Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.27424 del 08/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25048/2019 proposto da:

O.P., rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO PRATICO’, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso decreto di rigetto n. cronol. 4585/2019 del TRIBUNALE di TORINO, depositato il 05/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 01/12/2020 dal Consigliere Dott. CHIARA BESSO MARCHEIS.

PREMESSO Che:

1. O.P., cittadino della Nigeria, adiva il Tribunale di Torino in seguito al rigetto da parte della Commissione territoriale della domanda di protezione, chiedendo il riconoscimento della protezione c.d. sussidiaria o, in subordine, del permesso per motivi umanitari. A sostegno della domanda, aveva dichiarato di essere stato costretto a lasciare la Nigeria in quanto la popolazione di un’altra comunità, dapprima pacificamente e poi con violenza, aveva occupato dei terreni di sua proprietà, di avere denunciato il fatto alla polizia che aveva però chiesto di essere pagata per procedere, che la madre era stata uccisa e lui era riuscito a scappare e a lasciare il proprio paese.

Il Tribunale, con Decreto 5 luglio 2019, n. 4585, ha rigettato il ricorso.

2. Avverso la decisione del Tribunale di Torino, O.P. propone ricorso per cassazione.

Il Ministero dell’interno resiste con controricorso.

CONSIDERATO

Che:

I. Il ricorso è articolato in due motivi:

1) il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5,6 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, art. 2 CEDU, oltre al vizio di motivazione (ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) e inosservanza dell’obbligo imposto al giudice dall’art. 132 c.p.c., n. 4, nonché omesso/errato esame di fatti decisivi in ordine alla domanda di protezione sussidiaria;

2) il secondo motivo contesta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 32, comma 3, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, artt. 2 e 10 Cost., artt. 2 e 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (art. 360 c.p.c., comma 1 e art. 111 Cost.), per motivazione apparente e senza sufficiente istruttoria nell’esame della domanda di protezione umanitaria.

I motivi non possono essere accolti. Alla rubrica che distingue tra primo e secondo motivo, segue una trattazione articolata in lettere, in cui vi è una prima parte di contestazione del giudizio di non credibilità del racconto del ricorrente, operato dal Tribunale, cui segue una contestazione relativa al giudizio di insussistenza di una situazione di generalizzato conflitto armato o indiscriminata violenza nell’Edo State, regione di provenienza del ricorrente, con infine una contestazione del diniego della protezione c.d. umanitaria.

Circa il primo profilo, relativo al giudizio di non credibilità, il Tribunale ha esaminato le dichiarazioni rese dal ricorrente alla Commissione, seguendo i criteri dettati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in particolare sottolineando l’incoerenza e la contraddittorietà delle dichiarazioni rese, anche alla luce dei documenti prodotti, né al riguardo sono decisivi i rilievi formulati dal ricorrente attenendo a valutazioni di merito che spettavano al Tribunale, ovvero a circostanze non determinanti (quali la distanza tra Oka e Benin City).

Quanto al profilo concernente la situazione della regione di provenienza del ricorrente, il motivo deduce che il Tribunale ha utilizzato fonti del 2015, senza però indicare fonti successive che si pongano in contrasto con quanto affermato dal Tribunale circa la insussistenza di una situazione di generalizzato conflitto armato o indiscriminata violenza nell’Edo State, così non permettendo a questa Corte di valutare la fondatezza della censura.

Quanto infine al rigetto della domanda di protezione umanitaria, il motivo si prospetta del tutto generico senza dare alcun elemento circa la situazione soggettiva del ricorrente, limitandosi a considerazioni generali circa il rilascio della suddetta protezione.

II. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, in quanto il controricorso del Ministero, per la sua aspecificità, non essendo neppure chiaramente riferibile alla vicenda in esame, non presenta i requisiti minimi di cui all’art. 370 c.p.c..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Sussistono, del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della Sezione Seconda Civile, il 1 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2021

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