LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15724/2016 proposto da:
V.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PARIOLI 47, presso lo studio dell’avvocato PIO CORTI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLA NAPOLI;
– ricorrente –
contro
T.P., C.C., T.S., elettivamente domiciliati in ROMA, V. DEL BANCO DI SANTO SPIRITO 42, presso lo studio dell’avvocato GIUSTINO DI CECCO, rappresentati e difesi dall’avvocato VINCENZO BRIANZA;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1401/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/04/2021 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso, che chiede il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
1. Con atto di citazione del 19.10.1998, V.L., proprietaria del terreno distinto in catasto dal n. ***** acquistato dal Comune di Luino a seguito di sdemanializzazione, citò in giudizio innanzi alla Pretura di Varese, Sezione distaccata di Luino, T.S. ed i coniugi T.P. e C.C. per chiedere la cessazione del passaggio da tale area in assenza di titolo.
1.1. I convenuti si costituirono e, in via riconvenzionale, chiesero accertarsi l’acquisto della servitù di passaggio sul mappale ***** per usucapione o, in subordine per destinazione del padre di famiglia o per titolo; in ulteriore subordine chiesero la costituzione della servitù di passaggio.
1.2. Disposta CTU, che concludeva per l’interclusione dei fondi dei convenuti, i quali avrebbero dovuto transitare sulla proprietà di terzi per accedere alla via pubblica, il Tribunale di Varese accolse la domanda riconvenzionale di usucapione di servitù di passaggio pedonale in favore dei fondi di cui al mappale ***** di proprietà di C. – T. ed accertò che T.S. aveva acquistato anche la servitù di passo carraio sulla particella oggetto di lite; conseguentemente condannò la V. alla rimozione di opere impeditive del passaggio poste sulla corte comune.
1.3. La Corte d’appello confermò la sentenza di primo grado.
1.4. La V. propose ricorso per cassazione.
1.5. Con sentenza del 22.12.2014, questa Corte cassò con rinvio la sentenza della Corte d’appello non essendo configurabile l’animus rem sibi habendi con riferimento all’utilizzo del bene demaniale conformemente alla sua funzione a servizio indifferenziato dei cives e demandò al giudice di rinvio l’esame delle reciproche domande di servitù ritenute assorbite dall’accoglimento dell’accertamento dell’acquisto della servitù per usucapione.
1.6. V.L. riassunse il giudizio innanzi alla Corte d’appello di Milano.
1.7. Si costituirono per resistere all’appello T.S. ed i coniugi T.P. e C.C..
1.8. La Corte d’appello di Milano, in sede di rinvio, con sentenza dell’11.4.2016, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Varese, costituì la servitù coattiva di passo pedonale e carraio sulla striscia di terreno di cui al mappale ***** a favore del mappale *****, destinata a corte comune e da questa a favore del mappale *****, di proprietà di T.S. e dei mappali ***** di proprietà di T.P. e C.C..
1.9. Per quel che rileva nel giudizio di legittimità, la corte di merito osservò che non vi era prova della sussistenza di un titolo che consentisse il passaggio sul mappale *****, in quanto in precedenza esso era demaniale e comunque nessun altro titolo era stato prodotto dai convenuti in riconvenzionale.
1.10. La corte escluse che la servitù potesse essere costituita per destinazione del padre di famiglia in quanto la particella ***** apparteneva in passato al demanio; quanto alla domanda subordinata di costituzione di servitù di passaggio, rilevò che dalla documentazione catastale e fotografica in atti e dalle risultanze della CTU emergeva che il mappale acquistato dalla V. dal Comune di Luino, a seguito di sdemanializzazione, consisteva in una ridotta striscia di terreno che aveva come naturale destinazione quella del passaggio e si frapponeva tra la strada e la corte comune sulla quale si affacciano gli immobili dei convenuti. Accertò, sulla base della relazione peritale, che i T. – C. non avevano altre possibilità di accesso alla strada pubblica dalla corte comune se non passando su fondi di terzi attraverso un tragitto non agevole mentre il mappale ***** era adiacente alla corte comune.
1.11. La corte dichiarò inammissibile la produzione documentale prodotta dalla V. volta ad accertare la sussistenza di altra servitù di passo in favore dei mappali ***** perché dedotta tardivamente nella comparsa conclusionale del giudizio di rinvio, sulla base di elementi e produzioni neppure genericamente richiamati nell’atto di riassunzione. Inoltre, dette allegazioni, contenute negli atti conclusivi del giudizio di rinvio richiamavano produzioni tardivamente introdotte nel giudizio d’appello. Dette allegazioni erano dunque inammissibili perché contenute negli atti conclusivi del giudizio di rinvio ma anche perché richiamavano documenti tardivamente introdotti nel giudizio d’appello. In ogni caso, dette produzioni erano inammissibili ai fini della decisione, sulla base dell’art. 345 c.p.c., applicabile ratione temporis. Secondo la corte di merito, il contenuto del documento non consentiva di accertare l’esistenza di una strada che collegava detti mappali alla via pubblica ed era in contrasto con le conclusioni del CTU, che aveva fatto riferimento ad un passaggio alternativo attraverso fondi di terzi, così escludendo la presenza di una strada. Inoltre, l’atto tardivamente prodotto faceva riferimento ad un percorso sui mappali ***** senza individuare i proprietari e si poneva in contrasto con gli accertamenti svolti dal CTU, il quale aveva dato atto dell’interclusione, non contestata specificamente dalla stessa V..
2. Per la cassazione della pronuncia ha proposto ricorso V.L. sulla base di due motivi.
2.1. Hanno resistito con controricorso C.C., T.P. e T.S..
2.2.In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché la corte di merito non avrebbe ritenuto indispensabile l’atto del 26.11.1970 ed i relativi allegati dai quali risulterebbe che i mappali ***** non sarebbero interclusi ma avrebbero accesso alla via pubblica. La ricorrente rileva che detto documento non venne prodotto tempestivamente perché i convenuti si sarebbero difesi chiedendo l’accertamento dell’usucapione della servitù di passaggio e non la costituzione di servitù coattiva.
1.1. Il motivo è inammissibile.
1.2. Come risulta dalla sentenza impugnata, l’esistenza di altra servitù di passaggio in favore dei mappali ***** venne dedotta solo nella comparsa conclusionale del giudizio di rinvio e gli elementi posti a sostegno della difesa, volta ad impedire la costituzione della servitù coattiva, non vennero richiamati neppure genericamente nell’atto di riassunzione.
1.3. Com’e’ noto, nel giudizio di rinvio è preclusa l’acquisizione di nuove prove ed in particolare la produzione di nuovi documenti, salvo che la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore (cfr. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26108 del 18/10/2018; Sez. L -, Sentenza n. 11411 del 11/05/2018).
1.4. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte, “il giudice è investito del potere-dovere di riesaminare il merito della causa sulla base di quanto acquisito sino al momento della emissione della sentenza cassata, fermo restando, per le parti, il limite posto dall’art. 394 c.p.c., con conseguente impossibilità di richiedere nuove prove (salvo il deferimento del giuramento decisorio), di depositare nuovi documenti (ad eccezione di quelli che era stato impossibile produrre prima per causa di forza maggiore) o di prendere nuove conclusioni” (Cass. 8872/2014, 14101/2012, 9542/2003, 2085/2002). In particolare, è stato ripetutamente precisato che solo “quando la sentenza d’appello sia stata annullata per vizio di violazione o falsa applicazione di legge, che reimposti secondo un diverso angolo visuale i termini giuridici della controversia, così da richiedere l’accertamento dei fatti, intesi in senso storico o normativo, non trattati dalle parti e non esaminati dal giudice di merito perché ritenuti erroneamente privi di rilievo, sono ammissibili anche le nuove prove che servano a supportare tale nuovo accertamento, non operando rispetto ad esse la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c., comma 3” (Cass. 16180/2013; conf. Cass. 9768/2017, 27823/2018, 11178/2019).
1.5. Nel caso di specie, i convenuti in riconvenzionale avevano chiesto l’accertamento dell’acquisto della servitù di passaggio sul mappale ***** per usucapione o, in subordine per destinazione del padre di famiglia o per titolo; in ulteriore subordine chiesero la costituzione della servitù di passaggio.
1.6. Ne deriva che, sin dal primo grado, l’attrice avrebbe dovuto allegare gli elementi di fatto ostativi alla costituzione della servitù coattiva – nella specie l’esistenza di una strada che collegava i mappali dei convenuti in riconvenzionale alla via pubblica – e produrre la documentazione a sostegno della sua difesa.
1.7. Come correttamente osservato dalla corte di merito, solo nella comparsa conclusionale del giudizio di rinvio, la ricorrente – appellante in sede di gravame – ha richiamato l’esistenza di altra servitù di passaggio in favore dei mappali *****, al fine di opporsi alla costituzione della servitù coattiva sul proprio terreno.
1.8. Orbene, non solo le memorie conclusive sono esclusivamente volte ad illustrare le posizioni difensive delle parti e non consentono l’allegazione di nuovi documenti, ma, nel caso di specie, detta documentazione non venne nemmeno richiamata nell’atto di riassunzione nonostante, sin dal primo grado, i convenuti in riconvenzionale avessero chiesto la costituzione della servitù coattiva.
1.9. E’ pertanto corretta la motivazione della corte di merito che ha rilevato una duplice ratio di inammissibilità della produzione:
in relazione al momento processuale, ovvero in sede comparsa conclusionale del giudizio di rinvio ove ha prodotto un documento attestante l’esistenza di una strada che collegava i terreni alla pubblica via, al fine di opporsi alla costituzione della servitù coattiva;
in relazione alla non indispensabilità del documento alla luce delle risultanze della CTU.
1.10. Anche sotto tale profilo, la corte di merito ha valutato l’indispensabilità del documento tardivamente prodotto alla luce della consulenza svolta in primo grado dalla quale era emerso in modo inconfutabile che i fondi dei controricorrenti erano interclusi e che il passaggio alternativo risultava impervio per la presenza di rampe di scale impervie e strette.
2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio “con riferimento agli artt. 1051 e 1052 c.c.”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non avere la corte di merito accertato l’interclusione dei fondi in favore dei quali era stata costituita la servitù coattiva di passaggio. La ricorrente deduce che era posto a carico dei convenuti in riconvenzionale, che avevano chiesto la costituzione della servitù coattiva, provare l’interclusione dei fondi mentre invece non sarebbe stata fornita detta prova, né in relazione all’interclusione assoluta, né l’esigenza di accedere dalla corte per esigenze legate all’industria o all’agricoltura.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotto dal D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, non ha escluso il vizio di motivazione ma ha limitato le ipotesi di ricorso in Cassazione nei ben più ristretti limiti dell'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. La volontà del legislatore è stata quella di ridurre al minimo costituzionale il sindacato sulla motivazione in sede di giudizio di legittimità nelle ipotesi in cui la motivazione manchi del tutto ovvero formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum. L’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cassazione civile sez. un., 07/04/2014, n. 8053).
2.3.Nel caso di specie, la corte di merito ha accertato l’interclusione del fondo sulla base delle risultanze della CTU, da cui era emerso (pag. 8 della sentenza impugnata) che le porzioni di proprietà dei fondi degli appellati, che avevano chiesto la costituzione della servitù coattiva, non avevano altra possibilità di accesso alla strada pubblica ed il percorso attraverso altri fondi avrebbe comportato un percorso più lungo mentre la corte della V. era adiacente ai fondi dei controricorrenti.
2.4. Ne consegue che, non solo vi è stato l’esame dell’interclusione del fondo in favore del quale è stata costituita la servitù ma la corte di merito ha anche valutato la maggiore brevità di accesso alla via pubblica, considerando che la corte da asservire era adiacente ai fondi dominanti, ma anche il minor aggravio dei fondi da asservire (Cass. Civ., Sez. II, 12.5.2020, n. 8779; Cass. Civ. Sez. II, Cass. 05/10/2009 n. 21255; Cassazione civile sez. II, 08/01/1981, n. 160).
2.5. Sotto tale profilo, la corte di merito ha ritenuto generiche le contestazioni svolte alla CTU in relazione alla possibilità di individuare un percorso alternativo, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità.
2. Il ricorso va pertanto rigettato con conseguente condanna della parte ricorrente alle spese di lite che si liquidano in dispositivo.
2.2. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 22 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021
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