LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –
Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10348/2020 proposto da:
K.L., elettivamente domiciliato in Messina, Via Placida 13, presso lo studio dell’Avv. Carmelo Picciotto, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
Ministero Dell’interno;
– intimato –
avverso il decreto del TRIBUNALE di MESSINA, depositata il 21/02/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/05/2021 da Dott. ACIERNO MARIA.
FATTI DI CAUSA
1. Il Tribunale di Messina, con provvedimento del 21/02/2020, in parzialmente accoglimento del ricorso proposto da K.L., cittadina del *****, avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale ed umanitaria emesso dalla competente Commissione Territoriale, ha riconosciuto il diritto della richiedente al rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari in considerazione della sua posizione di genitore singolo con figlio minore a carico.
2. A sostegno della domanda, la richiedente ha affermato di essere stata affidata, dopo la morte dei genitori, allo zio; di aver subito abusi da parte di quest’ultimo che la avrebbe costretta a contrarre matrimonio forzato; di aver intrattenuto una relazione segreta con un uomo dal quale ha avuto una bambina e di essere fuggiti insieme per poi essere separati al confine tra l’Algeria e la Libia, dove l’uomo è stato rimpatriato in ***** per poi morire durante uno scontro tra anglofoni e francofoni.
3. In via preliminare, stante la mancanza della videoregistrazione del colloquio tenutosi dinanzi la Commissione Territoriale, il Tribunale ha fissato l’udienza di comparizione delle parti senza tuttavia accogliere l’istanza di nuova audizione proposta dalla richiedente, in quanto contenente una generica doglianza di inadeguatezza del colloquio espletato in sede amministrativa, senza l’allegazione di fatti nuovi o diversi rilevanti ai fini della decisione. Ai fini del rigetto della presente istanza, è stata altresì tenuta in considerazione la circostanza che a fine colloquio la richiedente ha dichiarato di non avere nulla da aggiungere.
4. Nel merito, le protezioni maggiori sono state negate in forza della mancanza di credibilità della vicenda narrata e, con particolare riferimento alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), alla rilevata inesistenza di una situazione di violenza generalizzata e diffusa nella zona di provenienza della ricorrente come attestato dalle fonti internazionali consultate.
4.1. Precisamente, con riguardo al giudizio di inattendibilità, il Tribunale ha affermato che il tentativo di coazione al matrimonio risulta descritto in modo vago, generico, senza alcun accenno alle modalità coercitive in concreto impiegate dagli zii. Inoltre, poco plausibile risulta il fatto che una ragazza sottoposta a suo dire a forme costanti di controllo sia riuscita a frequentare in segreto un uomo per 5 anni. Anche le contraddizioni sull’orientamento religioso dello zio rappresentano ulteriori elementi di dissonanza che inficiano la credibilità del racconto.
5. Avverso la presente decisione ha proposto ricorso per cassazione la cittadina straniera. L’Amministrazione intimata si è costituita oltre i termini previsti dall’art. 370 c.p.c. al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
6. Con il primo motivo di ricorso si censura la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis e art. 13, comma 1 bis, in relazione agli artt. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 6 CEDU e artt. 24 e 111 Cost., per avere il giudice rigettato l’istanza motivata di nuova audizione della ricorrente in assenza di videoregistrazione, nonché per omessa motivazione sui fatti dedotti dalle parti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
Lamenta la ricorrente che, secondo quanto disposto dall’art. 35 bis D.Lgs. cit., in caso di mancanza della videoregistrazione del colloquio dinanzi la Commissione Territoriale, il giudice è tenuto non solo a fissare l’udienza di comparizione delle parti, bensì, ove ad essere impugnato non sia un rigetto per manifesta infondatezza, anche a procedere a nuova audizione del ricorrente se richiesta dal difensore.
6.1. La censura è infondata dal momento che la richiesta di audizione è risultata formulata in modo del tutto generico, senza l’indicazione di fatti od elementi specifici in ordine ai quali fornire chiarimenti, così da confutare quanto affermato dal Tribunale in relazione alla esaustività del colloquio tenutosi dinanzi la Commissione Territoriale.
6.2. Osserva, inoltre, la Corte che non rilevano le ragioni del rigetto da parte della Commissione territoriale quando l’istanza sia stata formulata, secondo la valutazione incensurabilmente svolta dal Tribunale in forma generica e senza precisare quali profili fattuali siano rimasti fuori del colloquio davanti alla Commissione. (Cass., Sez. 1, n. 21584/2020).
7. Nel secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per nullità della sentenza o del procedimento poiché il Tribunale ha ritenuto di non riconoscere le protezioni maggiori facendo proprio in maniera acritica, con motivazione apparente, il giudizio negativo di credibilità espresso dalla Commissione Territoriale senza tenere conto della spiegazione fornita del ricorso sulla presunta contraddittorietà delle dichiarazioni. Lamenta, inoltre, la ricorrente l’omesso esame del fenomeno dei matrimoni forzati di cui lei stessa è stata vittima posto che il giudice non ha consultato nessuna fonte sull’argomento venendo meno al suo dovere di cooperazione istruttoria.
7.1. Il motivo è privo di fondatezza per le ragioni che seguono.
7.2. Il Tribunale ha adeguatamente motivato il giudizio negativo di credibilità della vicenda narrata alla luce di plurime contraddizioni ed elementi di inverosimiglianza. Al contrario, la parte ricorrente si è limitata a contestare le conclusioni del giudice di merito lamentando che le stesse hanno rappresentato un’acritica adesione a quanto affermato dalla Commissione Territoriale, senza fornire alcun elemento dirimente in grado di scalfire la ratio del provvedimento impugnato.
7.3. Al riguardo, nel ricorso, si rende noto che la ricorrente, dapprima caduta in errore sull’orientamento protestante dello zio, si sia poi corretta in sede finale del colloquio specificando che lo zio è musulmano. Osserva la Corte che si tratta di un profilo marginale che esula dal perimetro del giudizio negativo di credibilità posto a fondamento del diniego delle protezioni maggiori. Quest’ultimo ha avuto ad oggetto la inattendibilità del tentativo di coazione al matrimonio e non dell’orientamento religioso dello zio che risulta del tutto irrilevante ai fini di un diverso esito del giudizio.
7.4. Deve inoltre evidenziarsi che, alla luce della rilevata inattendibilità della vicenda del matrimonio forzoso, il giudice del merito ha correttamente ritenuto di non dover procedere all’acquisizione di fonti informative relative alla diffusione di tale fenomeno nel Paese di origine della ricorrente. Così operando, ha fatto buon governo dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità, secondo i quali il vaglio negativo di credibilità soggettiva osta al dovere del giudice di procedere ad approfondimento istruttorio officioso in relazione all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. a) e b) (Cass., Sez. 1, n. 10286/2020).
8. Nel terzo motivo, inerente al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, si contesta la violazione dell’art. 132 c.p.c., del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 9 e D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14 posto che le fonti citate dal Tribunale, concernenti gli scontri tra Franconi ed Anglofoni presenti in *****, sono prive di riferimenti temporali che impediscono di verificarne l’aggiornamento. Osserva la ricorrente che dal momento che il padre della bambina, una volta rimpatriato in *****, è morto a seguito di uno scontro tra anglofoni e francofoni, il giudice avrebbe dovuto esaminare i rischi che la ricorrente e la figlia potrebbero correre nel fare ritorno in ***** a causa della relazione con un connazionale anglofono.
8.1. La censura è infondata atteso che il Tribunale, contrariamente a quanto lamenta la ricorrente, ha esercitato il potere-dovere di cooperazione istruttoria officiosa con riferimento specifico al rischio relativo al conflitto tra francofoni ed anglofoni posto a fondamento della domanda di protezione sussidiaria. Tuttavia, dalle fonti internazionali consultate, è emerso che tali scontri risultano confinati nelle regioni del Nord-Ovest e del Sud-Ovest, ossia in zone molto distanti da quella di provenienza della ricorrente e, per tale ragione, il Tribunale ha escluso che quest’ultima possa correre alcun rischio in caso di un eventuale rimpatrio.
8.2. Dunque, posto che il giudice del merito ha ottemperato al proprio dovere di cooperazione istruttoria, la ricorrente, al fine di censurarne l’inadeguatezza, avrebbe dovuto formulare una censura specifica idonea a scalfire la ratio del provvedimento impugnato, a nulla rilevando la mera assenza di riferimenti temporali del rapporto Human Rights Watch posto dal Tribunale a fondamento della decisione finale. Precisamente, conformemente a quanto affermato da questa Corte, la ricorrente avrebbe dovuto allegare e produrre fonti informative in grado di dimostrare che il conflitto civile in atto interessa la specifica zona di provenienza, così da superare quanto affermato dal giudice del merito alla luce delle fonti internazionali consultate. In mancanza di tale allegazione si preclude a questa Corte la possibilità di vagliare la fondatezza e decisività della censura (Cass., Sez. 1, n. 22769/2020).
9. In conclusione, la Corte rigetta il ricorso. Nessuna statuizione sulle spese poiché l’Amministrazione si è costituita oltre i termini previsti dalla legge.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 28 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021