Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.27516 del 11/10/2021

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14859/2019 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in BUSTO ARSIZIO, VIA MARSALA 17, presso lo studio dell’avvocato LANFRANCO BIASIUCCI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELLA MURONI;

– ricorrente –

contro

PROVINCIA DI NOVARA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 107, presso lo studio dell’avvocato CINZIA DE MICHELI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ALFREDO MONTEVERDE, ed EDOARDO POZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 360/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 22/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/03/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

RILEVATO

che:

G.L. convenne in giudizio la Provincia di Novara, deducendone la responsabilità ex artt. 2043 e/o 2051 c.c., per sentirla condannare al risarcimento dei danni che aveva subito per essere caduto dal proprio motociclo a causa di un oggetto metallico presente sulla careggiata della strada provinciale del ***** e per essere precipitato nel dirupo sottostante a causa della mancanza di guard-rail di protezione;

la Provincia resistette alla domanda;

il Tribunale di Novara, ritenuta l’incapacità a testimoniare e, comunque, l’inattendibilità del teste A., ritenne che la perdita di controllo del motoveicolo fosse imputabile al G. e che, tuttavia, fosse configurabile la responsabilità della Provincia per la mancata collocazione della barriera di protezione; ritenuto, inoltre, che tale omissione avesse contribuito a determinare il 50% dell’invalidità conseguente alle lesioni riportate dal G., condannò la Provincia al pagamento 45.786,11 Euro e alla refusione della metà delle spese processuali;

pronunciando sul gravame principale del G. e su quello incidentale della Provincia, la Corte di Appello di Torino ha ritenuto capace il teste A., ma ne ha considerata falsa la deposizione e, accogliendo l’impugnazione incidentale, ha riformato la sentenza di primo grado, rigettando la domanda risarcitoria del G. e condannandolo al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio;

in particolare, la Corte ha affermato che non vi era prova che la caduta del G. fosse avvenuta a seguito di un’anomalia presente sulla sede stradale e neppure che la mancanza di guard-rail fosse stata concausa delle lesioni, “in considerazione del fatto che il G. non ha provato la dinamica del sinistro come allegata e cioè che egli, dopo lo scivolamento sulla sede stradale fosse caduto nel burrone sottostante”; ha concluso, pertanto, che l’appellante non aveva “fornito la prova che la sua caduta è stata causata dalla situazione della strada, essendo per contro più probabile che fosse stata causata in via esclusiva dalla sua condotta di guida e che la presenza o meno del guard-rail era del tutto ininfluente”;

ha proposto ricorso per cassazione il G., affidandosi a cinque motivi; ha resistito la Provincia di Novara, con controricorso;

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.;

entrambe le parti hanno depositato memoria.

CONSIDERATO

che:

col primo motivo, il ricorrente denuncia – ex art. 360 c.p.c., n. 4 -“violazione del principio del prudente apprezzamento nella valutazione delle prove testimoniali per omesso esame dell’integrale deposizione orale resa dall’unico teste diretto e come tale decisiva e comunque per motivazione apparente ed incomprensibile (…) per violazione dell’art. 132 c.p.c., quanto al giudizio di falsità della prova testimoniale”, nonché – in subordine e ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – “motivazione apodittica nel giudizio di inattendibilità dell’unico teste diretto, svolto sulla base non della precisa e circostanziata dichiarazione resa sotto giuramento, bensì di quella scritta stragiudiziale, riportata nella sentenza, e sulla base di meccanismi presuntivi svolti sulla base di inesistenti massime di esperienza (e così allora per tale ultimo profilo anche per violazione dell’art. 2729 c.c.)”;

il G. lamenta che la Corte ha motivato il giudizio di inattendibilità e finanche di falsità della prova orale “senza ripercorrere minimamente quanto dichiarato dal teste sotto giuramento, bensì vagliando la sola dichiarazione scritta stragiudiziale dal medesimo sottoscritta”; aggiunge che il giudice di appello “avrebbe dovuto vagliare l’intera deposizione, relativamente ai fatti storici che (il) teste aveva dichiarato essere avvenuti in sua presenza e di cui il medesimo aveva dichiarato di avere avuto diretta percezione”, mentre la Corte “si è concentrata solo sulla componente valutativa, e certo irrilevante, della dichiarazione resa dal teste”; rileva altresì che “il vaglio della falsità della testimonianza si basa su una motivazione apodittica e davvero incomprensibile ex art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., frutto di un mero pregiudizio”;

il motivo è infondato nella parte in cui deduce l’apoditticità della motivazione, che, al contrario, risulta ampiamente argomentata nel senso della esclusione dell’attendibilità del teste e della falsità delle sue dichiarazioni, mentre è inammissibile nella parte in cui contesta l’apprezzamento compiuto dal giudice di appello sugli elementi che l’hanno condotto a ritenere non attendibile e falsa la testimonianza, investendo valutazioni riservate esclusivamente al giudice di merito;

e’ pacifico, infatti, che, “in materia di prova testimoniale, la verifica in ordine all’attendibilità del teste – che afferisce alla veridicità della deposizione resa dallo stesso – forma oggetto di una valutazione discrezionale che il giudice compie alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità” (Cass. n. 7623/2016; cfr. anche Cass. n. 7763/2010 e Cass. n. 21239/2019);

né può ritenersi che alla Corte fosse inibito desumere elementi di valutazione sulla credibilità del teste anche dalla ritenuta non consonanza fra la deposizione resa in giudizio e le precedenti dichiarazioni scritte rilasciate dall’ A.;

infine, l’evocazione dell’art. 2729 c.c. – compiuta nella rubrica del motivo- non risulta illustrata nei termini richiesti da Cass., S.U. n. 1785/2018 (punto 4.1 delle ragioni della decisione) con la specifica individuazione del “come” il ragionamento svolto dal giudice di merito risulti irrispettoso del paradigma della gravità o di quello della precisione o di quello della concordanza;

il secondo motivo deduce “motivazione apparente e incomprensibile ex art. 132 c.p.c.”, ex art. 360 c.p.c., n. 4 o – in subordine – n. 5, “nella parte in cui la sentenza gravata ha escluso, in difformità con la sentenza di I grado, il raggiungimento della prova in ordine al luogo esatto del sinistro e alla assenza del guard-rail e comunque per falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c.”: il ricorrente censura l’affermazione che il luogo del sinistro non potesse essere individuato con esattezza sulla base della relazione di c.t.u. (in quanto, secondo la Corte, la stessa si era limitata a prendere atto della localizzazione indicata dalle parti) e contesta che non si potesse tener conto – in via assorbente – del fatto che il punto in cui si era verificata la caduta era non soltanto “non contestato”, ma addirittura pacifico perché ammesso dalla Provincia;

il motivo è infondato nella parte in cui contesta l’incomprensibilità della motivazione, giacché la Corte ha coerentemente espresso le ragioni per cui ha ritenuto non provato il punto esatto del sinistro e ha correttamente ritenuto che non sussistesse l’onere della Provincia di contestare le allegazioni della relazione di c.t.p. e, altresì, che l’obbligo di contestazione sussiste per i fatti noti alla parte e non anche per quelli ad essa ignoti;

il motivo risulta, inoltre, inammissibile nella parte in cui deduce che la controparte avrebbe ammesso che il luogo del sinistro era quello indicato dall’attore senza tuttavia ottemperare – ai fini dell’autosufficienza del ricorso – all’onere di trascrivere i passaggi significativi delle difese della Provincia da cui emergerebbe l’ammissione;

col terzo motivo, il ricorrente denuncia – ai sensi del n. 4 o, in subordine, dell’art. 360 c.p.c., n. 5 – la “manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione ex art. 132 c.p.c. (…) nella parte in cui la sentenza gravata ha escluso, in difformità dalla sentenza di I grado, il raggiungimento della prova in ordine alla caduta dell’attore nel burrone, dopo essere scivolato nella sede stradale”: il G. lamenta che la Corte aderisce apoditticamente alle “gravi incongruenze” segnalate dalla Provincia, valorizzando elementi privi di decisività e, per altro verso, non considerando gli elementi che deponevano nel senso della caduta del motociclista nella scarpata;

il motivo è infondato: la motivazione non risulta viziata dalla denunciata irriducibile contraddittorietà e i rilievi del ricorrente, tendenti a proporre una lettura degli elementi emersi dall’istruttoria di segno diametralmente opposto, non valgono ad incrinare la coerenza interna del percorso argomentativo seguito dalla Corte, che non può essere sindacato nel merito nella presente sede di legittimità;

il quarto motivo censura la sentenza, ancora sotto il profilo della manifesta ed irriducibile contraddittorietà della motivazione, laddove “ha ritenuto verosimile che anche la moto nel punto di quiete fosse rimasta sul ciglio della strada, al contempo affermando che il CTU ha escluso la compatibilità tra i danni desumibili dalle fotografie e le modalità del sinistro allegate dall’appellante”;

il motivo è inammissibile, in quanto si affida ad una illustrazione minima che, senza prospettare una contraddittorietà interna alla sentenza, mira ad evidenziare un contrasto tra le conclusioni del c.t.u. sulle cause dei danni riportati dal motoveicolo (caduta nella scarpata) e il diverso apprezzamento compiuto dalla Corte sul fatto che il mezzo si sarebbe fermato sul ciglio della strada;

col quinto motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 342 c.p.c., “nella parte in cui la Corte di Appello ha dichiarato inammissibili le istanze di prova riproposte dall’appellante, “non avendo l’appellante formulato uno specifico motivo sul punto””: il G. contesta alla Corte di aver ritenuto di non poter provvedere sulle prove richieste dall’appellante in difetto di uno specifico motivo di gravame sul punto e rileva che la mancata escussione di un teste indicato in primo grado aveva pregiudicato il suo diritto alla prova;

il motivo difetta di autosufficienza, in quanto il ricorrente non individua specificamente il contenuto delle prove non ammesse e le ragioni addotte dal primo giudice a fondamento della mancata ammissione onde consentire alla Corte di valutare se il G. parzialmente soccombente in primo grado – dovesse proporre uno specifico motivo di appello o potesse semplicemente reiterare la richiesta istruttoria;

al rigetto del ricorso consegue la condanna del G. al pagamento delle spese di lite;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 ottobre 2021

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