Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.27407 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36389-2019 proposto da:

S.M.F., in qualità di amministratore di genitore/tutore del figlio M.V., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’avvocato VIRGINIA CERULLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, *****, REGIONE CAMPANIA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 3147/2019 della CORTE D’APPELLO di Napoli, depositata il 10/06/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 04/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALERIA PICCONE.

RILEVATO

Che:

con sentenza n. 3147 del 2019, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda di S.M.F. volta ad ottenere la condanna del Ministero della Salute e della Regione Campania alla corresponsione dei benefici di cui alle L. n. 210 del 1992, e L. n. 238 del 1997, con riguardo al disturbo di autismo da cui era risultato affetto il proprio figlio M.V. e la cui insorgenza imputava alla somministrazione dei vaccini antipolio, antidiftotetano ed epatite B;

in particolare la Corte ha ritenuto, sulla base delle valutazioni scientifiche compiute dall’Istituto Superiore di Sanità nonché della seconda consulenza tecnica disposta, di escludere la possibilità di correlazione fra la patologia considerata e i vaccini;

per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.M.F., affidandolo a due motivi;

il Ministero della Salute e la Regione Campania sono rimasti intimati;

e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

CONSIDERATO

Che:

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonché degli artt. 112,115,228,416 c.p.c., artt. 2700 e 2733 c.c., nonché artt. 25,101,111 Cost., e artt. 6, 13 e 14 CEDU;

con il secondo motivo si allega la violazione dell’art. 112 c.p.c., sotto il profilo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4;

– va preliminarmente rilevato che, come definitivamente chiarito di recente dal Supremo Collegio (cfr., sul punto, S.U. n. 25573 del 12/11/2020) la violazione delle norme costituzionali non può essere prospettata direttamente come motivo di ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il contrasto tra la decisione impugnata e i parametri costituzionali, realizzandosi sempre per il tramite dell’applicazione di una norma di legge, deve essere portato ad emersione mediante l’eccezione di illegittimità costituzionale della norma applicata;

il primo motivo di ricorso deve in ogni caso essere reputato inammissibile in quanto mira ad ottenere una rivalutazione in fatto della vicenda pur veicolando le censure per il tramite dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.;

hanno, in particolare, statuito sul punto le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. SU 34476 del 2019) che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito;

il secondo motivo, concernente il vizio di ultra o extra petizione e’, invece, da reputarsi infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di violazione dell’art. 112 c.p.c. (cfr., fra le più recenti, Cass. n. 20932 del 2019);

va rilevato, infatti, che il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre esclusivamente qualora il giudice pronunci oltre i limiti delle pretese e delle eccezioni fatte valere dalle parti, ovvero su questioni estranee all’oggetto del giudizio e non rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, mentre egli resta libero, come avvenuto nel caso di specie, non solo di individuare l’esatta natura dell’azione e di porre a base della pronuncia adottata considerazioni di diritto diverse da quelle prospettate, ma pure di rilevare, indipendentemente dall’iniziativa della parte convenuta, la mancanza degli elementi che caratterizzano l’efficacia costitutiva o estintiva di una data pretesa, in quanto ciò attiene all’obbligo inerente all’esatta applicazione della legge;

il ricorso deve, quindi, essere dichiarato inammissibile;

nulla per le spese essendo le parti controricorrenti rimaste intimate; sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 4 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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