LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETIC Elena – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3473-2020 proposto da:
V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE DELLE MILIZIE 114, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VALLEBONA, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
NUOVE RISPOSTE SOCIETA’ COOPERATIVA A R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato ALDO LICCI;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1244/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 18/12/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PICCONE VALERIA.
RILEVATO
che:
con sentenza n. 1244 del 2019, la Corte d’appello di Lecce, ha confermato la decisione del locale Tribunale che aveva accolto il ricorso del 20 gennaio 2016 con cui la Nuove Risposte Società Cooperativa a r.l. aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo notificatole l’11 novembre 2015 mediante il quale le era stato ingiunto il pagamento della somma di Euro 3.548,47 a titolo di retribuzioni e indennità di malattia non corrisposte a V.L. dall’1 aprile 2015 al successivo 31 luglio;
in particolare, la Corte, condividendo l’iter argomentativo del primo giudice, ha ritenuto che le modalità di risoluzione del rapporto di lavoro fra la V. e la società cooperativa passassero attraverso il venir meno della condizione di socia della stessa avuto riguardo alle risultanze istruttorie anche poste a raffronto con quanto riportato dai verbali ispettivi e che, pertanto, l’intimazione di licenziamento dovesse essere riguardata sotto tale profilo;
per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso assistito da memoria V.L., affidandolo a tre motivi;
resiste con controricorso la Società Cooperativa Nuove Risposte a. r.l.;
e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio.
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt. 2094 e 2119 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la Corte affermato che dall’intimazione del licenziamento non discendeva la dimostrazione della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato;
con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 414 c.p.c., n. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte ritenuto l’ammissibilità dei verbali delle dichiarazioni rese in sede ispettiva;
con il terzo motivo si censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2700 c.c., per essersi la Corte fondata sulle dichiarazioni rese agli ispettori in luogo delle dichiarazioni testimoniali;
tutti i motivi, da esaminarsi congiuntamente per ragioni di ordine logico sistematico, sono inammissibili;
il primo ed il terzo motivo di ricorso deducono la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando, tuttavia, nella sostanza, un errato iter argomentativo da parte della Corte territoriale in quanto mirano ad ottenere una rivalutazione del merito inammissibile in sede di legittimità;
si tratta, infatti, di censure che esprimono doglianze intrise di circostanze fattuali mediante un pervasivo rinvio ad attività asseritamente compiute nelle fasi precedenti ed attinenti ad aspetti di mero fatto tentandosi cli portare di nuovo all’attenzione del giudice di legittimità la determinazione della Corte in ordine, segnatamente, all’attività svolta ed alla pretesa irrilevanza del ruolo di socia della ricorrente;
il secondo motivo deve ritenersi inammissibile in primo luogo in quanto promiscuamente formulato, denunciando violazioni di legge o di contratto e il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, senza che nell’ambito della parte argomentativa del mezzo di impugnazione risulti possibile scindere le ragioni poste a sostegno dell’uno o dell’altro vizio, determinando una situazione di inestricabile promiscuità (v., in particolare, sul punto, Cass. n. 18715 del 2016; Cass. n. 17931 del 2013; Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 20355 del 2008; Cass. n. 9470 del 2008) (sul punto, Cass. n. 18715 del 2016);
esso, d’altro canto, denunzia impropriamente un errore revocatorio ma pretende ancora una rivisitazione della vicenda nella sostanza, atteso che la piana lettura del percorso motivazionale del giudice di secondo grado consente di affermare che lo stesso ha fondato la propria decisione sulle dichiarazioni testimoniali assunte – nessuna delle quali atta a corroborare la tesi della sussistenza di un ordinario rapporto di lavoro subordinato – e non, come asserito da parte ricorrente, sul contenuto dei verbali ispettivi;
alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile;
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13, se dovuto;
le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese processuali, in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 1500,00 (euro millecinquecento) per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma degli stessi artt. 1-bis e 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 maggio 2021.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2021
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