché le altre forme di protezione internazionale sia nella forma sussidiaria che in quella umanitaria;

che il ricorrente ha riferito di essere orfano di padre e di avere vissuto con la madre, sofferente per disturbi psichici, di essersi trasferito, una volta terminati gli studi, presso uno zio, ove svolgeva l’attività di coltivazione dei campi; mentre si trovava lì ebbe un litigio con un cugino nel corso del quale questo, da lui colpito con un’arma da taglio, era deceduto;

che successivamente a tale episodio egli è fuggito dal suo Paese e, avventurosamente raggiunta l’Italia, non intende là rientrare in quanto teme di potere essere arrestato;

che a sostegno della propria decisione di rigetto della impugnazione del provvedimento reso dalla competente Commissione territoriale, il Tribunale, e poi la Corte di appello che ha confermato la decisione del giudice di primo grado, al di là della poca attendibilità del racconto del richiedente, hanno osservato, che la attuale situazione esistente nel ***** non è tale da far ritenere l’esistenza di un fondato pericolo per questo in caso di suo ritorno in patria;

che contro la sentenza della Corte di appello è stato ora proposto ricorso per cassazione, sulla base di un solo motivo;

che il Ministero dell’interno non si è costituito in giudizio.

CONSIDERATO

Che il ricorrente ha censurato con un solo motivo di impugnazione la decisione della Corte di appello in quanto questa gli avrebbe negato l’accesso alla protezione umanitaria con una scarna motivazione, in relazione alla ritenuta mancanza della condizione di vulnerabilità soggettiva;

che, viceversa, il ricorrente avrebbe evidenziato che la situazione esistente in *****, sebbene non sia considerabile ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, è rappresentativa di un quadro in cui le libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana appaiono ivi lontanissime da una qualche realizzazione;

che, peraltro, la posizione del richiedente, allontanatosi dalla madrepatria in giovanissima età dopo avere ivi corso gravi rischi per la sua incolumità personale, ed avere subito maltrattamenti e prigionia in Libia, durante I suo viaggio verso l’Europa, incontrerebbe un grave pregiudizio ove egli, abbandonando il territorio nazionale, sarebbe costretto a vanificare il percorso di integrazione sociale da lui frattanto iniziato come documentato dalle esperienze lavorative qui svolte in ambito agricolo;

che il ricorso è inammissibile;

che si tratta il motivo di impugnazione dedotto è del tutto generico, essendosi il richiedente limitato ad evidenziare una situazione di pericolo nella quale egli si sarebbe trovato nel suo Stato di origine, senza in alcun modo dimostrarne la effettiva e perdurante attualità;

che ha fatto riferimento alle condizioni in cui egli è stato trattato in Libia durante la fase di migrazione verso l’Europa, ponendo in luce in fattore irrilevante, posto che indubbiamente non è in Libia che il richiedente dovrebbe fare ritorno;

che ha, infine, richiamato un percorso lavorativo di integrazione sociale sul nostro territorio nazionale che sarebbe interrotto in caso di suo rimpatrio, senza però avere segnalato e documentato il fatto, fondamentale in questa fase di legittimità, che della esistenza degli indici di esso egli aveva tempestivamente reso partecipi i giudici del merito;

che la mancanza di attività difensiva della Amministrazione intimata esonera questa Corte dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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