Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.27338 del 07/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5197/2019 proposto da:

A.J.E., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche (MC), Corso Umberto I, n. 162, presso lo studio dell’Avv. Giorgio De Seriis, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BARI, depositata il 22/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2021 da Dot. ACIERNO MARIA.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Bari, con decreto del 22/12/2018, ha rigettato il ricorso proposto dalla cittadina nigeriana A.J.E., avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale ed umanitaria emesso dalla competente Commissione Territoriale.

2. La cittadina ha chiesto in via principale il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria ed, in via gradata, il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

3. Rilevata, in via preliminare, la mancata comparizione della richiedente e dell’Amministrazione resistente all’udienza del 23/11/2018, il Tribunale ha ritenuto che la vicenda di violenza sessuale subita dallo zio, posta a fondamento della domanda, anche in ragione della mancata produzione del verbale di audizione, non risultasse sufficientemente connotata di elementi fattuali in grado di evidenziarne la verosimiglianza e, soprattutto, l’interferenza con una situazione di sfruttamento da parte di organizzazioni criminali presenti in *****.

3.1. Alla luce di tali considerazioni è stato negato il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b).

3.2. Con riferimento all’ipotesi di danno grave di cui all’art. 14, lett. c) D.Lgs. cit., il Tribunale ha affermato che le sicure fonti internazionali consultate escludono che nella zona di provenienza della richiedente (*****), pur rilevandosi talune criticità sotto il profilo di sicurezza, si registri una situazione di violenza indiscriminata tale da porre in pericolo la popolazione civile.

3.3. Da ultimo, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei seri motivi di carattere umanitario di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6, attesa la mancanza di riscontri individualizzanti circa aspetti di particolare vulnerabilità della richiedente o violazione di diritti umani che impediscono il rimpatrio nel Paese di origine.

4. Avverso il presente decreto ha proposto ricorso per cassazione la cittadina straniera. L’Amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Con il primo ed unico motivo di ricorso si deduce la violazione, falsa applicazione ed errata interpretazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 laddove il Tribunale ha posto a carico della ricorrente l’obbligo di documentare le circostanze allegate in giudizio. Lamenta la ricorrente che nulla è stato argomentato in merito alla precisa descrizione delle condizioni di pericolo che impediscono il rimpatrio nel Pese di origine e delle persecuzioni politiche dalla stessa subite.

6. Il motivo è inammissibile posto che la ricorrente, in modo del tutto generico, si è limitata a censurare il provvedimento impugnato sotto il mero profilo della ripartizione dell’onere probatorio. Trattasi di un profilo che esula dalla ratio fondante la decisione finale ed, in quanto tale, è inidoneo a fondare una pronuncia di illegittimità di quest’ultima. Invero, il Tribunale ha negato le protezioni maggiori in ragione della inverosimiglianza della vicenda di violenza sessuale narrata e dalla mancanza di interferenze con una situazione di sfruttamento da parte di organizzazioni criminali, dalla quale poter evincere un rischio concreto di pericolo in caso di rimpatrio. Quanto alla ratio sottesa all’esclusione dell’ipotesi di protezione sussidiaria D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. c), il Tribunale ha tratto la propria decisione dalle fonti officiosamente consultate e non dal mancato assolvimento dell’onus probandi da parte del ricorrente.

In conclusione, la presente censura non fornisce alcun elemento atto a scalfire l’iter logico-giuridico seguito dal giudice di merito, sicché il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non vi è statuizione sulle spese processuali poiché la controparte è rimasta intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021

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