Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27366 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERTUZZI Mario – est. Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Fallimento ***** s.p.a., in persona del curatore Dott. A.G., rappresentato e difeso per procura alle liti a margine del ricorso dall’Avvocato Stefano Pilo, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Sassari, via Roma n. 95.

– ricorrente –

contro

Syndial s.p.a., con sede in *****, in persona del legale rappresentante ing. M.G., rappresentata e difesa per procura alle liti a margine del controricorso in calce al controricorso dall’Avvocato prof. Stefano D’Ercole, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via in Arcione n. 71.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1293 del Tribunale di Sassari depositata il 16.10.2014.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con atto notificato il 4.5.2016 il Fallimento ***** s.p.a., in persona del suo curatore, ha proposto ricorso, sulla base di tre motivi, per la cassazione delle sentenza n. 1293 del 16.10.2014 con cui il Tribunale di Sassari aveva revocato il decreto ingiuntivo per il pagamento della somma di Euro 96.702,00 emesso su sua richiesta nei confronti della Syndial s.p.a., quale corrispettivo di lavori dati in appalto, dichiarando, in accoglimento dell’eccezione sollevata dalla opponente, il difetto di legittimazione attiva del Fallimento per avere la società fallita ceduto il credito per cui è causa alla Serfactoring s.p.a.. La sentenza di primo grado, contro la quale il Fallimento aveva proposto appello che era stato dichiarato inammissibile, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., comma 1, dalla Corte di appello di Cagliari con ordinanza del 22. 3. 2016, motivava la conclusione accolta rilevando che la cessione del credito da parte della società ***** alla Serfactoring, stipulata l’11.6.2007, si era perfezionata per effetto della notificazione al debitore ceduto avvenuta il 16.10.2007, che doveva escludersi che tale cessione avesse perso efficacia in virtù della comunicazione del cessionario del 5.11.2012, che conteneva un mero invito alla società cedente di agevolare l’operazione di pagamento, ed ai sensi dell’art. 18 del contratto di factoring, in assenza di una comunicazione espressa della cessionaria di non ritenere più efficace la cessione e in mancanza della prova della parte opposta di avere alla stessa restituito i corrispettivi pattuiti; aggiungeva che comunque risultava fondata l’ulteriore deduzione difensiva della società opponente, che aveva eccepito la non esigibilità del credito per non avere il Fallimento mai esibito alla controparte il documento unico di regolarità contributiva (DURC), come invece contrattualmente stabilito.

La società Syndial ha resistito con controricorso.

Parte ricorrente ha depositato memoria.

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata.

Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 18.2 del contratto di factoring dell’11.6.2007 nonché degli artt. 1362,1363 e 2697 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la decisione impugnata per avere escluso che la cessione dei crediti in capo alla Serfactoring s.p.a. era divenuta inefficace, ai sensi dell’art. 18 del contratto, per non avere provato il Fallimento l’avvenuta restituzione alla stessa dei corrispettivi ricevuti per la cessione, laddove tali corrispettivi non erano mai statti ricevuti sicché il fatto era impossibile da provare. Si sostiene inoltre la violazione del criterio di interpretazione letterale della clausola di cui all’art. 18.2 del contratto di cessione dei crediti, secondo cui “la garanzia del factor si intenderà sospesa limitatamente ai crediti per i quali il debitore eccepisca – inadempienze contrattuali – ***** dovendo in tali casi il fornitore addivenire ad una composizione amichevole con il debitore circa tali eccezioni entro sessanta giorni dalla data in cui ne sia venuto comunque a conoscenza; in mancanza di detta composizione il fornitore, previa restituzione al factor degli eventuali corrispettivi ricevuti in via anticipata… ***** riacquisterà i crediti in questione al fine della tutela giudiziale delle proprie ragioni”. Si afferma che tale clausola andava interpretata nel senso che il fornitore, in caso di contestazioni del debitore, avrebbe riacquistato automaticamente il proprio credito trascorsi sessanta giorni dalla contestazione dell’inadempimento contrattuale nell’ipotesi in cui, in tale arco temporale, non si fosse addivenuti una composizione amichevole della contestazione. Ad avviso del ricorrente, escludendo che tale clausola prevedesse un’ipotesi di cessazione degli effetti della cessione, in assenza della dimostrazione dell’avvenuta restituzione dei corrispettivi, il giudice a quo ha errato nel non ravvisare un tale effetto nella lettera del 5.11.20012 inviata dalla Serfactoring alla società cedente.

Il mezzo è infondato.

La censura che lamenta la violazione dei criteri ermeneutici del contratto e della regola sulla distribuzione dell’onere della prova non coglie nel segno, atteso che dalla lettura della sentenza impugnata emerge che il giudicante ha fondato il proprio convincimento in ordine alla mancata retrocessione dei crediti alla società cedente in ragione del rilievo che “Non risulta affatto che la Serfactoring Spa abbia mai altrimenti in modo espresso comunicato di non ritenere efficace la cessione”. Il giudice di merito non ha pertanto disconosciuto che la clausola contrattuale invocata prevedesse un’ipotesi di inefficacia della cessione del credito, ma l’ha interpretata nel senso che un tale effetto non fosse automatico ma che, essendo essa posta a favore del cessionario del credito, sarebbe stata necessaria, per rendere inoperante la cessione, una dichiarazione della parte di volersene avvalere. In tale prospettiva, appare esente da critiche il significato attribuito alla menzionata lettera del 5.11.2012, consistente in un mero invito della Serfactoring alla cessionaria di attivarsi al fine di consentire il pagamento delle fatture, nonché il rilievo in ordine alla mancata dimostrazione da parte del Fallimento della restituzione al factor delle somme ricevute per la cessione, da intendersi non o non solo nel senso che una tale restituzione avrebbe perfezionato l’effetto della retrocessione del credito, ma anche nel senso che la prova di tale restituzione, se effettivamente data, avrebbe potuto effettivamente far presumere la sopravvenuta inefficacia della cessione.

La corretta lettura delle ragioni poste a fondamento della decisione porta quindi al rigetto delle suesposte censure.

Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 1175,1375,1453,1460 e 2697 c.c., nonché del D.M. 24 ottobre 2007, art. 5, comma 2, lett. b) e della L. n. 267 del 1942, artt. 51 e 52, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, censurando la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto comunque infondata la pretesa creditoria fatta valere dal Fallimento, atteso che il contratto di appalto condizionava il pagamento dei lavori alla esibizione da parte dell’appaltatore del DURC, che invece il Fallimento non aveva mai prodotto in giudizio.

Il terzo motivo denunzia violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, per avere la decisione impugnata motivato l’infondatezza nel merito della pretesa monitoria per mancata produzione del DURC, senza considerare che gli obblighi di cui tale documento avrebbe dovuto attestare l’assolvimento non avrebbero potuti essere richiesti per intervenuta decadenza biennale dei relativi diritti in capo ai potenziali creditori.

I due motivi vanno dichiarati assorbiti, investendo una ratio decidendi che il provvedimento impugnato ha indicato in via gradata ed ulteriore rispetto alla statuizione principale con cui dichiarato la mancanza di titolarità in capo al Fallimento del credito azionato per essere stato ceduto, prima del giudizio, dalla società poi fallita e ne ha escluso la retrocessione al cedente, che di per sé appare sufficiente ed idonea a sostenere la decisione finale.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il Fallimento ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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