LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –
Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –
Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27346-2018 proposto da:
N.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARTIN WENTER;
– ricorrente –
contro
MARKTGEMEINDE SCHLANDERS – COMUNE DI SILANDRO;
– intimato –
avverso la sentenza n. 82/2018 della CORTE D’APPELLO di TRENTO, SEZIONE DISTACCATA di BOLZANO, depositata il 30/06/2018;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 29/04/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.
PREMESSO che:
N.E. ricorre per cassazione avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, n. 82/2018 che ha rigettato il gravame proposto dal ricorrente. In primo grado il ricorrente era stato condannato, quale progettista e direttore dei lavori dell’impianto sanitario e di riscaldamento di una scuola media, a pagare Euro 100.585,36.
L’intimato Comune di Silandro non ha proposto difese.
CONSIDERATO
che:
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
1. Il primo motivo lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c., comma 2” per avere la Corte d’appello negato che alla data del ricevimento della missiva del 28 settembre 2009 il Comune avesse avuto piena conoscenza dei vizi.
Il motivo è inammissibile. Il giudice d’appello ha ritenuto, nell’esercizio della propria attività interpretativa (come tale incensurabile da parte di questa Corte di legittimità), che dalla lettera non emerga “un apprezzabile grado di conoscenza oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale dall’imperfetta esecuzione dell’opera” (v. al riguardo Cass. n. 777 del 2020).
2. Il secondo motivo contesta “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2236 c.c.”, perché il ricorrente, direttore dei lavori, essendo obbligato all’espletamento di una attività (obbligazione di mezzi) e non di risultato, non poteva essere condannato in mancanza di dolo o colpa grave.
Il motivo è inammissibile perché il giudice d’appello, nel condannare il ricorrente, ha fatto applicazione della giurisprudenza di questa Corte secondo cui “in tema di contratto di appalto, il vincolo di responsabilità solidale fra l’appaltatore ed il progettista e direttore dei lavori, i cui rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dal committente, trova fondamento nel principio di cui all’art. 2055 c.c., il quale, anche se dettato in tema di responsabilità extracontrattuale, si estende all’ipotesi in cui taluno degli autori del danno debba rispondere a titolo di responsabilità contrattuale” (così, da ultimo, Cass. n. 18289 del 2020; si veda anche Cass. n. 2913 del 2020 secondo la quale “in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata il direttore dei lavori, pur prestando un’opera professionale in esecuzione di una obbligazione di mezzi e non di risultato, è chiamato a svolgere la propria attività in situazioni svolgenti l’impiego di peculiari competenze tecniche, e deve utilizzare e proprie risorse intellettive e operative per assicurare il risultato che il committente preponente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della diligentia quam in concreto”).
II. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Non vi è provvedimento sulle spese non essendosi l’intimato difeso nel presente giudizio.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Sussistono, D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione sesta/seconda civile, il 29 aprile 2021.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021